Collezione Maramotti, Reggio Emilia - © Silvia Rosi- Ph. Masiar Pasquali

Recensione: Silvia Rosi “Disintegrata” la poetica visiva della diaspora africana alla Collezione Maramotti

Collezione Maramotti di Reggio Emilia, in occasione della XIX edizione del festival di Fotografia Europea, presenta la prima mostra personale istituzionale italiana di Silvia Rosi, dal titolo “Disintegrata”.

Una mostra che si snoda attraverso diverse prospettive e livelli concettuali tutti collegati tra di loro da un forte significato sociale. Con le sue foto e la sua poetica visiva l’artista vuole creare degli strumenti per affermare e indagare questioni di identità personale, appartenenza familiare, identificazione di genere, status di classe, affinità nazionale o appartenenza a comunità, a volte in conformità con le norme sociali, a volte in contrasto con esse.

Rosi per realizzare il percorso espositivo della mostra ha raccolto e selezionato una centinaia di fotografie ordinarie, scatti di album di famiglia che raccontano la quotidianità di chi, giunto dall’Africa prima del Duemila, ritraeva sé e la propria vita in contesti diversi.

E proprio l’utilizzo di immagini vernacolari gioca un ruolo significativo e primario nella fotografia della Rosi in quanto creazione della rappresentazione di noi stessi e di come vorremmo essere visti.
Le immagini così forniscono un mezzo per confrontarsi con, o per sfidare, gli stereotipi sulle persone afrodiscendenti, offrendo un ritratto alternativo sull’identità degli individui, così come di ciò che potrebbero diventare.

Questo alternare l’utilizzo tra privato e pubblico, tra immagine trovata e realizzata in studio, giocando sugli slittamenti di lettura e di significato generati dai diversi contesti di fruizione.

Ispirata dalla pratica di artiste come Cindy Sherman e Gillian Wearing, così come dall’esperienza fotografica in studio dell’Africa occidentale (Seydou Keïta, Malik Sidibé e soprattutto Samuel Fosso), Rosi sceglie l’autoritratto come stratagemma primario per portare alla luce i diversi aspetti che convivono in ogni individuo, trasformando storie personali in racconti collettivi.

Il suo posare per gli autoritratti non è un mero poser fotografico ma assurge molteplici significati. Interessante è proprio la ricerca di questi dettagli che vanno dal filo dell’autoscatto, sempre presente nelle sue foto, al sottofondo visivo creato attentamente fatto di oggetti con i loro colori e le loro forme.

I comodini di famiglia, un casco asciugacapelli, un album fotografico, tessuti africani dai pattern geometrici, valigie, parrucche, gli abiti della madre sono alcuni degli accessori narranti inseriti nei set delle figure incarnate dall’artista; tanto quanto, con intenzioni differenti, le automobili anni ’70, la natura collinare, le strade della città, i piccioni e le architetture di una piazza divengono comprimari a tratti inconsapevoli dell’autorappresentazione quotidiana.

IL PROGETTO

La mostra rappresenta il punto di partenza di un più ampio progetto dell’artista che riguarda la creazione e l’attivazione di una rete italiana di cittadini afrodiscendenti e la formazione di un archivio familiare delle diaspore afrodiscendenti in Italia, con la volontà di approfondire nuove possibilità di trasmissione della conoscenza visiva attraverso immagini vernacolari.

SCORE

OPERE: 8,00 – Specificamente concepita per la Collezione, l’esposizione include un focus di venti nuove opere fotografiche, alcune immagini in movimento e un nucleo di fotografie d’archivio famigliare raccolte dall’artista in Italia tra il 2023 e il 2024. Interessante è il box che raccogliere le immagini di famiglia e l’idea di continuità e di crescita della raccolta. Per finire c’è anche un supporto video con delle registrazioni audio che raccontano e testimoniano i dialoghi e i messaggi delle varie famiglie; un ulteriore strumento per decifrare e decodificare la visione creativa dell’artista.

INSTALLAZIONE: 7,50 – L’effetto vintage delle foto vernacolari, la cromia e la dimensione geometrica degli autoritratti della Rosi e il movimento delle sue opere digitali ben si innestano e adattano nel contesto minimale degli spazi della Collezione.

CATALOGO: n.a – In occasione della mostra sarà realizzato un libro con un testo di Pelumi Odubanjo, curatrice, scrittrice e Dottoranda in Storia dell’Arte presso l’Università di Glasgow, e una conversazione fra
Silvia Rosi e Ilaria Campioli, curatrice della sezione di Fotografia dei Musei Civici (Reggio Emilia) e di Giovane Fotografia Italiana/Premio Luigi Ghirri.

COMPLESSIVO: 8,00 – Il viaggio visivo della Rosi attraverso le memorie fotografiche della diaspora africana apre svariati spunti di riflessione sul posizionamento sociale degli afrodiscendenti e mette in scena, con umorismo e beltà creativa, un immaginario dell’idea di “italianità” nel nostro territorio contemporaneo.

L’ARTISTA

Silvia Rosi (nata a Scandiano, Reggio Emilia, nel 1992) vive e lavora tra San Cesario sul Panaro (Modena), Lomé (Togo) e Londra. Dopo la laurea in Fotografia presso il London College of Communication, Rosi si è dedicata allo sviluppo del proprio percorso di ricerca artistica, spesso partendo dall’eredità togolese della famiglia e da un confronto con il concetto di “origini”.
Il suo lavoro è stato esposto in diverse istituzioni e gallerie in Italia e all’estero, tra cui: Brooklyn Museum, Brooklyn, NY (2024); Camera, Torino; Casino Luxembourg, Lussemburgo (2023); Paris Photo –
Ncontemporary, Parigi; Centrale Fies, Dro (Trento); MAXXI, Roma; MA*GA, Gallarate (Varese); Le Centquatre, Parigi (2022); LACMA, Los Angeles; CCC Strozzina, Firenze; Les Rencontres D’Arles, Arles; Piccadilly
Screen – CIRCA, Londra (2021); National Portrait Gallery, Londra; Jerwood Arts, Londra (2020).

EXHIBITION VIEW

INFO

Silvia Rosi
Disintegrata
Collezione Maramotti
Via Fratelli Cervi 66 – Reggio Emilia
collezionemaramotti.org
Dal 28 aprile al 28 luglio 2024

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