La mostra Piet Mondrian. Dalla figurazione all’astrazione, al MUDEC di Milano dal 24 novembre 2021 al 27 marzo 2022, porta per la prima volta a Milano un progetto espositivo interamente dedicato all’artista olandese e al processo evolutivo artistico che lo portò dalla figurazione all’astrazione, dalla tradizione del paesaggio olandese allo sviluppo del suo stile unico, che l’ha reso inconfondibile e universalmente celebre.
La mostra, prodotta da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, promossa dal Comune di MilanoCultura e con il patrocinio del Consolato dei Paesi Bassi a Milano, è stata realizzata grazie alla collaborazione del Kunstmuseum Den Haag, detentore della più importante collezione di opere di Mondrian al mondo, e che ha prestato sessanta opere, scelte tra quelle di Mondrian,
degli artisti della Scuola dell’Aja e dei designer De Stijl. In mostra anche due opere di Mondrian
provenienti dal Museo del Novecento di Milano – un esempio delle poche opere dell’artista
presenti in collezioni italiane – e un quadro neoplastico proveniente dal National Museum of
Serbia di Belgrado.
Con il concept del direttore del Kunstmusem Benno Tempel e con la curatela di Daniel Koep, Head of Exhibitions, e di Doede Hardeman, Head of Collections, il percorso prende vita e si snoda attraverso sezioni tematiche. Una chiave di lettura visuale e dunque immediata dell’evoluzione stilistica dell’artista, utile alla comprensione delle stesse opere interamente astratte del suo ultimo periodo.
Filo conduttore su cui si esplica il confronto tra le opere del primo periodo “figurativo” a quelle del periodo “astratto” è quello del paesaggio, con confronti tra le sue opere e quelle dei pittori della “Scuola dell’Aja”, un gruppo di artisti operanti nella città olandese tra il 1860 e il 1890, ampiamente influenzati dal realismo della scuola di Barbizon, e secondo la cui maniera Mondrian aveva cominciato a dipingere.
Una sezione della mostra sarà dedicata a “De Stijl” (Lo Stile), movimento sorto nei Paesi Bassi nel 1917 su iniziativa dello stesso Mondrian e di Theo van Doesburg e attivo ancora alle soglie degli anni Trenta, che innovò arte, architettura e design, con opere – tra gli altri – di Gerrit Thomas Rietveld.
LA MOSTRA
I dipinti di Piet Mondrian (1872-1944), per i quali il maestro olandese è celebre quale indiscusso pioniere dell’arte “astratta”, sono in realtà il risultato di una lunga ricerca di equilibrio e di perfezione formale, di una progressiva evoluzione stilistica che ha il suo punto di partenza nel naturalismo e nell’impressionismo e che passa poi via via attraverso il postimpressionismo, i fauves, il simbolismo e il cubismo.
In tale contesto, una parte centrale, benché meno nota, della sua produzione è la pittura di paesaggio: immagini che raffigurano in particolare aspetti caratteristici della natia Olanda. Prevalenti in tutta la prima fase della sua carriera di artista, i paesaggi vengono successivamente affrontati da Mondrian con una varietà di stili e di tecniche che attestano non solo l’influenza di vari movimenti artistici, ma anche la sua ricerca di un’espressione
personale.
MONDRIAN PRIMA E DOPO IL 1908
Dal 1892 al 1895 Mondrian ricevette una formazione artistica tradizionale presso la Rijksakademie van Beeldende Kunsten (l’Accademia Statale di Belle Arti) ad Amsterdam dove seguì corsi di disegno dal vivo, pittura di natura morta e teoria dell’arte. Nel tempo libero però si dedicò completamente alla pittura di paesaggio. Dopo il diploma, quando non era impegnato in lavori su commissione o dando lezioni di disegno per mantenersi, Mondrian disegnava i paesaggi appena fuori Amsterdam. Il piatto paesaggio olandese si presta bene alla ricerca dei contrasti.
Con elementi enfaticamente verticali, come gli alberi e i mulini a vento, questi primi paesaggi mostrano come Mondrian giocasse con ritmo e ordine sulla tela già molti anni prima delle sue opere astratte.
A partire dal 1900 Mondrian abbandonò progressivamente la rappresentazione fedele della natura, per sperimentare forme e colori. Utilizzando gli elementi verticali e orizzontali del paesaggio, Mondrian esplorò la possibilità di ridurre il mondo che lo circondava alla sua essenza assoluta: un ritmo di piani, colori e linee.
Dal 1908 il lavoro di Mondrian divenne sempre più radicale e il suo bisogno di innovare si fece più evidente. Voltò le spalle ai paesaggi naturalistici e trovò ispirazione nella teosofia e nelle novità artistiche provenienti dall’estero. Sotto questi influssi, il suo lavoro attraversò diverse fasi.
Mondrian dipinse molteplici variazioni di diversi temi, come il faro, il mulino a vento, i paesaggi marini e le dune. Di tela in tela, si avvicinava sempre più all’“essenza” dell’immagine.
Nel 1912, per concentrarsi pienamente sull’innovazione nella sua pittura, Mondrian si stabilì a Parigi. Aveva quasi quarant’anni ed era uno dei pittori di paesaggio più noti nei Paesi Bassi, ma a Parigi agli inizi era un artista sconosciuto. Le opere dei suoi primi anni parigini sono grigie e influenzate dal cubismo di Pablo Picasso e Georges Braque. Questa direzione lo condusse alla fine a ridurre il suo linguaggio espressivo a nient’altro che linee rette, colori primari e piani rettilinei. Chiamò questo stile Neoplasticismo.
Mondrian rimase nella tradizione della pittura realista olandese. Nelle sue prime opere fu un realista figurativo e come – amava dire – nelle opere più tarde, un realista astratto. Dichiarò nel 1942: “Per me non c’è differenza tra i primi e gli ultimi lavori: fanno tutti parte della stessa cosa.
Non sento la differenza tra il vecchio e il nuovo nell’arte come tale, ma come continuità”.
Esibendo dipinti che coprono tutte le fasi della carriera artistica di Mondrian e argomentandone il passaggio dalla pittura figurativa all’astrattismo, questo progetto presenta il maestro olandese come uno dei più importanti coloristi del suo tempo e uno dei maggiori maestri della pittura novecentesca. La mostra, dunque, invita il visitatore a scoprire i capolavori di Mondrian secondo una diversa e inusuale chiave di lettura.
Quella di poter ammirare opere di Mondrian in Italia è un’occasione che capita di rado.
Nei musei italiani d’arte moderna e contemporanea è scarso il numero delle opere dell’artista che pure è stato una figura centrale dell’arte internazionale del XX secolo, contribuendo a farne la storia. Le poche opere del maestro olandese conservate in Italia (il Faro a Westkapelle del Museo del Novecento a Milano ed esposto in mostra; la Composizione A della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea a Roma; Impalcatura, Oceano 5 e Composizione con grigio e rosso della Collezione Peggy Guggenheim a Venezia), se da una parte fanno rimpiangere ancor più tale lacuna, dall’altra, con la loro bellezza, costituiscono uno stimolo ulteriore ad allargare e ad approfondire la conoscenza dell’opera di questo artista, e dunque ad apprezzare meglio
l’opportunità – pressoché unica a molti anni di distanza dall’ultima monografica a lui dedicata – che questa nuova mostra offre al pubblico italiano.
EFFETTO MONDRIAN. RIFLESSI NEOPLASTICI SUL DESIGN
L’influenza che il Mondrian della fase neoplastica ha avuto sul mondo del design è ampia e riguarda molte delle sue diramazioni: dall’arredo alla grafica, dall’interior all’exhibition design, fino ad arrivare addirittura alla moda (basti pensare alla collezione-tributo di Yves Saint Laurent del 1965).
In questo percorso il design italiano ha svolto un ruolo centrale: è grazie a produttori e pensatori del Made in Italy che molte di queste influenze hanno avuto la possibilità di realizzazione.
In mostra un affondo curato dalla storica del design Domitilla Dardi presenta tre risvolti dell’‘Effetto Mondrian’:
- la relazione tra De Stijl e Gerrit Rietveld, autore della poltrona Red and Blue, raccontata
attraverso le riedizioni filologiche di Cassina, con i prototipi originali dei primi anni ’70
dai quali è poi scaturito il successo della celebre icona; - la fortuna critica di Mondrian nella cultura artistica italiana, con i materiali che illustrano
la prima personale del 1956 allestita da Carlo Scarpa alla GNAM di Roma, vero omaggio
del maestro italiano al genio olandese; - l’influenza del “pattern Mondrian” sugli autori contemporanei, come nel contenitoretributo di Shiro Kuramata prodotto da Cappellini.
MONDRIAN E LA MUSICA. LA VIDEO INSTALLAZIONE
Mondrian tornò a Parigi nel giugno 1919. L’arte fu la ragione principale di questo ritorno, ma
l’artista apprezzava anche quello che la vita notturna della città poteva offrire.
Mondrian si appassionò in maniera particolare al jazz. Trovò molte analogie tra i suoi quadri e
le jazz band: gli uni e le altre fortemente organizzati, lasciavano spazio anche alla rottura e
all’improvvisazione. L’intuizione era fondamentale sia per l’artista sia per i musicisti jazz.
Inoltre, come i quadri neoplastici non facevano riferimento al mondo naturale, così la musica
jazz era solo ritmo in libertà, senza alcuna allusione a una trama. In poche parole, Mondrian
aveva trovato nel jazz l’equivalente musicale del neoplasticismo.
Inoltre, quelli erano gli anni in cui si affacciarono sulla scena europea i cosiddetti “rumoristi”,
che proponevano suoni artificiali, rumori prodotti dalle macchine, e che sono da considerarsi
gli antesignani della moderna musica elettronica.
La video installazione presente in mostra – a cura di Storyville – illustra in maniera suggestiva
il rapporto tra le opere neoplastiche di Mondrian e la musica; amplifica infatti nel visitatore le
possibili chiavi di lettura della poetica di Mondrian declinate non solo nella dimensione
spaziale, sicuramente più vicina e immediata all’espressione pittorica, ma anche nella
dimensione musicale.
INFO
PIET MONDRIAN
Dalla figurazione all’astrazione
Dal 24.11.2021 – 27.03.2022
Mudec – Museo delle Culture
via Tortona 56, Milano