Recensione: Vulci. Produrre per gli uomini. Produrre per gli dèi alla Fondazione Luigi Rovati di Milano

Vulci. Produrre per gli uomini. Produrre per gli dèi, è la mostra che inaugura il ciclo dedicato alle Metropoli etrusche di Fondazione Luigi Rovati di Milano.

Vulci è tra le più dinamiche città dell’Etruria meridionale costiera, e si distingue per la produzione di raffinati bronzi e ceramiche e per le imponenti sculture in pietra e terracotta. Questo dinamismo alimenta una estesa rete di rapporti commerciali e di scambi culturali con gli altri centri etruschi e mediterranei, a sua volta stimolo per la stessa produzione artistica e artigianale locale. Nella continuità della visione della Fondazione che vede l’arte come continuum storico fra antico e contemporaneo, nelle opere esposte Giuseppe Penone plasma la materia-tempo con le proprie mani, in un antico gesto che diventa esso stesso scultura contemporanea.

La ricostruzione del valore di Vulci come metropoli, dalle sue origini fino alla conquista romana, permette di ricostruire parallelamente l’evoluzione antropologico-culturale delle élites dominanti, degli artigiani-artisti e di tutta la popolazione vulcente.
Con la mostra della Fondazione Luigi Rovati si vuole costruire un percorso che, accanto a una selezione di reperti inediti appartenenti alla collezione della Fondazione, espone capolavori provenienti dalle collezioni di importanti istituzioni pubbliche ed enti privati, a conferma della attrattività del progetto espositivo che la Fondazione esercita fin dalla sua apertura.

I COMMENTI

Giovanna Forlanelli, Presidente della Fondazione Luigi Rovati: «Questa mostra è l’esito dell’attività di studio e ricerca, anche grazie alla collaborazione d’indirizzo del Comitato Scientifico, che la Fondazione ha condotto sin da prima dell’apertura del Museo d’arte sostenendo e finanziando Università e Centri di ricerca italiane e internazionali.»

Giuseppe Sassatelli, Presidente dell’Istituto Nazionale di Studi Etruschi ed Italici: «Vulci inaugura il ciclo di mostre Metropoli etrusche dedicato ad alcune delle principali città etrusche intese non solo come realtà urbanistiche, ma anche come luogo della complessità storica, secondo l’efficace definizione del greco Tucidide, per il quale “gli uomini sono la città, non le mura o le navi vuote di uomini”. Gli Etruschi sono il “popolo delle città”, quelli che le inventarono superando l’antico modo di abitare per villaggi tipico della preistoria e sono quelli che l’applicarono in tutte le loro terre, dal Po nella pianura padana, al Sele in Campania, passando ovviamente per l’Etruria Tirrenica di Tarquinia, Vulci e Chiusi. La mostra illustra temi particolarmente significativi della città come le produzioni artistiche e le relazioni commerciali, le manifestazioni religiose e il rituale funerario, specchio della società e delle sue trasformazioni storiche, anche alla luce di nuove e più recenti scoperte. Non trascurando nuove modalità di valorizzazione della città e dell’area archeologica in una preziosa collaborazione tra istituzioni pubbliche ed enti privati. La mostra è stata concepita e realizzata non solo per gli addetti ai lavori, ma anche e soprattutto per un pubblico colto e interessato, sia nella scelta dei temi da illustrare che nella comunicazione, ancora una volta in linea con i princìpi fondanti della Fondazione Luigi Rovati.»

Laura M. Michetti, Professoressa ordinaria di Etruscologia e Antichità italiche presso il Dipartimento di Scienze dell’Antichità della Sapienza Università di Roma, dichiara: «La mostra si inserisce in un momento molto felice di ripresa degli studi sulla città di Vulci, tra le più importanti d’Etruria ma che ha sofferto più di altre la dispersione nei musei di tutto il mondo di una grande quantità di reperti, soprattutto in seguito agli scavi ottocenteschi. Su impulso della Sapienza Università di Roma, in collaborazione con École française de Rome e con i diversi organi del Ministero della Cultura e con gli enti locali, studiosi e giovani ricercatori si sono di recente confrontati con il recupero della documentazione d’archivio nell’intento di ricomporre e ricontestualizzare il ricchissimo patrimonio archeologico della grande città etrusca. Le più recenti attività di ricerca confermano il ruolo di primo piano svolto da Vulci in un più ampio contesto mediterraneo, un ruolo che i reperti in mostra, alcuni dei quali esposti qui per la prima volta, contribuiscono a illuminare.»

LE SEZIONI

Simulacri di immortalità
In una città in cui nella fase più antica è prevalente il rito della cremazione che distrugge il corpo, si afferma una straordinaria modalità di ricomporre la fisicità distrutta del defunto attraverso cinerari che Io evocano, preludendo ai successivi canopi di area chiusina; o anche attraverso la confezione con materiali diversi – legno, bronzo e altro – di figure umane stilizzate, veri e propri idoli o simulacri con riferimento aII’aIta classe sociale di cui sono espressione.

Artigiani immigrati, artigiani locali
Le grandi potenzialità produttive della città, unite alle sue vaste relazioni mediterranee, generano una straordinaria serie di intrecci. Dal Mediterraneo arrivano merci, ma anche artigiani che cambiano il modo di produrre della città, ma con la persistenza di presupposti identitari. Gli artigiani che arrivano da fuori innovano con le Ioro tecniche più avanzate il modo di produrre del posto, ma nello stesso tempo si mettono al servizio delle esigenze locali nelle scelte iconografiche e ideologiche.

Il paesaggio liminare
Grande attenzione viene dedicata dalla produzione artigianale della città al momento della morte, intesa come passaggio verso l’aIdiIà. Ad esso è destinata una consistente produzione di sculture in pietra per le quali si utilizza un tufo locale, il nenfro, molto compatto, per realizzare animali reali o fantastici con iconog rafie desunte daII’oriente (felini, sfingi), ma utilizzate per evocare una landa piena di pericoli e popolata da belve, che il defunto doveva superare per raggiungere queII’aIdiIà sereno nel quale poteva ricongiungersi ai propri cari morti prima di lui.

Da Atene a Vulci: immagini in viaggio
Un ruolo speciale ebbero le relazioni tra Vulci e Atene, per la quantità e la straordinaria qualità delle ceramiche attiche importate e per il profondo intreccio tra le immagini veicolate da queste ceramiche da un lato, le ideologie e i presupposti culturali della città dall’altro. Si è ormai consolidata l’ipotesi di relazioni che vanno al di là del semplice meccanismo di scambio commerciale coinvolgendo artigiani e botteghe nelle scelte produttive e nella elaborazione di immagini e racconti.

Bronzi per guerra, bronzi per la pace
L’ambito produttivo più importante e quasi identitario della città di Vulci era quello della lavorazione del bronzo. Gli esperti bronzisti della città producevano sia armi (elmi, spade, corazze, schinieri) sia oggetti e utensili per la cerimonialità cittadina e per la vita quotidiana (vasellame per il banchetto, elementi di arredo come tripodi e candelabri), oltre che oggetti di ornamento legati al mondo femminile come anelli, orecchini, specchi, altri strumenti da toeletta.

Devozioni di argilla
La perizia artigianale delle officine vulcenti si riverbera anche in una straordinaria produzione di terrecotte legate al sacro, sia per l’arredo di edifici di culto le cui pareti lignee erano ricoperte da raffinate terrecotte architettoniche, sia per le pratiche devozionali. La mostra è occasione per esporre l’importante lastra architettonica del frontone di un tempio con Dioniso e Arianna, ricostruita e inserita per la prima volta esattamente nel punto in cui era sistemata in antico.

IL PROGETTO VULCI 3000

Nel Padiglione d’arte nel giardino è presentato il progetto Vulci 3000. Ricostruire oggi una metropoli etrusca. Sostenuto dalla Fondazione Luigi Rovati, il progetto, nato nel 2014 per iniziativa della Duke University di Durham (NC, USA) sotto la direzione del professore Maurizio Forte, ha l’obiettivo di indagare le fasi urbane della città etrusca e romana di Vulci attraverso nuovi scavi archeologici, lo studio diacronico del paesaggio e indagini non invasive.

Un modello in stampa 3D (in prestito dal Museo delle Antichità etrusche e italiche, Polo Museale Sapienza, Sapienza Università di Roma) riproduce l’area dell’antica città etrusca e romana di Vulci, dal vasto pianoro vulcanico all’area di insediamento urbano vero e proprio, fino alle vaste necropoli utilizzate dall’età del Ferro all’età romana imperiale. Alcune proiezioni consentono di apprezzare il progredire nel tempo delle ricerche nell’area: dalla cartografia ottocentesca alle fotografie aeree degli anni Settanta del Novecento fino ai nostri giorni. Inoltre, è presentata una selezione dei materiali video prodotti negli anni con diverse tecnologie dal team di “Vulci 3000” per raccontare i risultati di queste ricerche, che consegnano così una ricostruzione generale dell’impianto di Vulci e una panoramica delle possibilità delle nuove tecnologie per gli scavi contemporanei.

SCORE

OPERE: 7,50 – Importante e preziosa è la raccolta di opere presenti nelle varie sezioni della mostra.
Tra i reperti più significativi e rappresentativi la coppia di mani in lega d’argento, oro e rame, il collarino in osso, appartenente a uno Sphyrelaton, o statua polimaterica, rinvenuto nel 2013 nella necropoli dell’Osteria; gli ossuari in terracotta inediti della collezione della Fondazione Rovati; per la prima volta esposti insieme un nucleo di ceramiche attribuite al Pittore delle Rondini; tra i bronzi inediti un candelabro e due colini della Fondazione Rovati, la spada con fodero e l’imponente urna biconica ed elmo-coperchio in bronzo proveniente dagli scavi Mengarelli della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma, la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale; la Maschera-visiera in bronzo, un unicum per l’Etruria, probabilmente di uso cerimoniale, proveniente dai Musei Vaticani; imponente l’inedito Pilastro figurato in nenfro della Collezione Castiglione Bocci di Ischia di Castro; parimenti straordinaria la ricostruzione dell’edicola di Ponte Rotto dedicata alla coppia Dionisio ed Arianna, dal 1889 parte delle raccolte del Museo Archeologico Nazionale di Firenze e mai più esposta in Italia dal 1966.

In dialogo con i reperti etruschi due opere contemporanee di Giuseppe Penone della collezione della Fondazione Rovati e inedite per pubblico italiano: Cocci, del 1982 e Colonna di menti, del 1981.

ALLESTIMENTO: 8,00 – Il salone al piano -1 della Fondazione offre una forte suggestione di luci e ambienti. Le opere e i manufatti etruschi sono esposte in sei sezioni e sono posizionati in bacheche e vetrine che creano riflessi e dialoghi di luce e forme. Interessante sono le scritte laser delle vetrine della sezione “Devozioni D’Argilla”.

Interessante è anche il modello 3d e le proiezioni della sezione Vulci 3000

CATALOGO: 8,00 – Il catalogo che accompagna la mostra edito da Fondazione Luigi Rovati è un attento e ampio approfondimento dei temi e del percorso espositivo proposti nella mostra. Tanti i testi storici e gli approfondimenti curati da Mario Abis, Simona Carosi, Carlo Casi, Alessandro Conti, Sara De Angelis, Maurizio Forte, Christian Mazet, Laura M. Michetti, Giuseppe Penone, Chiara Pizzirani, Carlo Regoli, Maurizio Sannibale, Giuseppe Sassatelli, Giuliano Sergio. Un documento importante e storico sulle metropoli etrusche per meglio conoscere la loro civiltà, le loro città e il loro stile di vita.

COMPLESSIVO: 7,50 – Vulci è una sorpresa. Un interessante viaggio nel passato per una narrazione e una sottolineatura sulle metropoli Etrusche e sullo stile di vita dei loro abitanti, che va a creare un preciso e argomentato racconto visivo e storico dell’Etruria.

PAROLE CHIAVE: Etruria, simulacri, bronzi, argilla,

EXHIBITION VIEW

INFO

Vulci. Produrre per gli uomini. Produrre per gli dèi
20 marzo – 4 agosto 2024
Fondazione Luigi Rovati
Museo d’arte – Corso Venezia 52, Milano
www.fondazioneluigirovati.org

Crediti fotografici: Daniele Portanome per Fondazione Luigi Rovati (c) Giuseppe Pennone by 2024

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