Lesley-Lokko-and-Roberto-Cicutto_Photo-Jacopo-Salvi_Courtesy-of-La-Biennale-di-Venezia

“Il Laboratorio del Futuro”, a cura di Lesley Lokko, è il titolo della Biennale Architettura 2023

Il Presidente della Biennale di Venezia, Roberto Cicutto, e la Curatrice della 18. Mostra Internazionale di Architettura, Lesley Lokko, hanno annunciato oggi il titolo e il tema della Biennale Architettura 2023, che si terrà dal 20 maggio al 26 novembre 2023 (pre-opening 18 e 19 maggio) ai Giardini, all’Arsenale e in vari luoghi della città di Venezia.

Il titolo è Il Laboratorio del Futuro.

«Le nuove tecnologie appaiono e scompaiono continuamente, offrendoci scorci non filtrati della vita in parti del mondo che probabilmente non visiteremo mai, tanto meno capiremo. Ma vedere contemporaneamente vicino e lontano è anche, per dirla con Du Bois e Fanon, una forma di “doppia coscienza”, il conflitto interno di tutti i gruppi subordinati o colonizzati, che descrive la maggioranza del mondo, non solo “laggiù”, nei cosiddetti Paese poveri, in via di sviluppo, arabi, ma anche “qui”, nelle metropoli e nei paesaggi del Nord globalizzato. Qui in Europa parliamo di minoranze e diversità, ma la verità è che le minoranze dell’Occidente sono la maggioranza globale; la diversità è la nostra norma.

C’è un luogo in cui tutte le questioni di equità, risorse, razza, speranza e paura convergono e si fondono. L’Africa. A livello antropologico, siamo tutti africani. E ciò che accade in Africa accade a tutti noi.»

Lesley Lokko ha spiegato che il suo titolo opera su diversi livelli:

«In primo luogo – ha affermato la Curatrice – l’Africa è il laboratorio del futuro. Siamo il continente più giovane del mondo, con un’età media pari alla metà di quella dell’Europa e degli Stati Uniti, e un di decennio più giovane dell’Asia. Siamo il continente con il più rapido tasso di urbanizzazione al mondo, con una crescita di quasi il 4% annuo. Questa crescita rapida e in gran parte non pianificata avviene generalmente a spese dell’ambiente e degli ecosistemi locali, il che ci pone di fronte al cambiamento climatico sia a livello regionale che planetario. Rimaniamo il continente con il tasso più basso di vaccinazioni, pari ad appena il 15%, eppure abbiamo registrato il minor numero di morti e infezioni con un margine significativo che la comunità scientifica non riesce ancora a spiegare. Così spesso dalla parte sbagliata della storia e della speranza, questa nostra resilienza, autosufficienza e lunga, lunghissima storia dell’assistenza sanitaria comunitaria di base hanno improvvisamente fatto pendere la bilancia a nostro favore.

La storia della migrazione forzata attraverso la tratta transatlantica degli schiavi è il terreno su cui oggi si combattono in tutto il mondo le lotte per i diritti civili e per una società più civile. Con tutti i discorsi sulla decarbonizzazione è facile dimenticare che i corpi neri sono stati le prime unità di energia ad alimentare l’espansione imperiale europea che ha plasmato il mondo moderno. Equità razziale e giustizia climatica sono due facce della stessa medaglia.

Ma la speranza è una moneta potente. Essere fiduciosi significa essere umani. A livello profondamente personale, devo la mia presenza a questo tavolo oggi alle instancabili richieste di una società più giusta, più inclusiva e più equa per le quali hanno lottato le generazioni che mi hanno preceduto. La visione di una società moderna, diversificata e inclusiva è seducente e persuasiva, ma finché rimane un’immagine, resta solo un miraggio. È necessario qualcosa di più di una rappresentazione e gli architetti, storicamente, sono attori chiave nel tradurre le immagini in realtà.

In secondo luogo, La Biennale di Venezia è anche essa stessa una sorta di laboratorio del futuro, un tempo e uno spazio in cui si pongono interrogativi sulla rilevanza della disciplina per questo mondo – e per quello a venire. Oggi la parola “laboratorio” è più generalmente associata alla sperimentazione scientifica ed evoca immagini di un certo tipo di stanza o edificio. Ma l’analisi di Richard Sennett del termine “workshop” (qui inteso come bottega artigiana n.d.t), che ha la stessa radice etimologica di lavoro della parola “laboratorio”, approfondisce in un’ottica differente il concetto di collaborazione. Nel mondo antico, sia in Cina che in Grecia, la bottega artigiana era l’istituzione più importante per la vita civile. All’indomani della guerra civile americana, Booker T. Washington, un ex schiavo, elaborò un progetto in cui gli schiavi liberati e reduci dalla schiavitù avrebbero lasciato la loro casa, si sarebbero formati presso due istituti modello, l’Hampton e il Tuskegee Institutes, per poi tornare alle loro comunità di origine. È importante notare che durante questo trasferimento temporaneo la cooperazione sarebbe stata forgiata dall’esperienza diretta e dal contatto quotidiano con gli altri, da pari a pari. Pensiamo alla nostra mostra come a una sorta di bottega artigiana, un laboratorio in cui architetti e professionisti provenienti da un ampio campo di discipline creative tracciano un percorso fatto di esempi tratti dalle loro attività contemporanee che il pubblico, composto da partecipanti e visitatori, potrà percorrere immaginando da sé cosa può riservare il futuro.»

Il Presidente Roberto Cicutto ha dichiarato:

«Il mondo è sempre stato attraversato da incomprensioni culturali: sin all’inizio del ventesimo secolo l’Europa giudicava barbara e incomprensibile l’arte africana, e c’è voluta la provocazione delle avanguardie artistiche per obbligare gli europei a guardare con occhi diversi una maschera Bantù: che cosa fossero le statue dell’Isola di Pasqua lo sapevano solo le élite colte: la gente comune in Europa, e forse in Cina, giudicava deliranti e impudiche, quando gli capitava di vederne una foto, le sculture erotiche sui templi indiani: i cristiani si scandalizzavano perché i seguaci di altre religioni rappresentavano una loro divinità in forma di animale, dimenticando che l’Occidente cristiano ha per secoli rappresentato la terza persona della Santissima Trinità in forma di colomba.» (tratto da: Lectio Magistralis di Umberto Eco ai Ministri della Cultura, inaugurazione Expo di Milano nel 2015).

«Cito oggi queste parole, spiega Roberto Cicutto – perché credo che la 18. Mostra Internazionale di Architettura curata da Lesley Lokko avrà molte cose da dire anche su questi temi. Una sorta di aggiornamento sette anni dopo quell’appuntamento.

Lesley dimostra determinazione e coraggio anche nell’usare nel suo titolo due parole abusate ma insostituibili – “laboratorio e futuro” – per restituire la piena importanza del loro significato.

Coglierete come il suo approccio somigli molto alla proposta di un patto fra i visitatori della Biennale, il mondo dell’architettura e della cultura in generale. Una Mostra che partendo da premesse molto concrete e punti di vista molto precisi guarderà dritto negli occhi i rappresentanti dei Paesi partecipanti e tutti coloro che popoleranno i Giardini, l’Arsenale e la Città di Venezia. Il tutto per parlare al mondo, che è la vera ragione per cui un Curatore si assume la responsabilità di fare una Mostra Internazionale della Biennale.»

La 18. Mostra Internazionale di Architettura presenterà, come di consueto, le Partecipazioni Nazionali con proprie mostre nei Padiglioni ai Giardini e all’Arsenale, oltre che nel centro storico di Venezia. Anche per questa edizione si prevedono selezionati Eventi Collaterali, proposti da enti e istituzioni internazionali, che allestiranno le loro esposizioni e le loro iniziative a Venezia.

INFO

Sito web ufficiale della Biennale Architettura 2023: www.labiennale.org
Official hashtags: #BiennaleArchitettura2023 #IlLaboratorioDelFuturo #TheLaboratoryOfTheFuture

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