Fondazione Elpis presenta fino al 23 luglio 2023 nei nuovi spazi di Milano, in via A. Lamarmora 26, la mostra Chì ghe pù Nissun! (Qui non c’è più Nessuno!) con opere di Bekhbaatar Enkhtur, Martina Melilli, Matteo Pizzolante e Agnese Spolverini.
Attraverso una serie di installazioni appositamente realizzate per la Fondazione, Chì ghe pù Nissun! raccoglie le ricerche e le sperimentazioni di quattro artisti tra loro differenti per provenienza, formazione e pratica: Bekhbaatar Enkhtur (1994, Ulaanbaatar, Mongolia), Martina Melilli (1987, Piove di Sacco), Matteo Pizzolante (1989, Tricase) e Agnese Spolverini (1994, Viterbo).
Accomunati dall’aver partecipato nel corso del 2022 al programma di residenze A Sud di Marte – promosso da Ramdom in collaborazione con Fondazione Elpis presso gli spazi di KORA-Centro del Contemporaneo a Castrignano de’ Greci (Lecce) – gli artisti portano a Milano una rilettura di questa esperienza di ricerca e produzione, ampliando ed estendendo la riflessione sul concetto di ‘Meridione’ e sulle sue implicazioni geografiche, storiche e socio-antropologiche, rimettendo in gioco il rapporto dicotomico tra città e provincia e i modelli produttivi e di consumo che queste storicamente rappresentano.
IL TITOLO DELLA MOSTRA
Il titolo della mostra Chì ghe pù Nissun! prende le mosse da un’esclamazione pronunciata in dialetto milanese dal proprietario di una bottega storica di via Orti durante una conversazione sui cambiamenti e le trasformazioni del quartiere. Una frase che si potrebbe ascoltare nel cuore di Milano così come in un paese del sud Italia – con motivazioni differenti e per certi versi opposte – e che sottolinea un parallelismo tra i cambiamenti in corso nelle aree rurali e quelli del tessuto urbano, mettendo in luce il carattere globale che tali mutamenti assumono al giorno d’oggi.
A Sud di Marte – titolo della residenza da cui trae origine la mostra – evoca la visione di una meta remota e dalla localizzazione incerta, un Sud luogo di scoperta, di sperimentazione di una nuova metodologia e di un diverso approccio alla pratica artistica che parte da una riflessione più ampia sul territorio. Chì ghe pù Nissun! nasce dall’esperienza vissuta dagli artisti a Castrignano de’ Greci ed evolve attraverso il confronto con un contesto radicalmente diverso, quello di un quartiere in piena trasformazione all’interno di un grande centro urbano.
Il racconto che emerge dalle opere in mostra evoca uno spettro complesso e multiforme, una polifonia di sguardi e approcci molto diversi fra loro pur essendo nati nel medesimo contesto. L’esposizione trova in questa diversità di pratiche una chiave di lettura che permette di costruire una narrazione che, partendo dai luoghi della residenza, giunge fino al centro di Milano per dare voce a nuove storie e nuove prospettive.
Dopo aver esplorato il panorama artistico contemporaneo dell’Asia meridionale con HAZE. Contemporary Art From South Asia – mostra inaugurale della sede di Milano – con Chì ghe pù Nissun! Fondazione Elpis presenta un progetto inedito che coinvolge quattro artiste e artisti emergenti attivi in Italia. Questo per dare continuità alla missione e alla linea di ricerca alla base della progettualità della Fondazione: sostenere, promuovere e valorizzare il lavoro di giovani artisti creando nuove opportunità di crescita e visibilità.
Chì ghe pù Nissun! è anche l’occasione per proseguire l’indagine sull’evolversi dei linguaggi espressivi fuori dai circuiti tradizionali dell’arte e sullo sviluppo di scene alternative nate intorno a piccoli centri e associazioni culturali. Una linea di ricerca che Fondazione Elpis porta avanti dal 2020 in particolare con il progetto Una Boccata d’Arte, diffuso in tutta Italia.
LE OPERE
La riflessione sul territorio per Bekhbaatar Enkhtur non può che cominciare dal suo paese d’origine, la Mongolia, la cui cultura e iconografia hanno un ruolo centrale nella pratica dell’artista. Nel corso della residenza a Castrignano de’ Greci si ispira ai primi viaggiatori occidentali, gli esploratori che dal mondo “conosciuto” si spingevano fino al lontanissimo “Oriente”, ai confini di ciò che allora era ignoto, raccontandone le meraviglie e le tradizioni. La pratica di Enkhtur è modulata quindi sulle note del viaggio e della scoperta. Fountain è una scultura ispirata ai racconti del missionario fiammingo Guglielmo da Rubruck che tra il 1253 e il 1255 si era spinto fino al palazzo del Khan, a Karakorum. Qui, secondo il racconto di da Rubruck, i viaggiatori venivano accolti in un giardino dove al centro sorgeva una grande fontana, descritta come “l’albero in argento”, decorata da putti, trombe, leoni e serpenti, dalle cui bocche scorrevano vino, latte, liquore di riso e una bevanda a base di miele. Un simile congegno, molto di più di una semplice scultura ornamentale, serviva per distribuire inebrianti bevande, per intrattenere i convitati durante le feste o gli ospiti alle udienze. Fountain ripropone lo stesso scenografico gioco di forme ed elementi, sviluppandosi su due piani della Fondazione. Come la fontana del cortile del palazzo di Karakorum accoglieva viaggiatori, commercianti e diplomatici, l’opera di Enkhtur invita i visitatori a perdersi fra le sue forme sinuose e a servirsi del vino che sgorga dai suoi zampilli. La ricerca di Enkhtur rivela così un altro approccio allo spazio e al territorio, non più fisico, né mistico, né biografico, ma immaginifico.
Martina Melilli sviluppa una ricerca sul campo prendendo in prestito tecniche e approcci dal mondo del documentario e dell’antropologia. Durante la sua permanenza in Salento indaga le declinazioni mistiche legate al concetto di controra, il momento della giornata relativo alle prime ore del pomeriggio, quelle più calde, dove le attività umane sfumano nel torpore, il tempo rallenta e si carica di suggestioni, leggende, fantasmi e spiriti. Adottando lo stesso approccio, l’artista avvia un’indagine sulla memoria dell’ex lavanderia che ospita Fondazione Elpis, delle persone e delle storie che l’hanno abitata e che ne hanno costruito l’identità. Il poco che è stato possibile ricostruire lo si deve alle testimonianze degli abitanti storici e dei proprietari delle botteghe del quartiere, i soli a custodire ancora oggi la memoria di questo spazio. È il caso del Signor Ercole, classe 1940, dai cui racconti è preso anche il titolo della mostra, Chì ghe pù Nissun!. Per colmare ciò che la loro memoria non può ricordare, l’artista si è affidata a una medium, Cristina Pasqualini, e ad un metafonista, Antonio Fois, per fare emergere la memoria stratificata di questo luogo scavando nelle sue “altre” dimensioni storiche.
A simboleggiare questa ricerca parallela, tre frasi affiorano da alcune pareti. Sono citazioni prese da testi fondativi della disciplina spiritista e non solo, che evocano l’idea della tangibilità e del contatto con altre dimensioni. Alcuni di questi testi sono consultabili nello spazio espositivo e formano una piccola biblioteca. La composizione fotografica al piano terra ritrae un fantasma che cammina sul confine fra luce e ombra in piena controra per le strade di Castrignano de’ Greci. Se come scrive Avery Gordon “dietro ogni spettro c’è una ferita da curare” l’artista si chiede se questa ferita possa valere anche per un luogo.
Matteo Pizzolante scava nella memoria del territorio attraverso una ricerca che assume toni biografici. Di origine salentina, durante la residenza a Castrignano de’ Greci l’artista decide di approfondire l’eredità famigliare di storie e racconti e indagare sulla vicenda di un albergo appartenuto a suo nonno. A partire dalle testimonianze di alcuni parenti, l’albergo Aurora, abbandonato dai primi anni Novanta, è stato ricostruito utilizzando un software di modellazione 3D da cui l’artista ha ricavato immagini che ha poi stampato in cianotipia su alcune porte. L’albergo diventa quindi l’inizio di un processo di analisi personale e collettiva che si fa specchio delle dinamiche storico-sociali di un territorio.
In mostra nell’ex lavanderia, Pizzolante interagisce con elementi strutturali dell’edificio inserendovi oggetti di tipo scultoreo e facendo così dialogare l’ambiente ricostruito dell’albergo con lo spazio che lo ospita. L’installazione trova un suo completamento attraverso la scoperta di un albergo omonimo a Milano, dove Pizzolante ha trascorso una notte, trasformando per quelle ore la sua stanza in uno studio d’artista. Qui, con la strana sensazione di essere turista nella propria città, ha scelto degli oggetti, come le maniglie delle porte e i portachiavi, e ne ha realizzato dei calchi che ha poi integrato nel flusso narrativo del suo lavoro. Gli stessi oggetti sono stati inseriti in vetrofanie che l’artista ha realizzato creando delle nuove immagini, in cui le atmosfere dei due alberghi dialogano come in una foto a doppia esposizione. Aurora si presenta quindi come una sorta di progettazione della memoria, dove i software solitamente impiegati per creare immagini che rimandano a situazioni abitative future vengono qui utilizzati per ricostruire un passato fatto di ricordi.
Con Agnese Spolverini l’osservazione delle geografie dell’abitare prende la forma concreta dei materiali che plasmano il paesaggio. Nell’opera di Spolverini il rapporto con il territorio diventa fisico. È la pietra a trasformarsi in corpo: da un lato la pietra leccese bianca, liscia e lucida, dall’altro il tufo poroso, scuro e vulcanico. La prima incontrata durante la residenza in Puglia e fino a quel momento a lei sconosciuta, il secondo tipico della terra natale dell’artista, la Tuscia. La prima dura, perfetta per costruire in altezza, il secondo friabile e che insegna per sua natura a scavare tane nel profondo. Due tipologie geologiche diverse eppure vicine. Entrambe, infatti, evocano l’idea di un abitare decentrato con tutte le implicazioni che questo porta con sé, come la necessità di trovare un equilibrio tra tutela del territorio e apertura al mondo esterno. In Insediamento, l’opera presentata in mostra, l’immagine di una parete di tufo è stampata su tessuto in modo da formare una membrana cilindrica, un contenitore permeabile e attraversabile. Al suo interno si può ascoltare una composizione poetica realizzata dall’artista, ispirata a esperienze personali e allo stesso tempo a testi teorici e saggi come “Riabitare l’Italia” che affrontano l’idea del vivere lontano dal centro, in un ecosistema a contatto con la natura. Il lavoro di Spolverini non vuole fornire risposte ma cerca piuttosto di mettere in discussione visioni consolidate sull’abitare attraverso l’unione di esperienza diretta e contributi di studiosi.
GLI ARTISTI
Bekhbaatar Enkhtur (1994, Ulaanbaatar, Mongolia) ha studiato scultura all’Accademia di Belle Arti di Bologna, città in cui vive. È stato artista in residenza a KORA-Centro del Contemporaneo, Castrignano De’ Greci (Lecce), Mambo, Bologna, a Manifattura Tabacchi, Firenze, alla Fondazione Lanfranco Baldi, Pelago e a Dolomiti Contemporanee, Borca di Cadore. Ha esposto in gallerie, spazi non profit e istituzioni. Tra le mostre recenti, le personali: Imagining for Real a cura di Enrico Camprini, galleria Matèria, Roma, 2023; Oasis, un progetto a cura di Ramdom realizzato in collaborazione con Fondazione Elpis, 2022; Fuocherello, fonderia de Carli, Volvera TO; Cambio della guardia, Localedue, Bologna, 2021; Tsam, Marktstudio, Bologna, 2021; Zuult (Una Boccata d’arte), Borgo Val Belluna, 2020. E le collettive: An Ocean Standing, galleria Lc queisser, Tiblisi, 2022; Il rituale del serpente, Ex Convento di San Francesco, Bagnacavallo, 2021; Room 114 XY, Car Drde, Bologna, 2019; La pratica quotidiana, Oratorio di San Sebastiano, Forlì, 2019; Un anno lungo un giorno, Centro Pecci, Prato, 2019; Tragitti divaganti, P420, Bologna, 2018.
Martina Melilli (1987, Piove di Sacco, Padova) artista multidisciplinare, regista e organizzatrice culturale. Il suo lavoro è di natura processuale e orientato alla ricerca, ispirato da un approccio antropologico e documentaristico, spesso in dialogo con le pratiche archivistiche. Esplora questioni socio-politiche affrontando le nozioni di memoria, storia, immaginario individuale e collettivo e immaginazione come punti di partenza per un’indagine che mira a immaginare nuovi possibili e desiderabili futuri. Melilli ha conseguito un Master in Arti Visive presso l’Università IUAV di Venezia (I) e ha studiato cinema documentario e sperimentale presso la Luca School of Arts, Bruxelles (BE). A Bruxelles nel 2015 Melilli fa parte della piattaforma di studi post-accademici SIC Sound Image Culture. Nel 2017 è la vincitrice di Artevisione. Nel 2018 è parte di VISIO – European Identities: New Geographies in Artists Film and Video a cura di Leonardo Bigazzi. Il suo primo documentario creativo My home, in Libya ha la sua anteprima mondiale al festival di Locarno nel 2018. Il suo lavoro è stato ampiamente presentato nei principali festival cinematografici (LocarnoFF, RotterdamIFF, ChicagoFF, DokLeipzig, …) e istituzioni dell’arte contemporanea (Palazzo Strozzi Firenze, Museo del Novecento Milano, PAC Milano, …), e prodotto con il sostegno del Mibact, Borsa di sviluppo Solinas, ZDF/ARTE e RAI Cinema tra gli altri. Dal 2020 collabora con l’associazione Nuovo Cineforum Rovereto con cui cura il festival multidisciplinare “Osvaldo” e dal 2022 la rassegna “Altri Quadri. Artisti e immagini in movimento” per il Mart – Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto. Nel 2022 è selezionata per Berlinale Talents. Martina Melilli conduce workshop, lezioni e talk presso numerose istituzioni italiane e internazionali.
Matteo Pizzolante (1989, Tricase, Lecce) si laurea in Ingegneria dell’Edilizia nel 2012, e successivamente si iscrive al Biennio di Scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera con la guida di Vittorio Corsini. Completa gli studi in Germania presso l’Hochschule für Bildende Künste di Dresda con Wilhelm Mundt e Carsten Nicolai. Ha partecipato a diverse mostre in Italia ed è il vincitore del progetto Jaguart promosso da Artissima e Jaguar. Durante la diffusione di COVID-19 Pizzolante è stato coinvolto in diversi progetti digitali, tra cui 30 Artisti X 30 Giorni indetto dalla Fondazione Pini e Pensiero Vuoto realizzato dalla Galleria Renata Fabbri, Milano. Tra i progetti e le partecipazioni recenti: La linea che di divide dal domani presso FuturDome a cura di Atto Belloli Ardessi; GAM, Torino; Vistamarestudio, Milano; Jaguart Artissima, Milano; Brindisi Centrale mostra personale presso Le Case d’Arte, a cura di Pasquale Leccese; Artissima Experimental Academy VOL. III guidato dall’artista iraniana Setareh Shahbazi, Artissima, Torino; BienNolo, Milano; BOCs Art, Cosenza; Passion for the path of art, Galleria Cardi, Milano; È il corpo che decide, progetto di Marcello Maloberti promosso da Museo del Novecento di Milano e Fondazione Furla; Pizzolante è anche il vincitore del Premio Internazionale Vanni Autofocus10 e partecipa al progetto Q-Rated, Ricerche sensibili, promosso da La Quadriennale, Roma.
Agnese Spolverini (1994, Viterbo) vive e lavora a Viterbo. Ha studiato Pittura e Arti Visive all’Accademia di Belle Arti di Urbino. La sua ricerca si formalizza in una pratica installativa che attraversa diversi linguaggi. Utilizza l’intimità come uno strumento per connettersi a tematiche sociali diffuse che vanno dal tema del lavoro alla questione ambientale, passando per la riflessione su come le tecnologie impattano sulle nostre emozioni e cognizioni. Nel 2021 prende parte a diverse esposizioni, tra cui Pillows like Pillars a cura di Stefano Volpato a Barriera; Badly Buried a Palazzo Re Rebaudengo a cura di J. Barget, N. Cuguoğlu, A. Sarmiento; Porta Portese, a cura di Gaia Bobò a SPAZIOMENSA. Partecipa a Prospettive, residenza a Calderara di Reno a cura di Adiacenze e a Una Boccata d’Arte, di Fondazione Elpis, in collaborazione con Galleria Continua, in Abruzzo. Nel 2022 espone presso Una Vetrina, è da Kora per A Sud di Marte, residenza in collaborazione con Fondazione Elpis, dove presenta La festa dei corpi feriti, a cura di Ramdom, partecipa a Traffic festival e a Every Food is a Landscape a cura di Marco Trulli e promossa da Bjcem, presso il Polo del ‘900 a Torino.
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INFO
Chì ghe pù Nissun!
Una mostra di Bekhbaatar Enkhtur, Martina Melilli, Matteo Pizzolante, Agnese Spolverini
In collaborazione con Ramdom
Fino al 23 luglio 2023
Ingresso libero