La mostra dal titolo RETI 2025 organizzata dall’Archivio Rachele Bianchi e da Isorropia Homegallery, presenta dal 6 al 30 novembre 2025 due serie fotografiche di Debora Garritani in dialogo con sculture e disegni di Rachele Bianchi, realizzando un inedito discorso a due voci.
Un confronto tra due artiste che, da tempi diversi, esplorano la rappresentazione della donna come spazio di cura, resistenza e trasformazione.
La mostra fa parte del ciclo Rete Aperta, un progetto espositivo continuativo con cui l’Archivio invita giovani artisti contemporanei a confrontarsi con l’opera di Rachele Bianchi, creando dialoghi tra linguaggi, epoche e sensibilità diverse. L’inedito confronto tra le artiste, attraverso tempi storici differenti, esplora la donna come simbolo tra vanitas contemporanea, tensione tra accettazione del tempo e pressione estetica. Figure materne e ammantate che trasformano la fragilità in forza: generatività, responsabilità e resistenza si intrecciano offrendo una critica ai modelli estetici contemporanei e invitando il visitatore a una riflessione sul rapporto tra corpo femminile e pressione sociale.
Con la prima serie fotografica in mostra Nihil sub sole novum (Nulla di nuovo sotto il sole) Debora Garritani reinventa la Vanitas in chiave contemporanea: elementi che rimandano alla tradizione pittorica come l’oro delle cornici, i riferimenti all’iconografia rinascimentale del ritratto, i cieli e i paesaggi ispirati a Raffaello, accanto ai simboli classici della Vanitas: il soffione, la bolla di sapone e il teschio che evocano la fugacità della bellezza, dei piaceri e della vita stessa. Così la vanità diventa lente critica sulla riduzione dell’essere a superficie. La serie richiama alla coltivazione di valori durevoli, alla responsabilità verso il sé autentico.
In Metaxis (Essere in mezzo) l’artista aggiunge un’altra profondità: la sospensione tra accettazione del tempo e pressione estetica. Nelle sue immagini la guaina è emblema di un conflitto interiore: custodia e costrizione insieme. Garritani immagina una società futura che, pur avendo restituito alle donne il potere civile, le vede imprigionate nei canoni ereditati dalla cultura patriarcale: figure quasi-manichino che inseguono una bellezza esasperata, generando frustrazione e alienazione. Le pose che rimandano alle Veneri rinascimentali mettono in luce il paradosso tra armonia antica e ideale artificiale e incontrollato.
Il dialogo con Rachele Bianchi attraversa questi spettri. I nudi degli anni Cinquanta affiorano come controcanto alla teatralità fotografica: il segno a matita di Bianchi restituisce il corpo come verità, come luogo di generatività, non soltanto biologica, ma etica e relazionale. Le figure materne di Rachele Bianchi portano il peso della quotidianità. Mescolando protezione e presenza, Bianchi offre una figura di resilienza che riecheggia e dialoga con Metaxis: dove Debora Garritani mostra la guaina come costrizione, Bianchi mostra il mantello come armatura. Per questo, in mostra, si aggiungono le figure ammantate degli anni Settanta: donne avvolte in mantelli che funzionano come armature. Questi mantelli non sono ornamentali ma strumenti di protezione, barriere contro “l’architettura” del mondo esterno.
Messo in relazione, il corpus espositivo approfondisce il tema della generatività in senso ampio: generatività come cura, come produzione di mondi, come pratica di responsabilità politica e affettiva. In chiave curatoriale, la disposizione può accentuare questi scambi, per esempio collocando la fotografia di Metaxis vicino alle ammantate per rendere palpabile la tensione tra costrizione e protezione, e disponendo le immagini di Nihil accanto ai nudi e alle figure materne per amplificare la riflessione sulla donna. L’accostamento non cerca sintesi definitiva, ma solleva domande: come si pratica oggi la responsabilità femminile in un mondo di immagini? In che modo la cura e la generatività resistono alle pressioni estetiche e alle architetture del potere e della società?
Al centro resta la donna come soggetto complesso: corpo, anima e storia. Le opere di Garritani e Bianchi mostrano che la responsabilità femminile non è un vincolo passivo né un cliché iconografico, ma una pratica viva, fatta di scelte, protezioni, creazioni e che trasforma il rapporto con il mondo e con il futuro.
LE OPERE
L’ARTISTA
Debora Garritani -Nata a Crotone nel 1983, si diploma in pittura e poi in fotografia all’Accademia di Belle Arti di Brera. Dal 2013 ha collaborato con il gallerista Enzo Cannaviello, con cui ha esposto in numerose mostre personali e collettive. Finalista al Premio Cairo 2014, nel 2024 vince il Premio VAF Stiftung, esponendo alla Stadtgalerie di Kiel e al MART di Rovereto. Ha esposto
in diversi musei e gallerie, tra cui il Museo Santa Giulia di Brescia, il Museo Riso di Palermo, il Museo Arcos di Benevento e il Palazzo della Permanente di Milano.
INFO
RETI 2025
6 – 30 novembre 2025
Archivio Rachele Bianchi |Via Legnano, 14 Milano










