Ha inaugurato alla Mazzoleni di Torino la personale di Andrea Francolino, la prima in galleria.
Nella mostra affiora una sequenza di antinomie. Da una parte, l’indagine per mappare viaggi che attraversano interi territori; dall’altra, la registrazione di minime tracce del terreno con millimetrica attenzione.
Volevo creare con la mia arte un paradosso. La rappresentazione della potenza della rottura analizzata e non banalizzata. Infinite variabili che trovano la giusta armonia portando così la simmetria a creare forme sempre uniche, diverse e irripetibili.
Questo gioco tra il micro e il macro produce una tensione sulla dimensione di paesaggio.
Come nel primo paradosso di Zenone (“Se le cose sono tante, necessita che siano esattamente il numero che sono, non più né meno. Se sono il numero che sono, sono finite. Ma se le cose sono tante, sono infinite, perché sempre in mezzo ad esse ce ne sono delle altre, e altre ancora in mezzo a queste, e così le cose sono infinite di numero. Zenone, Frammenti) nel quale il filosofo evidenzia le contraddizioni della molteplicità, così Francolino ci mostra l’infinito tra una piccola crepa vicino a noi e gli stessi schemi in una costa oceanica o nel profilo di una catena montuosa.
Nelle opere in mostra emerge questa continua dualità che ci circonda quotidianamente. Non solo gli elementi naturali, ma anche i percorsi di ricerca diventano forme irregolari che rispecchiano andamenti organici, frattali entropici che si diffondono attorno, nei tragitti e nelle crepe che assumono un infinito numero di possibilità.
Francolino è alla ricerca di un senso a questa casualità nella serie di opere in vetro Caso x caos x infinite variabili nelle quali la rottura viene replicata nella sua dimensione originaria generando un rapporto tra naturale e artificiale: il tentativo di ricostruire il percorso di una linea imprevedibile. Ogni crepa è una forma a se stante, come ogni itinerario è unico e irriproducibile.
La ricerca di questa riproducibilità diventa l’elemento che unisce tutte le differenti ricerche spazio-temporali. Lo stesso principio viene mostrato in una serie di video che hanno come titolo Minuto in cui immagini di crepe, ogni secondo differenti, sono proiettate su segni di matrice casuale presenti su vari supporti nel tentativo impossibile di “giusta” sovrapposizione.
Nella serie dei Percorsi l’artista cerca di esaminare le tracce cartografando solchi – per la precisione sette – sulle superfici della carta. Questo segno mostra il movimento della materia in precise e differenti tappe di un tragitto. In questo modo lo spostamento da lui compiuto, da uno stesso punto di partenza – il suo Studio – alla sua conclusione, se disegnato genera una forma equivalente che ricorda, a sua volta, una fenditura. Le sette tracce rimangono impresse nella o sulla carta Hahnemühle.
La ricerca di una serie infinita di elementi presenti in natura e legati ad una dimensione evolutiva portano Francolino a intitolare le opere in modo minuzioso legato allo spazio e al tempo. Ne sono esempio il grande foglio 45.069920, 7.677337 – 14/06/2022 – 13:26:13 o in From 45.500761 9.224836 to 47.562640 7.601494 dei Percorsi.
L’installazione Dalla terra al cemento alla terra al cemento genera un dialogo tra i due materiali costruendo un lento dissolvimento da una sostanza all’altra attraverso una scala cromatica fatta dalle due materie che determinano molti paesaggi attorno a noi: un controllo matematico del caos che ci circonda. Anche qui l’artista sembra incorrere in un paradosso di Zenone, come se tra un elemento e l’altro ci fosse una possibilità intermedia, e un’altra ancora.
Un percorso tra reale e artificiale viene identificato anche in A-Biotic, opera nella quale la rappresentazione antropica della natura cerca un continuo rapporto con le forme vegetali: il paradosso di competere con essa e cercare di imitarla o sostituirla. In queste opere c’è un tentativo di riprendere la perfezione organica delle piante, quella serie di strutture di Fibonacci che hanno una loro geometria interiore. Il rapporto tra natura e industria, tra lo spazio verde e le grandi metropoli, diventa sempre più dialettico. A-Biotic evidenzia questa relazione simbiotica tra queste continue dualità.
In mostra sono presentate le nuove opere del ciclo cosiddetto delle crepe d’acqua. Il luogo e il tempo sono impressi su carta utilizzando solo questo elemento inorganico che definisce immagini in grado di aprirsi, anche qui, a possibili e ampi riferimenti dal macro al micro. L’intima riflessione sulle connessioni suggerite dalla crepa rimanda anche alla fragilità e all’impermanenza. Utilizzando solo l’acqua, a volte raccolta dai ghiacciai e dai fiumi delle Alpi, dal mare o da fonti, la sequenza di queste nuove opere è allo stesso tempo effimera e ferma nel tempo e nello spazio, attraverso le coordinate che ne fissano l’esistenza in un preciso istante scelto dall’artista. A differenza delle opere in cui polvere di terra e di cemento definivano le crepe impresse sulla carta qui la resa finale è una sorta di positivo scultoreo dei solchi del suolo, il supporto ne “assorbe” la tridimensionalità.
Francolino prosegue e amplia le sperimentazioni sullo spazio espositivo già avviate in passato con la sola crepa d’oro, ne è un esempio l’opera site-specific nella chiesa dei Santi Giusto e Bartolomeo a Legoli, frazione di Peccioli (Pisa). La mostra si conclude infatti con un ambiente in cui viene esemplificata la preziosità, sia fisica che simbolica della crepa, segno del tempo e del movimento delle zolle continentali, qui realizzata in terra sul pavimento, in oro sulla parete, e in lapislazzuli sul soffitto. Oro e blu oltremare, in sottili foglie e in pigmento finemente macinato, materiali preziosi che nella memoria richiamano i capolavori del medioevo italiano, le figure ieratiche su fondo oro della pittura, danno corpo alla ricerca di Francolino sulla crepa: come squarci di Universo, ricongiungono terra e cielo, materia e spirito, testimoniando la preziosità celata di quanto è, ma solo ad un primo sguardo, un vuoto.
L’artista rende omaggio a questa forza della natura che segna, anzi disegna gli spazi circostanti: che siano lo spazio pubblico stradale di fronte alla galleria, oppure la faglia che separa le placche della Terra.
L’esposizione sarà accompagnata da un catalogo bilingue con testo critico di Lorenzo Benedetti.
L’ARTISTA
Andrea Francolino (Bari, 1979), vive e lavora a Milano.
Al centro delle sue riflessioni è la crepa, in tutta la sua universalità e le sue “infinite varianti”, senza critica e pregiudizi. “Guardare una crepa è come guardare l’universo, rifletto sul senso della vita e sul senso delle cose”, scrive l’artista. Attraversando più forme disciplinari quali estetica, etica ed ecologia, nel suo percorso di “evoluzione” artistica Francolino cerca di tenere fede, nella realizzazione finale dell’opera, a una tanto decantata Natura coniando il termine econcrethic – unione di tre parole: eco, concreto, etico – per tutti gli interventi e le azioni realizzati con materiali naturali.
Nel 2013 vince il Premio San Fedele con Et onne Tempo, un lavoro installativo che ricostruisce, con polvere di cemento, la pianta del più grande centro commerciale esistente al mondo. L’opera pone lo spettatore dinanzi alla riflessione sull’esasperazione del consumismo contemporaneo e sulla vanitas umana. Il rapporto tra uomo/prodotto e natura/creato è invece alla base di Performance di una pianta (2013-2015), cumulo di macerie di opere distrutte da cui nasce spontaneamente una pianta: è la Natura che si riafferma e dona nuova vita a ciò che è ormai inerte e abbandonato.
Nel 2018 la crepa diventa protagonista totale di un’opera che porta il suo nome. Su un muro dello Spazio Aperto San Fedele (Milano) appare una fessura che l’artista riveste, nel suo tracciato, con foglie d’oro 22kt. Come afferma Francolino, “la crepa, manifestazione oggettiva di un processo in divenire nella sua centralità suggerisce e a volte rivela il legame tra gli opposti generando riflessioni infinite”.
Dal 2022 inizia il ciclo cosiddetto delle crepe d’acqua. Nelle opere precedenti del 2019 – 2020, i Limiti, Francolino utilizzava polvere di cemento o di terra per imprimere sulla carta le crepe presenti in specifici luoghi tra Natura (prati, fiumi) e il costruito dell’uomo (strade, edifici). In questi nuovi lavori del 2022, invece, la resa finale è una sorta di positivo scultoreo dei solchi del suolo, il supporto ne “assorbe” la tridimensionalità.
Francolino è fra i quattro fondatori di The Open Box, spazio non profit per l’arte nato nel 2015 a Milano.
Fra le principali mostre personali ricordiamo: Museo Novecento, Firenze (2020/21) con performance tra il Palazzo Vecchio e il Museo Novecento; Spazio Contemporanea, Brescia (2020); Spazio aperto San Fedele, Milano (2018); The Open Box, Milano (2018); nm>contemporary, Principato di Monaco (2017); Kristin Hjellegjerde Gallery, Londra (2016); Galleria San Fedele, Milano (2015); Spazio Testoni, Bologna (2013).
Tra le numerose esposizioni collettive ricordiamo: Chiesa dei SS Giusto e Bartolomeo Legoli, Peccioli (Pisa), opera site-specific (2022); Woolbridge Gallery, Biella (2021); Ambasciata d’Italia a Londra, Londra (2021); Forum Austriaco di cultura, Roma (2021); Palazzo Barbò, Torre Pallavicina (2021); Mazzoleni, Torino (2021); CAMERA Centro Italiano per la Fotografia e Mazzoleni, Torino (2020); Mazzoleni, Londra (2020); AGI Verona e Università di Verona (2019); Palazzo Palmieri, Monopoli (2017); Frittelli arte contemporanea, Firenze (2016); The Loft, Works from the Servais collection, Bruxelles (2016); Quartiere Intelligente + MADRE, Napoli (2014); Courtauld Institute of Art Somerset House, Londra (2012); Istituto Italiano di Cultura, New Delhi (2011); Spazio Oberdan, Milano (2010); Villa Ponti, Arona (2010).
INFO
ANDREA FRANCOLINO
Venne all’esistenza lo Spazio beante
22 settembre – 22 ottobre 2022
Mazzoleni, Piazza Solferino, 2 – Torino