Attraverso centinaia di opere d’arte e materiali d’archivio la mostra Sport. Le sfide del corpo indaga come le arti visive abbiano rappresentato il corpo nella pratica sportiva.
Seppur con significativi richiami all’antichità e alla nascita dei miti, il progetto insiste con particolare attenzione sulla produzione moderna e contemporanea.
Una nutrita selezione di capolavori appartenenti alle Collezioni del Mart dialoga con prestigiosi prestiti provenienti dalle maggiori collezioni pubbliche e private, come il Castello Sforzesco di Milano – Gabinetto dei disegni, il Museo del Novecento di Milano, il Museo Novecento di Firenze, il Museo Gypsotheca Antonio Canova di Possagno, il Polo Museale della Sapienza Università di Roma, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale – Collezione di arte contemporanea della Farnesina.
IL PERCORSO ESPOSITIVO
Il percorso espositivo è arricchito anche da documenti, oggetti, trofei, fotografie, illustrazioni, pubblicità, secondo quella prospettiva multidisciplinare che da sempre caratterizza il Mart.
8 le sezioni tematiche: Le origini, Corpo a corpo, In squadra, Oltre il limite, Nell’acqua, Corpi volanti/corpi danzanti, Correre, Al freddo.
In un viaggio che parte da lontano, la celebrazione del corpo muta attraverso i secoli. Dalle figure classiche rappresentate nelle sculture, nei vasi, nei piatti e negli oggetti dell’antichità, si arriva a quelle moderne e contemporanee sulle tele, nelle grafiche, nei video e nelle fotografie del XIX e del XX secolo. Le opere raccontano di come, da sempre, l’atleta sia una figura di rilevanza sociale, eroe in connessione con gli dèi nella Grecia antica, e nuovo idolo in competizione con i divi del cinema e della musica per tutto il Novecento e nella contemporaneità.
I corpi in movimento e in azione fotografati da Eadweard Muybridge e quelli statuari e vigorosi di Robert Mapplethorpe si alternano a quelli dinamici e più astratti di Umberto Boccioni, ma anche a quelli meno eroici, come il lottatore acefalo di Marino Marini che rifugge dall’esaltazione retorica della forza e del vigore.
In una prospettiva contemporanea, la mostra suggerisce che il corpo non sia solo strumento per fissare nuovi primati o per eseguire performance straordinarie. La competizione implica tensioni, fisiche ed emotive, e contrapposizioni, tra perfezione e cedimento, record e limite.
Se lo sport è fenomeno di massa per eccellenza, l’arte ha certamente contribuito all’iconografia del mito.
Dal “discobolo” di Mirone alle leggende contemporanee, la mostra evidenzia come il racconto del corpo nella performance sportiva abbia definito la nascita di eroi ed eroine, siano essi atleti o lottatori classici o icone del presente.
L’antichità riverbera per esempio nelle celebri fotografie che Mimmo Jodice ha scattato nei primi anni Novanta al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, o nei lottatori protagonisti della scultura Intervallo di Giulio Paolini (1985).
Decisamente contemporanee sono le atlete del Team Olimpico Statunitense ritratte dal fotografo Fabrizio Ferri. Sua l’opera scelta come immagine guida della mostra. Nello scenario surreale del deserto Mojave, in California, una saltatrice supera un ostacolo che non c’è. La fotografia appartiene alla serie ERA (1995), dea alla quale erano dedicati i Giochi Erei, le prime competizioni femminili che si svolsero a Olimpia a partire dal VI secolo a.C.
Nello spazio sportivo emergono tanto l’individuo, quanto il corpo collettivo o politico.
In mostra sono presenti i giochi di squadra, nelle opere di Massimo Campigli, Renato Guttuso, Annette Lemieux, Maurizio Cattelan o nelle fotografie che documentano la passione di Pier Paolo Pasolini per il calcio; le gare di atletica, nelle numerose fotografie d’epoca provenienti dagli Archivi Alinari o nella Stella di giavellotti di Gilberto Zorio; la lotta, il pugilato, il tiro con l’arco, il volo e lo sci. E ancora, le pratiche nelle quali il gesto si fa arte: i tuffi, il nuoto, la danza. I tuffatori nelle tombe antiche, quello futurista di Thayaht e quello monumentale di Mario Ceroli dialogano con i tuffatori moderni ripresi da Nino Migliori e con quelli contemporanei che oggi popolano le piscine del Foro Italico di Roma nelle opere di Isabella Balena e di Marzia Migliora, ma anche con il “nuotatore” di Studio Azzurro e con pattinatrici, ballerine e danzatrici, da Giannina Censi a Roberto Bolle.
Se è nel linguaggio coreutico che il movimento atletico è estetica, l’intera mostra è una ricerca sulla composizione visiva nella figurazione del moto sportivo.
Nella corsa contro i limiti, non mancano le automobili di Tullio Crali e Mimmo Rotella, le biciclette di Fortunato Depero, Mario Sironi, Ugo Nespolo, Titina Maselli, fino al concettuale Tentativo di volo di Gino De Dominicis. Ma anche le arene, le piste di atletica, i campi di gioco e gli stadi come nel video di Grazia Toderi.
Dedicata agli sport invernali l’ultima sezione di mostra approfondisce il rapporto con il turismo e la promozione dei territori alpini. Ma se le cartoline di Marcello Dudovich hanno un sapore vintage, la grande fotografia di Walter Niedermayr suggerisce una riflessione sui temi del presente, dall’iperturismo alla relazione con la montagna.
La ricerca dei curatori include anche preziosi documenti provenienti dall’Archivio del ’900 del Mart e dalle raccolte della Fondazione Alinari per la Fotografia, oltre a costumi, reperti, materiali. Alcuni oggetti appartenuti o utilizzati dai miti dello sport assumono quasi lo status di cimeli. È il caso, per esempio, delle biciclette di Gino Bartali (vincitore del Giro d’Italia nel 1936, 1937, 1946 e del Tour de France nel 1938, 1948), Fausto Coppi (vincitore del Giro d’Italia nel 1940, 1947, 1949, 1952, 1953 e del Tour de France nel 1949, 1952), Gastone Nencini (vincitore del Giro d’Italia nel 1957 e del Tour de France nel 1960) e la bicicletta con cui Francesco Moser il 23 gennaio 1984 a Città del Messico batte il record dell’ora superando il muro dei 50 chilometri.
Esposti anche un pallone da calcio degli anni Trenta, così diverso dai palloni utilizzati oggi; capi di abbigliamento tecnico realizzati da Missoni; il costume che Carla Fracci indossò per danzare La Sylphide nel 1983 e il costume di Arlecchino che Ferruccio Soleri ha vestito per più di 60 anni, entrando nel Guinness dei Primati come l’attore che più di tutti ha recitato lo stesso ruolo per una vita intera.
CURIOSITA’
Tra i “cimeli” esposti, spiccano le biciclette appartenute a Gino Bartali e a Fausto Coppi e il Costume de “La Sylphide” indossato da Carla Fracci.
Bicicletta di Bartali
Il telaio costruito da Galmozzi (Milano) intorno al 1933, è stato modificato dallo stesso Bartali per le gare in circuito, come testimoniato dall’attacco per il freno posteriore saldato successivamente. Date le scarse disponibilità economiche a inizio carriera, Bartali utilizzava questa bicicletta sia per le corse in pista sia su strada (specialmente in allenamento). Rivista successivamente dalla ditta Santamaria di Novi Ligure, la bicicletta venne verniciata con i colori dell’ultima squadra del campione e con il giallo e il rosa, in omaggio alle vittorie del Tour de France e del Giro d’Italia. Sul tubo piantone, l’adesivo del gatto con 3 zampe e una fiamma sulla coda rappresenta il marchio storico di AgipGas, creato da Federico Seneca nel 1952 per l’ENI (Ente Nazionale Idrocarburi), progenitore del cane a 6 zampe dell’Agip, compagnia italiana fondata da Enrico Mattei.
Bicicletta di Coppi
Bicicletta Bianchi modello pista usata da Fausto Coppi nelle gare ad inseguimento dal 1946, costruita alla fine del 1945, quando Coppi firmò il contratto con la Squadra Corse Bianchi, gli Aquilotti. Fu realizzata dal telaista Luigi Valsassina, la cui “firma d’autore” è l’accuratezza della lavorazione delle congiunzioni. La sperimentazione di nuovi materiali all’avanguardia è testimoniata dall’uso di una guarnitura BSA anglosassone in alluminio, utilizzata per ottenere una maggiore leggerezza nel ruotismo durante le gare in pista, e dai tubolari in seta che garantivano un maggior scorrimento. La sella è una Brooks B17. Nelle sue linee essenziali, priva di freni, cambio e leve, questa bicicletta da pista rappresenta la purezza estetica di un oggetto ideato per diventare un unico corpo con quello dell’atleta.
Costume de “La Sylphide” di Carla Fracci
Realizzato su bozzetto di Luisa Spinatelli, l’abito è ispirato allo storico costume indossato da Marie Taglioni, la prima grande ballerina romantica, nel 1836. Prodotto dalla Sartoria Brancato per lo spettacolo “Dalla Taglioni a Djagilev”, che debuttò al Teatro alla Scala nel 1983, venne successivamente indossato, sempre da Fracci, nel film “The Ballerinas” del 1985. Il costume de La Sylphide fu uno dei primi esempi di tutù romantico nella storia della danza classica, caratterizzato da una lieve trasparenza per meglio rappresentare la figura eterea della protagonista. Nella versione esposta al Mart i primi strati del tutù sono stati realizzati in un delicatissimo tulle di seta, che con la sua leggerezza accompagnava i movimenti di Fracci contribuendo a creare una dimensione irreale. Il candido corpino impunturato, decorato con un delicato mazzolino di fiori di tessuto, è caratterizzato da due sottilissime manichette di chiffon di seta e due piccole ali che rappresentano lo spirito del bosco, pensate per potersi staccare alla morte del personaggio. Al termine dell’ultima rappresentazione dello spettacolo, una delle due ali fu rubata da uno sconosciuto.
EVENTI
Da gennaio a marzo un calendario multidisciplinare approfondirà i temi della mostra, dal teatro, alla danza, passando per il cinema.
Già in agenda i primi due appuntamenti: a gennaio 2026 il Mart porta per la prima volta a Rovereto due spettacoli di grande successo del teatro contemporaneo italiano, entrambi in una nuova versione.
Sabato 24 gennaio alle 20.30 all’Auditorium Fausto Melotti andrà in scena il celebre First Love, di Marco D’Agostin. Già vincitore del Premio UBU 2018 e riallestito in occasione delle Olimpiadi e Paralimpiadi Invernali di Milano Cortina 2026, lo spettacolo è inserito nel Circuito Danza Trentino Alto-Adige Sudtirol curato dal Centro Servizi Culturali S. Chiara Trento.
In una rilettura della più celebre gara della campionessa piemontese Stefania Belmondo, la quindici chilometri a tecnica libera delle Olimpiadi di Salt Lake City 2002, Fist Love è un lavoro che si fa grido di vendetta, disperata esultanza, smembramento della nostalgia. Una sorta di risarcimento messo in busta e indirizzato al primo amore.
La settimana successiva, sabato 31 gennaio alle 20.30 al Teatro Zandonai, sarà la volta del celebre Italia-Brasile 3 a 2. Il ritorno, di Davide Enia, programmato nella Stagione Teatro del Comune di Rovereto. Anche in questo caso si tratta della nuova messa in scena di un celebre lavoro molto amato dal pubblico.
Italia-Brasile 3 a 2 opera su un doppio binario. Il primo è quello della coscienza collettiva, tramite il ricordo di un evento specifico che segna un atto identitario e comunitario. Il secondo è quello della coscienza intima, ovvero l’operazione privata di scomposizione e ricomposizione dei temi e dei sentimenti affrontati, rapportati al proprio vissuto. E poi c’è qualcosa che appartiene a una dimensione più profonda e misteriosa, legata a doppio filo con l’esistenza del teatro stesso: il rapporto tra i vivi e i morti.
CATALOGO
La mostra continua nel ricco volume, edito da Sagep, con saggi dei curatori Calbi e Ferrari, rispettivamente sulla mostra e sulla danza, a cui si aggiungono i testi di Anthony Majanlathi e di Massimiliano Papini su sport e antichità, di Sergio Risaliti su sport e arte contemporanea, di Paolo Mereghetti sullo sport nel cinema, di Luigi Di Fronzo per la musica, di Riccardo Nencini sul ciclismo, di Duccio Dogheria sulla grafica pubblicitaria. Infine a cura di Federico Zanoner lo scritto su Thayaht e Depero. L’opera si completa con il catalogo delle opere suddiviso per sezioni, con testi di Annalisa Casagranda.
EXHIBITION VIEW
INFO
SPORT. LE SFIDE DEL CORPO
A cura di Antonio Calbi, Daniela Ferrari
Mart, Rovereto Fino al 22 marzo 2026
Nell’ambito di Olimpiade Culturale di Milano Cortina 2026 e di Combinazioni_caratteri sportivi, Provincia autonoma di Trento.
























