Fino al 18 maggio la Fondazione Merz di Torino ospita la mostra “DEADHEAD” di Yto Barrada. Un itinerario in cui colore, materia e narrazione si intrecciano in un dialogo continuo tra passato e presente.
Il percorso espositivo
L’esposizione è scandita da una disposizione calibrata delle opere, che alternano produzioni storiche e nuove creazioni pensate appositamente per gli spazi della Fondazione. Fin dalla prima sala, l’elemento cromatico emerge come protagonista: grandi quadrati colorati rivestono le pareti, creando un palinsesto visivo che amplifica la forza espressiva dei lavori tessili, tra cui spiccano i tre “After Stella”, ispirati alla ricerca cromatica dell’americano Frank Stella.
Nel cuore della mostra, due installazioni imponenti – “Tangier Island” e “Lit-Ras-D’eau” – ridefiniscono la relazione tra opera e spazio, evocando concetti di isolamento, migrazione e trasformazione sociale. Il viaggio dell’osservatore prosegue attraverso filmati, collage e installazioni tattili, che nella seconda sala si caricano di un’intimità domestica e affettiva. Qui, i “Flower Collage”, nati dall’esperienza del lockdown, si affiancano a “The Fabric Book” e a lavori che esplorano il rapporto tra memoria e infanzia. Il percorso culmina con la serie “Color Analysis”, esposta in anteprima al MAO, che rielabora le griglie cromatiche di Emily Noyes Vanderpoel attraverso un raffinato processo di pigmentazione naturale.
Concettualità della mostra
“DEADHEAD” non è solo una riflessione sul colore e sulla sua capacità di tradurre emozioni e strutture sociali, ma anche un’indagine sulla trasformazione, sulla resilienza e sulla memoria. Il titolo stesso della mostra, ispirato alla pratica agricola di eliminare fiori appassiti per favorire nuova crescita, diventa una metafora del processo creativo e della rigenerazione artistica. Le opere di Barrada agiscono come elementi di un linguaggio in continua evoluzione, intrecciando il personale con il politico, il tessuto con la storia, la materia con la narrazione.
Un punto di snodo cruciale è il rapporto con la teoria cromatica di Vanderpoel, che Barrada rilegge attraverso un filtro contemporaneo e femminista. Il colore si trasforma in strumento di analisi culturale e politica, capace di connettere epoche e geografie diverse. L’installazione “Ways to Baffle the Wind”, ad esempio, si pone come riflessione sulla natura e sull’imprevedibilità, mentre “A day is not a day” indaga il deterioramento materiale come metafora della fragilità umana e ambientale.
L’artista

Yto Barrada, vincitrice del Mario Merz Prize, si conferma un’artista dalla visione acuta e trasversale, capace di intrecciare discipline, materiali e riferimenti culturali con straordinaria coerenza. Il suo lavoro si muove tra arte visiva, cinema e ricerca, affrontando temi legati alla storia coloniale, alla sostenibilità e all’identità. Attraverso installazioni, film e tessuti, Barrada esplora il rapporto tra tradizione e modernità, con uno sguardo che combina ironia, poesia e impegno politico.
La sua pratica artistica, profondamente radicata nella dimensione artigianale e sperimentale, trova in “DEADHEAD” una sintesi esemplare. L’uso di pigmenti naturali, il recupero di tecniche tessili e la reinterpretazione di materiali d’uso comune si fanno strumento di una narrazione stratificata, in cui il quotidiano si trasforma in opera d’arte. La mostra alla Fondazione Merz non è solo un omaggio alla sua ricerca, ma anche una testimonianza del potere trasformativo dell’arte, capace di rinnovarsi e rigenerarsi senza perdere il contatto con la propria essenza.
La Gallery
Info
Yto Barrada
DEADHEAD
A cura di Davide Quadrio con Giulia Turconi
Fino al 18 maggio 2025
Fondazione Merz
Torino, via Limone 24