La “prelazione artistica” in favore dello Stato non opera con la devoluzione in Trust dei beni artistici

La prelazione artistica opera ai sensi dell’art. 60 del D.lgs. 22/01/2004 n. 42 in caso di trasferimenti tra vivi a titolo oneroso, e con il conferimento del bene culturale in società e riguardo ai quali opera la “prelazione artistica.

La prelazione opera per il trasferimento del bene culturale insieme con altri beni, per un corrispettivo, o senza previsione di un corrispettivo in danaro, ma comunque avente una onerosità del trasferimento quale la permuta del bene culturale, e, infine, la datio in solutum di esso.

Come si sa, il diritto di prelazione può essere definito quale: diritto ad essere preferiti, a parità di condizioni, nella conclusione di un futuro ed eventuale contratto. Già in questa definizione sono compresi alcuni dei principali elementi di differenza tra prelazione privatistica e “prelazione artistica”. Il “diritto”, la “parità di condizioni”, il “futuro contratto” per colui che ha il diritto di prelazione.

Il quadro normativo vale a dire il D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, c.d. “codice dei beni culturali”, in verità oggetto di vincolo, indirettamente di denunzia e, eventualmente, di prelazione, sono beni che costituiscono una categoria ben più ampia delle sole opere d’arte. Basti pensare che in tale oggetto rientrano i beni di interesse storico, archeologico, archivistico, bibliografico e via discorrendo, oltre alle opere d’arte.
L’istituto della prelazione c.d. artistica è esercitata dal Ministero o l’ente interessato (se il Ministero rinuncia trasferendone le relative facoltà – nel caso previsto dall’articolo 62, comma 3), la regione o gli altri enti pubblici territoriali interessati, hanno facoltà di acquistare in via di prelazione i beni culturali alienati a titolo oneroso o conferiti in società, rispettivamente, al medesimo prezzo stabilito nell’atto di alienazione o al medesimo valore attribuito nell’atto di conferimento.

La finalità della prelazione artistica è quella di tutelare l’integrità ed il generale buono stato dei beni aventi un particolare interesse storico ed artistico e per perseguire tale finalità è previsto che, in caso di trasferimento a titolo oneroso del bene, gli enti sopraindicati possono acquistare detti beni esercitando il diritto di prelazione, vale a dire con priorità rispetto a soggetti terzi.

La prelazione artistica ha ad oggetto beni culturali, ovvero beni che presentano caratteristiche di particolare interesse storico ed artistico e che quindi sono stati sottoposti alla procedura di verifica della sussistenza dei requisiti richiesti per accertare l’esistenza delle caratteristiche di interesse culturale e per il commercio dei quali, date le loro caratteristiche, occorre seguire una rigida disciplina preordinata a tutelare l’interesse di natura generale volto a conservare lo stato e l’integrità di detto bene. (Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 226-2006/C, Prelazione urbana, Approvato dalla Commissione Studi Civilistici il 9 giugno 2006)
Per verificare la sussistenza dell’interesse culturale, i competenti organi del Ministero, d’ufficio o su richiesta formulata dai soggetti cui le cose appartengono e corredata dai relativi dati conoscitivi, devono effettuare un’indagine volta ad accertare la sussistenza dell’interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico che, una volta verificato, viene annotato negli elenchi in possesso del Ministero.

L’art. 59 del d.lgs. n. 42/2004 stabilisce che la denuncia di trasferimento, da presentare al competente soprintendente del luogo ove si trovano i beni, deve essere effettuata in ogni caso, sia nel caso di trasferimento a titolo oneroso, sia nel caso di trasferimento a titolo gratuito, in quanto il Ministero deve essere sempre a conoscenza dell’identità di colui che si trova nella materiale disponibilità e detenzione del bene, sempre nell’ottica di garantire la conservazione del bene di interesse culturale. La denuncia deve essere effettuata entro trenta giorni dalla stipula dell’atto.

Assodato che la prelazione artistica vige solo in caso di cessione a tiolo oneroso per atto tra vivi con l’istituto del Trust la prelazione può essere esclusa almeno in quei casi, nei quali si sia in assenza di uno dei requisiti essenziali posti dalla legge per essa, vale a dire della onerosità del trasferimento. L’assenza di onerosità, altresì, pare il criterio per escludere la sussistenza di prelazione artistica anche nel caso di assegnazione del bene culturale all’esito di un contratto di divisione. A ciò si aggiunga che nella divisione, almeno per chi propende per la dichiaratività della stessa, dovrebbe mancante pure un altro presupposto per l’operare della prelazione artistica, vale a dire l’effetto traslativo.

Infatti, con il Trust e qui senza completezza assolutamente di esaustività con il c.d. “gestore” il trustee acquista sì la proprietà dei beni conferiti nel trust, ma non gode delle facoltà tipiche del proprietario e non acquisisce alcun vantaggio per sé, assumendo la titolarità di tali beni solo per poter compiere gli atti di gestione e di disposizione necessari al raggiungimento dello scopo per cui il trust è stato istituito e quindi senza un effetto traslativo come è definito dal nostro codice civile.

Il trasferimento dei beni al trustee avviene, pertanto, in via strumentale e temporanea e, in conformità all’orientamento già espresso dalla suprema Corte di Cassazione, non determina effetti traslativi in favore del trustee, nel significato rilevante sia ai fini dell’imposizione che sotto un profilo civilistico, quale effettivo e stabile passaggio di ricchezza, poiché non comporta l’attribuzione definitiva dei beni a vantaggio di quest’ultimo, che è tenuto solo ad amministrarli ed a custodirli e, a volte, a venderli, in regime di segregazione patrimoniale, in vista del perseguimento dello scopo del trust.

Si deve evidenziare, che il trust non è dotato di una propria personalità giuridica e il trustee è l’unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi, non in qualità di legale rappresentante del trust, ma come colui che dispone dei beni e dei diritti in esso conferiti in conformità alle istruzioni e in coerenza con lo scopo a cui il patrimonio è destinato. È pertanto evidente il carattere fiduciario del rapporto fra disponente e trustee, il quale acquista la proprietà dei beni o dei diritti conferiti nel trust, non a proprio vantaggio – perché non incrementano il suo patrimonio personale, ma restano separati e segregati, ma per compiere gli atti di gestione (e, se previsti, di disposizione), che consentano di realizzare lo scopo per il quale il trust è stato istituito, non nell’interesse proprio, ma di terzi.

Come emerge da quanto appena evidenziato, l’istituzione del trust e la destinazione ad esso di beni o diritti non implicano, da soli, un effettivo incremento di ricchezza in favore del trustee, nei termini sopra evidenziati, e pertanto non possono costituire un indice di maggiore forza economica e capacità contributiva di quest’ultimo. I beni e i diritti non sono a lui attribuiti in modo definitivo, essendo egli tenuto solo ad amministrarli e a disporne (se richiesto), in regime di segregazione patrimoniale, in vista del trasferimento che dovrà poi compiere.
Né può ritenersi che la costituzione del trust produca un effetto incrementativo della capacità contributiva del disponente, il cui patrimonio non subisce alcun miglioramento.

Per tali motivi sempre più ci si sta orientando verso la devoluzione in Trust di beni storici ed artistici per perpetrarne la disponibilità simile ad una fondazione o per la costituzione anche di un’attività museale ma con profonde differenze in favore del trust per la sua duttilità e adeguamento alle necessità ed interessi del disponente conferente i beni artistici.

Foto di Ono Kosuki

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