Portrait of Channatip Chanvipava | Photo credit Deniz Guzel (2024) | Courtesy of Roman Road

Intervista – CHANNATIP CHANVIPAVA – “The Sound of Many Waters” a Venezia

In occasione della Biennale di Venezia, la piattaforma curatoriale londinese Roman Road presenta il progetto “The Sound of Many Waters” (Il suono di molteplici acque), una mostra personale, a cura di Marisa Bellani, dedicata al giovane pittore thailandese Channatip Chanvipava.

Allestita nell’ambiente intimo di una dimora veneziana del XVII secolo (Dimora Ai Santi) aperta al pubblico per la prima volta, la mostra presenta otto nuove opere che esplorano in modo toccante le nozioni di identità fissa, appartenenza e memoria soggettiva.

In linea con il tema della Biennale di quest’anno “Stranieri ovunque”, Bellani si rivolge all’acqua come potente riferimento per affrontare i concetti di identità queer e di connessione in un mondo diviso.

L’opera di Chanvipava, navigando nella sensibilità queer con potenza ed emozione, esprime questi concetti in maniera vibrante. L’acqua, in questo caso, diventa un simbolo sia di connessione che di divisione, risuonando con le complessità dell’identità queer.

Channatip Chanvipava è un pittore autodidatta che vive a Londra; ha intrapreso il suo percorso artistico dopo una laurea in Economia, spinto da una passione duratura per l’arte coltivata fin da giovane. Il suo stile unico, caratterizzato da pennellate distintive e audaci ispirate agli impressionisti, oscilla, senza soluzione di continuità, tra astrazione e figurazione. In particolare, le composizioni di Chanvipava sono caratterizzate da texture pittoriche stratificate, spesse e vibranti, contraddistinte da linee verticali che delineano le forme. Il suo processo artistico, organico e meditativo, si basa sull’intuizione e su frammenti di memoria, messi insieme per creare un “arazzo” di ricordi.

L’artista naviga attraverso il colore e lo utilizza come un veicolo per esprimere la forma, portando alla luce momenti di riflessione, contemplazione e liberazione. Senza utilizzare schizzi preliminari o riferimenti fisici, Chanvipava dipinge direttamente sulla tela e si affida unicamente alla memoria e alla sua acuta comprensione dello spazio e della profondità.

Le opere autobiografiche di Chanvipava spesso intrecciano le avvincenti corrispondenze tra il microcosmo della sua vita personale e il macrocosmo della politica e dell’attualità mondiale, fungendo da espressione di emozioni universali ed esperienze condivise. In “The Sound of Many Waters”, i dipinti, che spaziano dalle grandi alle piccole dimensioni, affrontano temi intimi come la maternità surrogata, i diritti LGBTQ+ e la fantasia.

In particolare, Triumph of Life (2023) è l’antitesi dell’affresco del XV secolo “Il trionfo della morte” di Palazzo Abatellis a Palermo, un capolavoro che l’artista ha immediatamente richiamato alla mente quando è scoppiato il conflitto in Ucraina nel 2022.

Channatip CHANVIPAVA
Triumph of Life, 2023 Oil on canvas -200 x 300 cm

La sua interpretazione dell’opera è un potente messaggio di pace, nonché una riflessione personale su di un anno cruciale della sua vita. Lovers at First Sight (2024) si ispira a “Bacco e Arianna” di Tiziano e ritrae l’amore e le relazioni queer attraverso pennellate espressive e gestuali.

L’opera mette in evidenza come ognuno di noi provi la stessa intensità di emozioni quando è innamorato. In Scrabble on Sunday (2024), Chanvipava cattura un fugace scambio tra due figure maschili elegantemente vestite impegnate in un gioco da tavolo – una scena di cui è stato testimone in un ristorante, a Londra. Questa esperienza sottolinea gli aspetti mondani ma profondi della vita quotidiana attraverso la lente della sua esperienza queer.

LA MOSTRA

La mostra, allestita in una casa storica privata, accentua l’intimità dei soggetti dipinti. Le opere sono esposte su grandi pannelli di acciaio inossidabile che brillano e riflettono come l’acqua – un richiamo visivo al titolo della mostra. Gli spettatori sono invitati a muoversi attraverso queste strutture contemporanee e a creare una coinvolgente connessione con l’arte e lo spazio circostante – un ambiente in cui passato e presente si incontrano e si scontrano.

Marisa Bellani, curatrice e fondatrice di Roman Road, ha affermato: “Sono entusiasta di presentare il lavoro di Channatip a un pubblico globale durante la Biennale di Venezia. Il suo talento naturale di pittore autodidatta è eccezionale. Le sue pennellate e le sue stratificazioni sono uniche e conferiscono alle sue tele un’energia e un respiro senza limiti. Le sue opere mi ricordano il lavoro di grandi pittori come Basquiat”.

Abbiamo intervistato Channatip Chanvipava.

L’INTERVISTA

  • Ti sei laureato in Economia e poi sei passato all’arte. Cosa ti ha spinto ad una scelta così radicale e come è nata la tua passione per l’arte?

Sebbene sia cresciuto in un ambiente in cui ho potuto sperimentare l’arte e perseguire un’educazione artistica non ho mai pensato che fosse possibile essere un artista. Per questo mi sono laureato alla London School of Economics. Dopo la laurea, la voglia di creare è cresciuta, chiamandomi a tornare alla mia arte. Considero la pittura come qualcosa di ineludibile, un istinto sconfinato che mi permette di elaborare emozioni ed esperienze di vita.

Faccio arte fin da giovane e ho continuato a dipingere durante i miei anni di scuola. Da bambino venivo portato nei templi di Bangkok e ero attratto dai murales religiosi che raffiguravano scene degli insegnamenti e della vita di Bhudda. La casa della mia infanzia è stata un importante luogo di scoperta; Ero circondato da dipinti tradizionali cinesi realizzati con inchiostro su carta e riproduzioni di capolavori impressionisti stampati su seta. Le mie prime lezioni di pittura consistevano nell’esercitarmi a copiare dipinti di Monet e altri impressionisti.

  • Sei un artista autodidatta il cui lavoro autobiografico e universale e esplora la sensibilità queer con potere ed emozione. La tua tecnica è caratterizzata da pennellate distintive e audaci ispirate agli impressionisti e oscilla perfettamente tra astrazione e figurazione. Come è nato il tuo personalissimo stile?

I miei dipinti includono sempre sia figurazione che astrazione, ma tendono all’astrazione. Ciò mi ha sempre permesso di essere meno ovvio pur non privandomi di modi potenti di condividere e incarnare aspetti della mia esperienza queer. Questo mi ha insegnato a creare il mio spazio e il mio mondo. Come autodidatta ho permesso alla mia intuizione, alle mie esperienze e all’ambiente circostante di guidare il mio processo e informare la mia pratica.

Il mio processo inizia selezionando le immagini ricordate per creare una narrazione, che metto insieme, all’inizio, solo nella mia mente. Non faccio ne schizzi né organizzo una tavolozza di colori ma dipingo partendo da immagini fisiche… sento che perderei di immediatezza realizzando solo una forma di copia.
La fase successiva è quella di trasferire l’immagine che ho in mente sulla superficie preparata della tela.
Questo metodo è estremamente prezioso per me, poiché serve come processo di meditazione riparatrice in cui posso impegnarmi con la politica e i meccanismi del ricordo.
Ogni dipinto inizia da un colore centrale, che è collegato al titolo del dipinto, e da lì vengono costruiti altri colori. Io uso un grande vassoi di vernice diluita, prelevando ogni colore con un pennello diverso. I colori vengono applicati a strati, ottenendo effetti diversi manipolando quanto asciutto o bagnato è ogni strato quando viene applicato quello successivo.

  • Come è nato il progetto “The Sound of Many Waters”?

Marisa Bellani di Roman Road mi ha invitato a presentare il mio lavoro per la Biennale d’arte di quest’anno, perché vedeva un legame intrinseco tra il mio lavoro e il titolo curatoriale ‘Stranieri Ovunque’.
I dipinti hanno richiesto tempo ma sono venuti fuori facilmente come se fossero destinati a esserlo e tutto il resto è stato fatto con estrema facilità. Tutto è andato avanti in modo molto naturale e senza soluzione di continuità con la curatela, la location e l’installazione. Penso che ciò sia dovuto al fatto che il significato dietro è sincero, parla di verità e valori. Sono entusiasta che “The Sound of Many Waters” abbia preso forma.

Oltre ad una serie di dipinti, ho lavorato anche ad un’installazione site specific per la mostra. Il contesto in cui vengono visti i miei dipinti è importante per me, quindi sto cercando di andare oltre le pennellate e creare una continuazione dei miei lavori per lo spettatore. I dipinti sono situati all’interno di un’installazione realizzata in metallo, consentendo allo spettatore di immergersi nei riflessi. L’installazione esplora anche il movimento del corpo e dell’occhio attorno a ciascun dipinto.

  • Cosa rappresenta per te l’acqua?

“The Sound of Many Waters” utilizza l’acqua come potente riferimento per affrontare il concetto di identità in un mondo diviso. L’acqua è informe e adattabile, un simbolo sia di connessione che di divisione, in risonanza con le complessità dell’identità queer.

L’idea di vedere un’immagine riflessa sulla superficie di uno specchio d’acqua è analoga al mio processo pittorico. I miei dipinti contengono serbatoi di ricordi archiviati, che riflettono le immagini mentali che si accumulano sulla superficie della tela. Il modo in cui il suono si muove nell’acqua è come il modo in cui le emozioni vengono trasportate nella memoria.

  • Esporre a Venezia durante la Biennale in uno storico palazzo veneziano, che emozioni ti suscita?

Venezia è un importante centro delle arti visive contemporanee ed essere invitato a esporre lì è allo stesso tempo una sfida e un piacere. Bangkok è stata definita la Venezia dell’est, i canali ricordano Khlong e l’acqua porta con sé lo stesso profumo di nostalgia. Ancora più importante, vorrei che la mostra fosse un’esperienza e una conferma come artista autodidatta, queer e proveniente dal Sud-est asiatico.

  • Com’è stato per te lavorare con la tua curatrice Marisa Bellani? Che valore aggiunto apporta alla tua arte?

Marisa ed io abbiamo già lavorato insieme in molte delle mie mostre. La sua curatela consente ai miei dipinti di essere realizzati e interpretati all’interno di un contesto… trovando modi per vedere, sentire e coinvolgere… Al di là della mostra condividiamo un dialogo continuo che le permette di comprendere le opere attraverso di me.

  • I colori e le varie tonalità delle tue opere sono importanti per la tua arte. Come scegli di utilizzare il colore?

Il colore dirige il significato e l’emozione che sto cercando di esprimere.
Do un valore ad ogni emozione e un pensiero invisibile…lo rendo fisico.
Un colore principale dà inizio a ogni dipinto… Altri colori si sviluppano attorno al principale.
I colori vengono applicati in strati spessi; a volte i loro confini possono fondersi sui bordi. Vari effetti si ottengono sincronizzando gli strati e manipolando l’essiccazione o l’umidità degli strati di pittura ad olio.
La fusione dei colori viene creata attraverso un processo di stratificazione nel tempo calcolato.
Mi piace attenuare o alleggerire i colori usando il bianco. Una tavolozza di colori più sobri e meno intensi è più vicino al mio stato interiore.

  • Quale colore rappresenterebbe la tua vita in questo momento?

Il colore ha tanti significati e sentimenti ed è in continua evoluzione. È impossibile per me scegliere un colore che mi rappresenti tutto in un dato momento… il colore nella sua interezza mi completa

  • Pensi che gli artisti debbano prendere posizione ed esprimere le proprie idee attraverso il proprio lavoro?

Penso che sia dovere e responsabilità di un artista produrre un lavoro che sia onesto con sé stesso e possa esprima le proprie idee.

  • Potresti elencare i tuoi cinque artisti preferiti di tutti i tempi?

Claude Monet

Giorgio Baselitz

Luciano Freud

Sarah Sze

Kazuo Shiraga

  • Ricordi la prima mostra che ha illuminato la tua visione artistica? E l’ultimo?

Olafur Eliason con il progetto “The weather project” del 2003 alla Tate Modern. Era la prima volta che sperimentavo un’installazione e ne rimasi incuriosito… riflettendoci ora potrebbe essere probabilmente il motivo per cui penso sempre all’ambiente in cui si trovano i dipinti e a come posso formare una narrazione tra il dipinto e lo spazio espositivo.

L’ultima mostra è di Stanley Whitney all’AKG Museum… sono impressionato dalla sua filosofia e dal modo di gestire il colore… mi ha fatto riflettere sulla mia organizzazione del colore.

  • C’è un desiderio artistico che devi ancora realizzare?

C’è sempre il desiderio di dipingere e realizzare il progetto successivo… un dipinto sconosciuto e non realizzato… Sento che non c’è abbastanza tempo per dipingere tutto ciò che voglio dire.

  • Cosa ne pensi dell’uso dell’intelligenza artificiale nell’arte? Può la tecnicità essere superiore alla creatività?

L’intelligenza artificiale nell’arte è una risposta al mondo di oggi… gli artisti usano l’intelligenza artificiale per generare ed esprimersi… ha creato nuovi modi di vivere l’arte.

Non penso che potrà mai essere superiore o sostituire la creatività umana che è connessa all’emozione e allo spirito… c’è anche la creatività che deriva da incidenti e cose non pianificate.

  • Quando è stata l’ultima volta che hai fatto qualcosa per la prima volta? E soprattutto, cosa hai fatto?

Vedo sempre cose nuove per la prima volta o vedo cose vecchie in modo diverso per la prima volta. Essere curiosi e affamati significa che fai sempre cose nuove per la prima volta.

  • Se fossi il redattore di una rivista d’arte, chi vorresti che comparisse in copertina? E perché?

Sarebbe Marisa Bellani….Sono sempre stata incuriosita dal rapporto tra artista e curatore o tra artista e galleria. Penso che ogni matrimonio tra l’artista e il curatore o la galleria sia diverso e sarebbe bello sapere di più su queste storie personali. Ci dà una migliore comprensione dell’artista e della galleria, di come sono in grado di guidarsi a vicenda in un viaggio… aggiunge contesto.

L’ARTISTA

Channatip Chanvipava (nato nel 1993 a Bangkok) è un artista thailandese che vive a Londra. Dopo
aver conseguito una laurea in Economia nel 2016, Chanvipava si è appassionatamente rivolto alla
pittura, praticandola per anni e studiando belle arti presso il Royal College of Art di Londra. Le
opere di Chanvipava sono state esposte in numerose mostre collettive, tra cui “WE ARE THE
FUTURE: Knocking on Heaven’s Door”, Christie’s, Londra (2024); “City Escape”, Monti8, Latina,
Italia (2023); “From here to here”, Nova Contemporary, Bangkok (2023); e “EXTREME”, Roman
Road, Londra (2023). La sua prima mostra collettiva, “When I was walking on the edge of a
teacup”, si è tenuta a Roman Road nel 2023. Tra le mostre personali ricordiamo “Spirit Unravelled”,
presso Monti8, Latina, Italia (2023) e “2 Chairs, 1 Life”, presso Roman Road, Londra (2023). Ha
da poco concluso una residenza d’artista presso IM Residency, Suffolk (2023).

INFO

Channatip Chanvipava: The Sound of Many Waters
17 aprile – 27 maggio 2024
Dimora Ai Santi, Calle Larga Giacinto Gallina Canneregio 6381
30121, Venezia
Orario d’apertura: 11.00-18.00

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