James Lee Byars Veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milan, 2023 Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milano Foto Agostino Osio

Recensione Mostra: James Lee Byars – Pirelli HangarBicocca Milano

Inaugura a Pirelli HangarBicocca la mostra dedicata a James Lee Byars, una delle figure più enigmatiche e mitiche dell’arte contemporanea del XX secolo.

L’esposizione, la prima retrospettiva in Italia dedicata all’artista americano dopo la sua scomparsa nel 1997, è un interessante percorso attraverso il suo stratificato lavoro che si è sviluppato come un’esplorazione continua dei significati più profondi dell’esistente, ai confini tra misticismo, spiritualità e corporalità.

La mostra, a cura di Vicente Todolí e organizzata da Pirelli HangarBicocca e Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid, raccoglie negli spazi delle Navate di Pirelli HangarBicocca una vasta selezione di opere scultoree e installazioni monumentali, realizzate dal 1974 al 1997 e provenienti da collezioni museali internazionali, alcune raramente esposte e presentate in Italia per la prima volta.

Come Todolí afferma:
Concepiamo sempre retrospettive site-specific che dialogano con l’architettura di Pirelli HangarBicocca. Nella sua pratica James Lee Byars era solito adattare il suo corpus di opere allo spazio in cui veniva esposto, creando così una mostra che fosse essa stessa un’installazione complessiva. Pertanto, la nostra selezione di opere interagisce con l’ambiente ex industriale delle Navate, sfidandoci a interpretare lo spazio secondo l’approccio concettuale dell’artista”.

L’ARTISTA

James Lee Byars
Ritratto, 1994
© The Estate of James Lee Byars, courtesy Michael Werner
Gallery, New York e Londra
© The Estate of Lothar Schnepf

James Lee Byars, uno degli artisti americani più riconosciuti dagli anni Sessanta a oggi, ha influenzato un’intera generazione nell’ambito dell’arte concettuale e performativa. Nato a Detroit nel 1932 e con una formazione che spazia dall’arte alla psicologia e alla filosofia, Byars è da sempre affascinato dalla cultura giapponese, che ha influenzato la sua pratica artistica per tutta la vita. Dalla fine degli anni Cinquanta e per tutti gli anni Sessanta vive infatti tra il Giappone e gli Stati Uniti. Successivamente l’artista abita e lavora in modo nomade, spostandosi tra diversi luoghi e città, tra cui New York, Berna, Santa Fe e la California. Sviluppa, inoltre, uno stretto rapporto con l’Italia, in particolar modo con Venezia, dove nel 1975 realizza la celebre performance The
Holy Ghost, decidendo poi di viverci e lavorarci per buona parte degli anni Ottanta.

Nel 1989 viene anche invitato dal Castello di Rivoli a realizzare la sua prima retrospettiva in un museo italiano.
Nella sua arte, Byars associa motivi e simboli dei costumi e della civiltà orientale, come elementi del teatro Nô e del buddismo Zen, alla sua profonda conoscenza dell’arte e della filosofia occidentale, offrendo una visione unica e personale della realtà e delle sue componenti fisiche e spirituali. Attraverso l’uso di media differenti, come l’installazione, la scultura, la performance, il disegno e la parola, infatti, l’artista ha dato vita a una riflessione mistico-estetica sui concetti di perfezione e ciclicità, sulla figura umana – sulla sua rappresentazione e smaterializzazione –, spesso attraverso il coinvolgimento diretto del pubblico in azioni temporanee o in interventi su larga scala. Centrale nel suo lavoro è il rapporto con il pubblico, che viene chiamato a confrontarsi
con l’artista stesso e a rispondere a domande che egli pone in maniera diretta e indiretta con le sue opere. Molti dei lavori sono stati concepiti da James Lee Byars per essere attivati in maniera performativa da lui stesso. Dalla sua scomparsa nel 1997, questo aspetto richiede di interrogarsi sulla presenza-assenza dell’artista, che nel corso della sua vita ha incentrato la sua pratica sulla sua persona e raffigurazione attraverso azioni, gesti, rituali e indossando abiti caratterizzati dal legame visivo e simbolico con le opere. Con la sua pratica eclettica, Byars si è rivelato pioniere in diversi ambiti delle arti visive.

Ha inventato lavori di arte concettuale, performativa e installativa prima ancora che esistessero definizioni di quello che stava realizzando

Brenda Richardson (1942-2022)

SCORE

OPERE: 8,00 – In mostra le opere di grandi dimensioni. Manufatti, alcuni imponenti e monumentali, in cui vengono combinati armoniosamente materiali preziosi e ricercati, come marmo, seta, foglia d’oro e cristallo, a geometrie minimali e archetipe, come sfere prismi e pilastri, e a oggetti baroccheggianti in un gioco di rimandi simbolici ed estetici tra forma, contenuto e colore. A corredo delle opere c’è anche una stanza che contiene una selezione di oggetti, lettere e libri di Lee Byars accompagnata da un loop vocale dell’artista.

ALLESTIMENTO: 8,00 – Appena si entra nella mostra si è subito stupiti e impressionati da una monumentale struttura dorata. La The Golden Tower (1990) impatta negli ampi spazi dell’Navate dell’HangarBicocca . La torre-obelisco-minaretto-totem dorata alta 21,25 metri (già vista a Venezia nel 2017) riassume in sé l’indagine dell’artista sull’interazione tra forme perfette e materiali immutabili e simboleggia la tensione verso il divino e la voglia di avvicinarsi al cielo. Da li parte un percorso armonico, dove il colore oro, il rosso, il nero e il bianco creano un continuo dialogo tra forme e cromie. Alla fine del percorso si entra nello spazio del Cubo dove è esposta Red Angel of Marseille (1993): mille sfere di vetro rosso disposte a pavimento creano una sontuosa forma antropomorfica e, allo stesso tempo, floreale. L’opera riduce la figura umana alla sua essenza, mentre la connotazione angelica, suggerita dal titolo, apre nuovamente a una riflessione sulle sue potenzialità metafisiche e sul suo rapporto con il divino. I curatori sono riusciti nell’opera di integrare le opere di Lee Byars con la struttura post industriale della location sviluppano una installazione complessiva.

CONCEPT & PAROLE CHIAVE: 7,50 – La concettualità ricercata nella mostra è quella dei molteplici significati allegorici e formali della materia. Proprio su questa indagine si soffermano le tematiche che hanno attraversato la pratica dell’artista, come la ricerca della perfezione, il dubbio come approccio all’esistenza e la finitudine dell’essere umano, invitando i visitatori a riflettere sulle potenzialità alchemiche dell’arte nel plasmare la realtà.

Le parole chiave della mostra sono: Obelischi, Forme, Oro, monumentalizzazione

CATALOGO:  n.a. – Al momento non è ancora disponibile il catalogo. L’uscita è prevista a dicembre 2023 e sarà pubblicato da Marsilio Editori. Il volume includerà un testo dello storico dell’arte e curatore del DIA Art Foundation, New York, Jordan Carter, un saggio della storica dell’arte Sakagami Shinobu, un testo di Alexandra Munroe, storica dell’arte e Senior Curator al Solomon R.Guggenheim Museum, un contributo congiunto dell’artista Maurizio Nannucci, con il quale Byars ha avuto una lunga relazione corrispondenza, e Gabriele Detterer e un’introduzione del curatore della mostra Vicente Todolí. Sarà inoltre accompagnato da dettagliate schede delle opere in mostra, da un’approfondita cronologia dell’artista e da un’estesa documentazione fotografica dell’esposizione.

COMPLESSIVO8,00 – Entrare nel mondo concettuale, filosofico e profondo di Lee Byars è una esperienza visiva che ci rimanda e ci impegna a utilizzare il tempo per scoprire le suggestioni e la continua ricerca di un significato alle cose dell’artista.

Probabilmente uno dei momenti filosofici più importanti
è quando si realizza che quasi tutto,
per quanto mi riguarda, è un grande interrogativo.
O perlomeno, in ogni cosa c’è un quesito

James lee byars

INSTALLATION VIEW

INFO

James Lee Byars di fronte a
The Door of Innocence, 1986-87
Marmo dorato
190 x Ø 27 cm
Toyota Municipal Museum of Art, Aichi
Veduta dell’installazione, Castello di Rivoli Museo d’Arte
Contemporanea, Torino,

James Lee Byars
Dal 12 ottobre 2023 al 18 febbraio 2024
Pirelli HangarBicocca
Milano

HESTETIKA ART Next Generation

Altre storie
AFRICA 1:1 Cinque artisti africani a Ca’ Pesaro a Venezia