“A Little Girl’s Dream” (Il sogno di una bambina) è una serie di cinque carillon vintage che rappresentano una nuova via artistica di Silvia Sarsano.
L’artista, con il suo nuovo ciclo di opere, vuole reinterpretare l’immagine tradizionale di una ballerina, sostituendola con figurine di spogliarelliste sui pali che mettono la loro arte al centro della scena.
Ogni carillon racconta una storia di trasformazione ed evoluzione.
Ciò che un tempo simboleggiava l’innocente aspirazione delle bambine a diventare ballerine, ora riflette scelte diverse che possono essere fatte dalle donne. Donne che vengono cresciute credendo che solo certe immagini di loro possano avere valore e riconoscimento.
Come suggerisce il titolo, “A Little Girl’s Dream” riconosce che i sogni si evolvono e cambiano nel tempo, affrontando gli stereotipi che circondano le professioni che, tradizionalmente non vengono accettate dalla società. Allo stesso tempo celebra la forza, l’abilità e la dedizione delle stripper, evidenziando il duro lavoro e l’abilità artistica che si celano nelle loro esibizioni.
Abbiamo incontrato Silvia e chiesto di raccontarci questa evoluzione della sua arte.
- La tua serie di carillon rappresenta una storia di trasformazione ed evoluzione e di come i sogni si evolvono e cambiano nel tempo, affrontando gli stereotipi che circondano le professioni che, tradizionalmente, non vengono accettate dalla società. Come nasce questo progetto?
Il progetto nasce da una esperienza personale. Nel 2019 ho iniziato a fare Pole Dance. Quello che pensavo sarebbe stato solo uno sport, mi ha portato ad approfondire una realtà ́ che conoscevo, ma da lontano. la pole dance moderna nasce e si evolve grazie alle stripper. Alcune delle mie insegnanti, tra cui una con cui ho stretto una grande amicizia, sono stripper e sex workers.
Nel 2019 avevo fatto un progetto sul sex work in India, ma dal punto di vista più ́ doloroso, quello del traffico umano. Grazie alla pole dance ho scoperto invece un ́altro aspetto del sex work: quello di una pura e semplice scelta lavorativa che però ́ subisce ancora la stigmatizzazione pubblica, negando spesso a queste persone i diritti di base di un lavoratore, e, nel peggiore dei casi, le porta a essere soggetti di criminalizzazione.
- Cosa ti affascina dell’arte delle stripper e come hai conosciuto il loro mondo e le loro esibizioni? Come realizzi i vari carillon? Dove trovi i vari pezzi vintage?
Le stripper hanno un modo assolutamente impenitente di esprimere la loro sensualità´ e sessualità´.
Infrangono tutte le regole su come una società conservativa vorrebbe che fosse una donna.
Conosco strippers con corpi totalmente diversi tra loro, ed ognuno di loro trasmette una assoluta confidenza in se stessa, per lo meno quando sono sulla scena.
Sono sicura che in privato abbiamo tutte le stesse insicurezze, ma io ammiro molto il loro rapporto con il loro corpo e con il loro corpo rispetto al pubblico.
Inoltre sono ballerine incredibili, e vedo dalle mie amiche quanto lavoro c’è dietro a uno show.
Da qui sono nati i carillon. I pezzi vintage li ho trovati online da negozi di antiquariato o più semplicemente su ebay. Non e ́ tanto facile trovarli, ed alcuni hanno dei prezzi davvero proibitivi.
I carillon sono stati poi manipolati sostituendo le ballerine con delle figurine di stripper realizzate in 3D e che ho dipinto a mano con smalti UV. Il meccanismo musicale e´ originale.
- La tua produzione abituale come artista vede una serie di ritratti di donne. Chi sono le protagoniste della tua ricerca artistica? Potrebbero essere anche le stesse protagoniste dei tuoi carillon?
Il ritratto racconta una storia. È sempre stato alla base di tutto il mio lavoro. Quando ho iniziato a dipingere “seriamente” ho scelto persone che facevano parte della mia vita. Poi il bisogno di andare oltre la mia cerchia mi ha portato a sviluppare progetti legati a tematiche più ́ specifiche e più ́ importanti, almeno per me. Ho ritratto vittime di violenza domestica e del traffico umano, ora sto lavorando una serie di lavori tra cui ritratti di sex workers. Quindi si, alcune protagoniste sono le stesse.
- Da anni lavori e vivi a Berlino che differenza c’è per una artista lavorare in Germania rispetto che in Italia? Maggiori costi opportunità?
Non so dirti la differenza tra l’Italia e la Germania. Ho lasciato l’Italia subito dopo la mia laurea in Accademia. Tutto il mio percorso artistico “adulto” è avvenuto qua in Germania.
Non ho molta esperienza come artista in Italia, ma mi piacerebbe davvero molto fare qualcosa a “casa”.
- Pensi che un artista si debba schierare e manifestare le proprie idee attraverso la sua opera?
L’arte non e´ tenuta ad essere politica, ma certamente ha un impatto maggiore se trasmette un ideale o un valore in cui l’artista crede.
Inoltre, al di là dell’intento più o meno conscio, l’arte è una proiezione della persona. Se la persona crede in qualcosa, la creazione diventa automaticamente “politica”.
Se non lo fa, è perché l’artista decide coscientemente di silenziare quell’aspetto di sé.
Gli artisti non cambiano il mondo, ma sono uno specchio di quello che accade intorno.
Quindi credo che sia nostro dovere schierarci anche su temi difficili.
E non rimanere nella nostra bolla autoreferenziale.
A me piace l’arte che ha qualcosa da dire, che stimola la mente.
- Mi fai una lista dei tuoi cinque artisti preferiti in assoluto?
Solo cinque e ́ dura ma ci provo: Jenny Saville, Antonio Donghi, Egon Schiele, Manal Aldowayan , Jill Magid.
- Ti ricordate quale sia stata la prima mostra che ha illuminato la tua visione artistica? E L’ultima?
Ho avuto due prime volte: Caravaggio a 10 anni e Jenny Saville a 20, mentre frequentavo l’Accademia di belle Arti a Roma.Le ultime (una non ce la faccio proprio) sono state Malgorzata Mirga-Tas e Claire Fontaine
- Hai un desiderio artistico che non hai ancora realizzato?
Ne ho tanti, ma uno in particolare. Vorrei realizzare un lavoro sulle società matrilineari, ma dal punto di vista degli uomini. Una sorta di mondo al contrario.
Mi affascinano le zone grigie, le realtà´ che non sono semplicemente bianco e nero.
- Cosa ne pensi dell’intelligenza artificiale applicata all’arte? Il tecnicismo può superare la creatività?
Non sono affatto una persona tecnologica, quindi il mondo dell’AI mi è piuttosto estraneo e forse non solo la persona più adatta a un’opinione al riguardo. Quello che ho visto fino ad ora non mi ha particolarmente impressionato, sono una persona che non sale subito sul “trend wagon”. Non dubito che l’evoluzione tecnologica possa portare l’AI ad avere un impatto sempre più grande sulla produzione artistica. Ma credo che sia sempre e solo uno strumento, che viene utilizzato per volere di una persona, quindi la creatività di fondo resta umana. E se in un futuro distopico l’intelligenza artificiale potrà´ vivere di vita propria, mancherà comunque della sensibilità necessaria a rendere una produzione unica perché figlia di una mente individuale.
- Quando è stata l’ultima volta che hai fatto una cosa per la prima volta? E soprattutto cosa hai fatto?
Qualche mese fa ho fatto il mio primo lavoro video. Erano anni che volevo usare il video come mezzo, e finalmente e´ arrivata la circostanza adatta per farlo. Nell’ottobre 2023 ho partecipato a una residenza presso l’Art and Cultural Studies Laboratory di Yerevan, in Armenia. Sono arrivata là a neanche due settimane dalla fine della guerra lampo nel Nagorno Karabakh che ha visto oltre 100.000 persone di etnicità´ armena fuggire dall’enclave in Azerbaijan. Nel centro che mi ospitava mi sono ritrovata circondata da rifugiati, soprattutto bambini, e volontari. Il clima in città ́ era pesante e incerto. Io mi sono limitata a osservare e registrare l’atmosfera di quella situazione critica e straordinaria. Il video verrà ́ proiettato a maggio ad all’Artspring Festival di Berlino.
- Se fossi un direttore/a di un magazine d’arte chi vorresti mettere in copertina? E perché?
Mona Hatoum con l’opera “Keffieh” o “Hot spot”. Perché ́ credo sia l’unica risposta possibile in questo momento storico.
L’ARTISTA
Silvia Sarsano, Viterbo 1981, vive e lavora a Berlino dal 2007.
Ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Roma, dove si è laureata in Pittura nel 2005.
Nel 2010 ha conseguito la laurea magistrale in Storia dell’Arte Contemporanea all’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma.
Il suo lavoro ruota attorno a temi come la narrazione generazionale, le contraddizioni e le aspettative sociali, la memoria individuale e collettiva e i diritti dei lavoratori, spesso da una prospettiva femminile.
Il mezzo scelto è principalmente la pittura. Utilizzare il formato tradizionale del ritratto e incorporare talvolta lavorazioni artigianali tradizionali, diventa un mezzo per creare un ponte tra il carico della memoria e la riflessione sul presente.
A seconda del soggetto scelto vengono utilizzati anche altri mezzi, come il tessile e il video.
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