VALENTINO RE-SIGNIFY PART II a BEIJING

Il secondo capitolo di risignificazione dei codici di Maison Valentino ad opera di Pierpaolo Piccioli si presenta come una lettura liquida degli elementi nello spazio espositivo T-10 di SKP South di Pechino.

I segni qui rimessi in campo: la Couture, l’Atelier, Stud e VLogo Signature.
L’interpretazione del make-up contemporanea e inclusiva immaginata da Piccioli con Valentino Beauty, vengono fatti cadere nel piano espositivo come sassi gettati in uno stagno.
Nelle ipotetiche onde concentriche che si sviluppano partendo da questi momenti d’impatto, si creano tensioni tra il processo creativo di Piccioli e le opere di artisti che tramite percorsi e linguaggi molteplici e tra loro incoerenti perché poeticamente personali si sono trovati a interrogarsi sugli stessi temi che nelle opere scelte sono stati indagati.

La luce, le ombre, il buio e il modo in cui la luce interagisce con i materiali e con le superfici, i fenomeni di riflesso e di rifrazione. Il corpo umano e il corpo statuario dalla rappresentazione classica fino a quella digitale e algoritmica. Ogni corpo qui presente è il risultato della mediazione tra idea, e cioè corpo immaginato e auspicabile e abilità artigianale, tecnica o tecnologica.
Corpo tridimensionale o fotografato, ricostruito e documentato, esasperato e avatarizzato. E poi la natura in una sorta di magnificenza minima, nelle riprese lo-fi e analogiche su pellicola trasmesse su schermi catodici o al contrario ultra-raffinata in modellazione 3d oppure ancora in una pura astrazione che diventa accumulazione globiforme.

Tema intersezionale nel rapporto tra opere e abiti è anche quello della città, presente in concentrazione variabile ma luogo d’elezione e archetipico per lo sviluppo dell’attività e della creatività umane, città che è poesia umana e vita nel suo tenere insieme ordine e caos, tradizioni e rivoluzioni, piano promiscuo in cui le comunità si nutrono di segni ridefinendosi continuamente, alimentandosi delle proprie suggestioni, producendo codici nuovi decostruendo e ri- assemblando l’esistente.
Città che è anche quinta viva e presente oltre la vetrata di SKP South, in un brulicare che si fa parte dell’intera esperienza.
Gli abiti scelti da Pierpaolo Piccioli, provenienti dall’archivio della Maison, dall’Haute Couture recente e contemporanea incluse le collezioni Valentino Of Grace and Light e Valentino Code Temporal, e dalla sfilata Prêt-à-Porter Valentino Act Collection, ed esposti su manichini Bonaveri, si immerge in questo terreno fluido con diverse intensità di presenza e concentrandosi in momenti che producono relazioni ed equilibri autoriali con le singole opere.
Il rapporto tra abiti e opere non è univoco e non è analitico, ma è sensibilmente e semplicemente percettibile e leggibile, o meglio intuibile. Connessioni che sono visibili ma instabili, perché esistenti in una struttura liquida.
Una struttura razionalmente aperta che non prevede una fruizione unidirezionale ma invita a perdersi, ad esplorare, seguendo ciò che ognuno percepisce come attraente e in cui la successione degli elementi messi in campo non segue rapporti consequenziali o di causa ed effetto.
Una rarefazione dei segni a cui si contrappongono gli ipotetici punti di caduta dei temi principali, che
si manifestano come momenti densi di stimoli sensibili, scatole magiche e caleidoscopiche in cui
il VLogo Signature, lo Stud, L’Atelier e la personalissima accezione che Pierpaolo Piccioli dà alla parola Couture, si manifestano come miraggi lisergici.

VALENTINORESIGNIFY – VALENTINO再诠释

Cao Fei – Haute Couture Valentino Des Ateliers
In questi lavori Cao Fei si interroga con un sovrapporsi rarefatto e dilatato di registri che toccano il tableau vivant, il documentario, il grottesco e lo splatter della cultura pop hollywoodiana su due temi che sono fondamentali nello sviluppo di questa esperienza: il ruolo dell’abito e la metropoli.
In Cosplayers, del 2004, l’artista introduce in un mondo tanto reale quando lento e silenzioso,
un mondo come in attesa di qualcosa, i personaggi in abiti che stanno tra l’abbigliamento e il travestimento. L’abito che qui è inteso nella sua forma più immaginifica è tolto dal mondo narrativo di riferimento e popola una quotidianità domestica e banale, producendo una dissonanza affascinante e straniante insieme. Haze and Fog, del 2013, usando gli stilemi del cinema horror, racconta una città magica in cui non esiste più la contrapposizione narrativa tra buoni e cattivi, ma una sorta di pacifica quanto assurda convivenza tra persone e zombie che si mescolano nella classe media tra momenti di quotidiano escapismo e ritualità lavorative e casalinghe.

Xu Zhen – Haute Couture Valentino of Grace and Light
Xu Zhen, nelle vesti di XU ZHEN®, divertita provocazione linguistica in cui l’artista si trasforma in azienda e puro branding, capovolge letteralmente la tradizione della statuaria classica. In queste due opere appartenenti entrambe alla serie Eternity unisce ricomponendoli in un unico intero bizzarro e sghembo gli esempi delle tradizioni occidentale e asiatica. Corpi che diventano un unico corpo illogico e fuori misura e per questo divertente, affascinante e surreale, come è fuori misura l’ipotetico corpo che veste il monumentale abito bianco alto 6 metri della collezione Haute Couture ‘Valentino Of Grace and Light’ con cui le opere dialogano.

Gioele Amaro – Haute Couture Valentino Daydream / Valentino Of Grace and Light
Gioele Amaro, artista digitale, lavora sulla percezione delle immagini e sulla fallibilità dell’occhio umano. Nelle sei opere esposte che qui formano una sorta di polittico, la progettazione digitale è espressa in manufatti fisici che diventano superfici metalliche e riflettenti, giochi di luce, specchi deformanti convessi o irregolari oppure fogli di alluminio stropicciati. Protagonista è quindi l’inganno della luce che non capiamo se da quelle opere viene effettivamente riflessa o se l’effetto del riflesso è parte sostanziale della progettazione e della produzione dell’opera. I riflessi e la rifrazione sono gli stessi effetti emanati dai sei abiti messi in relazione con le opere -tre della collezione Haute Couture Valentino Daydream e tre della collezione Haute Couture ‘Valentino Of Grace and Light’- che investiti dal movimento della luce diurna proveniente dalla grande vetrata che illumina lo spazio
producono una continua variazione della propria presenza fisica.

Robert Muller – Haute Couture 2018
Cinque immagini scattate da Robby Müller originariamente su supporto Polaroid, vengono ingigantite e proiettate su 5 schermi disposti a pentagono, che permettono al visitatore di osservarle da entrambi i lati e di esserne circondato. Scorci di vita metropolitana, strade, dettagli di automobili, assembramenti di taxi, facciate dei palazzi e una camicia appesa a una finestra, unico momento intimo e domestico in una selezione di immagini urbane. Il colore è l’elemento che riempie e descrive questi 5 momenti, impressioni documentate istantaneamente e senza progettarne il risultato. Gli stessi rosa, giallo, beige e verde che pervadono i 3 look della collezione Haute Couture SS2018 scelti come controcanto alle immagini.

Liu Shiyuan – Valentino Code Temporal
Nei tre pannelli della serie A Shaking We, Liu Shiyuan si interroga sulla fluidità del passaggio del tempo cercando di proporne una versione visiva modulare. Proponendo una serie di frame provenienti dalla scena di un video, smonta il momento trasformando il tempo in spazio, in un susseguirsi di fotografie statiche che possiedono una loro coerenza formale e cromatica a cui sovrappone ulteriori livelli narrativi fatti di frasi e interventi fotografici.
In We Were Never Alone Never Bored mette in relazione, attraverso l’attiguità cromatica, l’organico e il digitale. Una mela e una pera sono le identità reali che come sospese affondano o emergono da un background che è la stampa di un gradiente digitale. Nella serie di sculture ready made ‘Chair’, sviluppa le possibilità ludiche degli oggetti banali e che siamo soliti dare per scontati, creando un equilibrio instabile e sospeso grazie a una sedia che poggia su due palloncini. I due look della collezione Haute Couture ‘Valentino Code Temporal’ qui presenti sono anch’essi espressione di una delicata composizione e di modularità del gesto, visibile nel pattern fatto di tagli e nella ripetizione della sequenza pieno/vuoto.

Cheng Ran – Valentino Act Collection
In ‘Diary of a madman’, installazione immersiva e multi-video, Cheng Ran affronta il tema della città come spazio stratificato di umanità differenti e come luogo al contempo archetipico e inaspettato.
Composto durante una residenza d’artista di tre mesi un cui visitava per la prima volta New York, questo lavoro indaga come la città più mostrata e raccontata dell’occidente possa rivelarsi una miniera di esperienze oblique, inattese, grottesche, drammatiche e illuminanti grazie a uno sguardo filtrato dalla formazione e dalla cultura cinese, capace di trovarvi ed estrarne versioni alternative.
Costruito come un’esperienza a metà tra il documentario e la fiction, grazie a una profonda conoscenza della narrazione cinematografica americana, Ran capovolge la descrizione classica della città portando alla luce una realtà alternativa, umbratile e imprevedibile.
I quattro look della collezione prêt-à-porter ‘Valentino Act Collection’, in un bianco e nero rigoroso e quasi violento che viene da ispirazioni punk e da atmosfere gotiche e romantiche, si inseriscono senza sforzo in questa epopea minima newyorkese ombrosa e fosca.

Shen Xin
Shoulder of Giants è la documentazione di un dibattito tenutosi il 29 luglio del 2015, in cui 4 intellettuali, ricercatori, critici e docenti universitari – Esther Leslie, Hannah Black, Mark Fisher e Simon O’Sullivan – indagavano il ruolo dell’arte e il rapporto tra arte e potere, il peso della censura, della sorveglianza, e della comunicazione nel sistema socio – economico occidentale.
Il lavoro di Xin, il cui titolo deriva dalla celebre frase attribuita a Bernardo di Chartres relativa alla stratificazione generazionale del sapere, consiste nel non mostrare i conferenzieri con il loro volto, ma avatirazzati in forma di creature immaginarie ispirate allo Shan Hai Jing, o ‘Libro dei monti e dei mari’, una descrizione geografica e culturale cinese in chiave favolistica e mitologica risalente a oltre 2000 anni fa. Un’operazione che ci stimola a chiederci quanto l’immagine nostra o dell’altro e la distorsione della figura umana, possibile anche attraverso l’abito o il trucco, influenzi la decodifica dei messaggi, dei contenuti e del linguaggio.

Xu Wenkai
Xu Wenkai, spesso conosciuto anche con l’alias aaajiao, è un media artist e un programmatore.
La sua poetica digitale che spesso sconfina nell’interattività videoludica, è qui ben illustrata nel video ‘I hate people but I love you’, in cui due identità puramente artificiali, una nella forma di una ragazza modellata in 3d e una in quella di un nastro di Möbius in perenne ricomposizione formato da cartelle vuote che appaiono sullo schermo, partecipano a una sorta di dialogo in cui cercano di conoscersi, forse di innamorarsi, uno scambio monotono di frasi sempre uguali che non portano da nessuna parte.
Nell’installazione interattiva Deep Simulator, il tema è l’assimilazione dell’essere umano nella realtà digitale e il ruolo dell’identità inimitabile del singolo tra rappresentazione e simulazione. Il visitatore entra a far parte di questo mondo virtuale, diventandone il personaggio principale, moltiplicandosi in attore per chi è in attesa di giocare, spettatore di se stesso e avatar.
Il corpo umano diventa qui un elemento completamente superfluo per l’affermazione e il riconoscimento
di sé, in un territorio alternativo contemporaneamente divertito e inquietante in cui la presenza non implica più alcuna fisicità.

Amkk – HC 2018 / HC 2019 / Caroline Hu
Questi due lavori della coppia AMKK, formata dal flower artist Azuma Makoto e dal fotografo botanico Shunsuke Shiinoki, appartenenti alla serie Drop Time, restituiscono in forma di video velocizzati la ricerca sul tempo, la vita e l’idea di bellezza che gli artisti indagano attraverso le composizioni di fiori recisi. Il movimento quasi coreografico dell’insieme cambia l’idea che siamo soliti avere di ‘natura morta’ dimostrando che quello che siamo soliti percepire come statico è in realtà un lento e graduale processo continuo di mutamento delle forme e dei colori, in cui ogni fase è capace di produrre un fascino unico e non qualitativo. Gli abiti scelti in relazione con questa opera, appartenenti alle collezioni Haute Couture Spring Summer 19 e Haute Couture Fall Winter 18 e che includono anche una selezione di ‘Flower Hats’ sono diretta espressione della fascinazione di Pierpaolo Piccioli per la delicata potenza del mondo floreale, e come nelle opere di AMKK, è nei dettagli che si scopre un mondo meno diretto ma altrettanto meravigliosamente complesso. I due abiti della designer cinese Caroline HU, disegnati e realizzati in u progetto di condivisone della visione creativa insieme a Piccioli, producono una triangolazione, ampliano le possibilità espressive dell’incontro tra la meraviglia naturale dei fiori e l’adattamento vestimentario del tema floreale.

Jonas Mekas
In questi due video realizzati negli anni 2010, e parte della ricchissima produzione quasi diaristica pubblicata dall’artista e ‘padrino del cinema d’avanguardia’ dall’inizio degli anni 2000 è possibile comprendere lo stupore poetico, affilato e leggero nei confronti delle cose grandi e piccole che Mekas ha usato per raccontare il mondo sin dagli inizi nella New York della controcultura del dopoguerra.
Pillole di meraviglia in cui lo sguardo del video maker si concentra sulle erbacce che sembrano sbocciare da un muro scrostato, e che poi con una risata vengono definite ‘very brave’, oppure su una formica che corre lungo i bordi di una sedia mentre in sottofondo da una tv accesa è trasmessa una televendita. Momenti di vita banale che attraverso la lente di Mekas, e la sua capacità di mettere a fuoco il piccolo, l’ovvio, il quotidiano e tutti quei momenti della vita che passano inosservati come attimi reietti mentre siamo impegnati a fare altro, vengono incorniciati in un momento filmico che ridona loro, e a chi coglie la sintonia per goderne, la gioia di stare al mondo.

Yeesookyung – Valentino Code Temporal
Nei manufatti della serie ‘Translated Vase’ il processo di risignifcazione dei segni e degli oggetti è esposto in senso quasi letterale. Queste sculture sono realizzate utilizzando i cocci di scarto provenienti dai vasi che i maestri della tradizione ceramista coreana distruggono al minimo accenno di imperfezione così da mantenere un livello di qualità della produzione impeccabile. Ricomponendo questi scarti come puzzle e riempiendo i segni di frattura con dell’oro, l’artista produce una nuova narrazione, inaspettata e preziosa, che è direttamente figlia della distruzione e dell’imperfezione.
Il colore e la luminosità dell’oro sono gli elementi che catturano l’attenzione dell’abito da sera della collezione Haute Couture Valentino Code Temporal del 2021 che si collega alle opere.

Nick Knight – Valentino of Grace and Light
In questa stanza progettata da Pierpaolo Piccioli per restituire la narrativa della sfilata Haute Couture ‘Valentino Of Grace and Light’ rivivono le immagini di Nick Knight che durate lo show venivano proiettate sui monumentali abiti della collezione e 4 abiti originali attraverso cui Piccioli concepisce un nuovo inizio della sua storia creativa in un serrato dialogo tra umano e digitale, materiale e immateriale e soprattutto interrogandosi su cosa sia un sogno, a cosa serva e sulla nostra necessità di sognare. Il bianco, somma di tutti i colori, e la luce delle proiezioni, sviluppano infinite possibilità. Le silhouette e le dimensioni estreme degli abiti, radicalizzate in modo da far risaltare la destrezza manuale necessaria a crearle, quando avvicinate producono uno straniamento che è affascinate e, come detto, onirico. Un sogno poi plasmato da colori e fiori che sono pure proiezioni digitali che prendono il sopravvento sulle forme, come stampe, motivi e ricami che sono lì ma che in
realtà non ci sono, fatti di materia leggera e impalpabile, ma esistente.

Jacopo Benassi – Valentino HC 2018
Jacopo Benassi in questa serie di immagini in bianco e nero stampate su tessuto cerca di smontare attraverso il medium e la tecnica fotografica la ieraticità della statuaria classica. I dettagli dei corpi in pietra che abitano il parco di Villa Borghese a Roma: piedi, braccia, schiene, mani, teste da maestosi e duri, qui stampati su tessuti liberi come bandiere diventano eterei, morbidi e aerei.
Anche la scelta degli scatti, con le sculture che fotografate in bianco e nero in notturna con l’utilizzo del flash diventano immagini ruvide, quasi violente, sensuali e punk come è proprio del segno dell’artista, amplifica il cortocircuito tra la gravità carnale dei soggetti e la levità dell’opera esposta nello spazio soggetta al movimento libero e imprevedibile prodotto dal movimento dei visitatori.
Un dinamismo soffice presente anche nell’abito della collezione Haute Couture FW18 collegato all’opera che unisce in sé la maestosità dei volumi e la leggerezza dei tessuti e delle decorazioni che lo rendono una nuvola sospesa che avvolge il corpo e asseconda i movimenti di chi lo indossa.

Pajama – Valentino Act Collection / Valentino Archive Haute Couture
In queste 32 fotografie scattate da Paul Cadmus, Jared French e Margaret French tra gli anni ’30 e gli anni ’50 durante i soggiorni estivi a Fire Island nello stato di New York e a Provincetown nel Massachusetts gli autori si ritraggono da soli o insieme ad amici e persone care.
Non si tratta di semplici ritratti o foto ricordo ma di un modo silenzioso, lento e metafisico di sperimentare attraverso il mezzo fotografico la rappresentazione del corpo e dei corpi, dello spazio naturale, degli abiti in una forma ancestrale e dei rapporti umani, della complicità, dell’amicizia, dell’intimità e dell’amore. Immagini fortemente narrative, in cui con elementi minimi si proiettano storie strutturate colte come nel loro svolgersi, producendo un senso misterioso di curiosità su cosa sia successo prima e dopo l’istante carpito dall’obiettivo.
Ogni immagine è un tassello di un racconto più ampio e impalpabile, che possiamo solo immaginare e ricostruire nella nostra mente unendo i puntini con il nostro personale vissuto. La sequenza qui proposta è infatti arbitraria e solo una delle tante possibili. Gli abiti della collezione RTW Valentino Act Collection con i loro pattern in bianco e nero rimandano a quel senso di modularità e successione ritmata in cui è possibile riconoscere un tema, inteso qui in senso quasi musicale, tra pieni e vuoti, suono e silenzio.

Robert Del Naja – Valentino Haute Couture 1959
‘Valentino Code Temporal’, progetto realizzato appositamente per la presentazione dell’omonima collezione Haute Couture di Maison Valentino è un film artwork di Del Naja in collaborazione con l’artista Mario Klingemann, che lavora con l’intelligenza artificiale. Il lavoro esplora il processo stesso della collezione di Haute Couture, giocando con simmetrie tra i sistemi appresi, la trasgressione umana e la spontaneità dell’apprendimento automatico. Con uno script fatto di immagini assemblate come un collage, l’opera è stata filmata e osservata da algoritmi di apprendimento automatico montati spontaneamente da reti neuronali addestrate da Klingemann. Le immagini girate durante la creazione della collezione a Roma – informazioni sul making of della collezione stessa, i volti delle sarte e la fotografia time-lapse del work in progress sul manichino sartoriale – diventano tutte sequenze algoritmiche elaborate e scandite da una nuova musica grazie alla macchina. Il codice temporale di questo processo della Couture diventa una narrativa digitale nella collaborazione con Del Naja: un documento completo e a sé stante del lungo processo dell’Atelier, che culmina nella sfilata di moda di Roma, alla Galleria Colonna. Contrappunto a questo processo algoritmico è l’abito
da cocktail modello ‘Fiesta’, in tulle rosso con drappeggio che parte dalla scollatura per formare rose di tessuto su una gonna a palloncino, presentato nella collezione di Alta Moda Primavera Estate del 1959. Un modello e un segno primigeni di Valentino Garavani che si fanno archetipo, simbolico inizio di una narrazione che attraverso infinite ri-significazioni è giunta fino a oggi.

Wu Rui
In questa serie di 16 polaroid Wu Rui, artista e fotografo, espone il risultato di una ricerca monotematica e quasi ossessiva su una precisa tonalità di blu. Il blu pallido e rarefatto “come il blu del cielo in una radura fra le nuvole dopo la pioggia”. Un colore quasi mitico, che affonda le proprie radici nella ceramica cinese medievale e nelle leggende della tradizione. Una proverbiale idea di perfezione che solo pochi esemplari di vasellame prodotti durante la dinastia Song (960 – 1279) sono riusciti a raggiungere, di cui meno di cento pezzi sono giunti fino a noi e che prendono il nome di RU. Questo ideale diventa nel lavoro di Wu Rui uno stratagemma concettuale, un esercizio mentale e di acutezza dei sensi che a un livello microscopico di precisione riescono a individuale e leggere una cromia quasi irreale. Anche il foulard in mostra è un esempio coerente con questa ricerca, così come l’abito realizzato da Pierpaolo Piccioli per la collezione Haute Couture Valentino Des Ateliers in cui si manifesta il lavoro sulle cromie di Wu Rui.

Alessandro Teoldi
L’opera che rappresenta mani e braccia che si toccano e si incrociano, e che non sappiamo se appartengono alla stessa persona o a due individui, è un collage tessile per cui il materiale è stato ricavato dalle coperte fornite in volo ai passeggeri dalle compagnie AirFrance, Avianca, Contintental e Delta. È un esempio dell’approccio multimediale dell’artista che alterna tessile, scultura, disegno e pittura e nelle sue opere lavora su diversi livelli narrativi, che si intrecciano con i materiali, anch’essi parte del racconto artistico in una sovrapposizione di storie che si intrecciano. I soggetti dei suoi lavori, che spesso includono corpi neutri o parti di corpi che interagiscono in modi silenziosi e poetici e in accumuli che diventano pattern grafici ma intrisi di umanità sono presenti anche negli abiti creati da Pierpaolo Piccioli per la Collezione Haute Couture Valentino Des Ateliers associati all’opera.

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