Intervista – DEBORA BARNABA: Il mio corpo è il mezzo attraverso cui parlare del corpo stesso

“Energheia” è il titolo della nuova serie fotografica di Debora Barnaba. Ancora una volta la fotografa analizza e sperimenta nuove forme del suo corpo combinato con il colore.

In questa nuova serie le sue mani avviluppano il suo corpo creando quasi una danza enfatizzata dalla saturazione cromatica che diventa impressiva, immaginifica, armonica e sensuale al tempo stesso.

L’abbiamo incontrata per capire meglio il suo nuovo viaggio fotografico.

  • Il corpo, soprattutto il tuo corpo, rappresenta il focus della tua arte fotografica. Ci descrivi la concettualità della tua ricerca.

Il mio corpo è il mezzo attraverso cui parlare del corpo stesso: ho sempre avuto la passione per lo studio del linguaggio del corpo umano e credo che sia molto sottovalutato e stereotipato. Per questo cerco di trovare un modo diverso di vederlo, di studiarlo, di sperimentarlo allontanandomi dai canoni ordinari e percepiti. Nella mia ricerca, il mio corpo è solo un mezzo che si trasforma e muta in intrecci, slanci, tensioni ed altro ancora per poter parlare di qualcosa di differente e indipendente.

  • Nel tuo ultimo lavoro “Energheia” le mani combinate con i colori attraversano il corpo in modo quasi evocativo creando scenari, suggestioni e immagini. Come si sviluppa l’idea del progetto?

Energheia e’ un’evoluzione di “Resurgence” e delle mie sperimentazioni sul colore. Il colore è stato parte della mia crescita: è sbocciato in me, e partendo da quella serie, la prima in cui l’ho usato, ho continuato a provare nuove combinazioni e potenzialità fondendole con architetture del corpo più complesse e approdando a questa serie. E’ sicuramente una modalità di espressione, ma mi tengo aperta a nuovi modi.

  • I colori e le varie cromie dei tuoi lavori rappresentano una parte importantissima della tua arte. Come scegli l’uso del colore?

Ogni pezzo d’arte che creo ha già in sé il seme di quello che poi si vedrà, ma per scoprire quale sia la cromia espressiva devo andare a tentativi: quando inizio a virare il colore dell’immagine posso valutare sul momento quale colore trovo più forte e corretto per l’immagine che sto elaborando. Per alcune immagini ci sono diverse versioni che mi piacciono ma poi faccio la scelta finale in base alla visione generale della serie. Per me non deve funzionare solo l’immagine da sola, ma anche insieme alle altre. I progetti che realizzo sono un percorso intimo e non possono essere solo esposizione, ma espressione ed emozione.

  • Che colore rappresenterebbe la tua vita in questo periodo?

Il mio colore non-colore preferito è il bianco e credo che possa adattarsi alla mia vita in generale. Mi piace che il bianco in fondo non sia l’assenza di colore, ma invece l’insieme della luce di tutti i colori, così la vita nelle sue sfumature è un alternarsi di sfumature ed intensità che coprono tutto lo spettro della luce. La medesima luce che nella sua interezza è quel bianco che mi rappresenta.

  • Recentemente, in un’intervista, Emilio Isgrò ha detto che “Se non sei omologato, non arrivi, non ti considerano. Alcuni artisti sono altamente quotati per motivi ignoti; c’è tanta apparenza, poca ricerca e poca sostanza”. Cosa ne pensi di questa affermazione?

Concordo pienamente: tutti devono vivere con quello che fanno ed è più facile far acquistare qualcosa di già apprezzato che rompere uno schema. C’è un rischio e un nuovo percorso può non essere compreso ed apprezzato. E’ faticoso e difficile.

  • Mi fai una lista dei tuoi cinque artisti preferiti in assoluto?

Più degli artisti amo le opere per quello che fanno provare: ci sono migliaia di pezzi nella storia dell’arte che esprimono ogni genere di stato d’animo, ma se dovessi scegliere cinque artisti rappresentativi potrei selezionare Michelangelo Buonarroti, Robert Mapplethorpe, Antonio Canova, Irving Penn, Francis Bacon.

  • Ti ricordi quale sia stata la prima mostra che ha illuminato la tua visione artistica? E L’ultima?

Non ricordo una prima mostra illuminante, è da quando sono bambina che amo l’arte e la studio e mi ha sempre colpita e lasciata ammirata. Posso dire che invece ricordo molto bene la prima volta che vidi la pietà di Michelangelo a S. Pietro perché piansi come una disperata. Come tutte le volte successive che ho visto altre sue opere.

L’ultima direi l’ultima che ho visto, perché in ogni mostra c’è qualcosa da cui prendere spunto e ispirazione.

  • Hai un desiderio artistico che non hai ancora realizzato?

Più di uno!!! Tra questi fare una mostra con una scultura di Michelangelo Buonarroti e una grossa personale in uno spazio speciale.

  • Cosa ne pensi dell’intelligenza artificiale applicata all’arte? Il tecnicismo può superare la creatività?

E’ un mezzo e come tale può essere usato per esprimere e creare arte, ma ci sono molte implicazioni che sono da comprendere ed esplorare.

  • Dove ti vorresti vedere tra cinque anni?

In una grande mostra internazionale dove possa esporre il mio percorso.

  • Quando è stata l’ultima volta che hai fatto una cosa per la prima volta? E soprattutto cosa hai fatto?

Ho scattato ieri. Una cosa che faccio spesso, ma ogni volta è come se fosse la prima.
E’ sempre un modo nuovo di imparare, provare, sperimentare, sbagliare, rifare. Ogni volta è una volta a sé, succede sempre qualcosa di diverso e unico.

  • Se fossi un direttore/a di un magazine d’arte chi vorresti mettere in copertina? E perché?

Se fossi un direttore di un magazine d’arte metterei sicuramente in copertina un’opera di un artista che ritengo interessante, per cercare di aiutarlo a veicolare il suo messaggio e la sua visione. Soprattutto se giovani, gli artisti ne hanno molto bisogno. In questo caso direi che metterei un mio pezzo in copertina, e per ovvie ragioni!

L’ARTISTA

Debora Barnaba (Milano 1985) è artista e fotografa. Dopo gli studi artistici in disegno e pittura si accosta da autodidatta al medium fotografico che, dal 2006, diventa la sua principale forma espressiva.

Le sue immagini esprimono la potenza espressiva degli autoscatti, trascendendo la propria soggettività offrendo un corpo assoluto, oggettivo in cui lo spettatore si identifichi. La sua formazione accademica si riflette nella dettagliata costruzione formale dello scatto, nel tentativo di estetizzare un’idea “tracciandola” nello spazio compresso di un click.

Ha collaborato con nomi prestigiosi Giovanni Gastel e Oliviero Toscani, partecipa a diverse mostre collettive e ha vinto numerosi premi.

WEB & SOCIAL

https://dbartworks.it/
https://www.instagram.com/deborabarnabaartist
https://www.facebook.com/debora.barnaba.54

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