Che cosa è una galleria d’arte? Questa domanda può sembrare semplice, ma in realtà cela un complesso fenomeno di percezione, spazio e significato.
Una galleria non è soltanto un luogo fisico dedicato all’esposizione di opere d’arte; essa rappresenta una soglia, un confine tra mondi diversi. È un passaggio tra il quotidiano e l’altrove, tra il reale e il possibile, tra lo spazio pubblico e quello intimo della contemplazione.
È, se vogliamo, un elemento che funziona come un’attesa, un raccordo tra due stati di realtà: quello immediato e quello accessibile solo attraverso il filtro dell’arte, della cultura, del simbolismo. Ora, considerando questa funzione liminale, si può iniziare a tracciare un parallelo con il concetto di multiverso in fisica teorica. Il multiverso è un’ipotesi affascinante: l’idea che esistano molti universi paralleli, ciascuno con le proprie leggi fisiche, dimensioni e storie. Molteplici spazio-tempo coesistenti, sovrapposti o separati, che costituiscono un più grande tessuto cosmico. In questa visione, il nostro universo appare come una tra infinite possibili realtà, ognuna con il proprio continuum di spazio e di tempo, eppure tutte simultaneamente presenti o potenzialmente accessibili.
Se ci soffermiamo sulla funzione delle gallerie come ponti tra mondi, la loro necessità di creare un transito tra spazio espositivo e spazio spirituale, tra autore e pubblico, si rivela come un’immagine in miniatura del multiverso. La galleria diventa un microcosmo di dimensioni parallele, dove le opere agiscono quali portali o rappresentazioni di universi alternativi, ciascuno con la propria logica e la propria estetica.
La mostra “Nivola, Savelli, Scarpitta: un trio internazionale”, ospitata dalla Paula Seegy Gallery fino al 28 giugno 2025, curata da Luigi Sansone, ne è un esempio concreto e pregnante. In questa collettiva, l’articolata relazione tra le opere di Costantino Nivola, Angelo Savelli e Salvatore Scarpitta si dispiega come un viaggio tra individui e culture, tra estetiche e storie di confine. Sono tre artisti, profondamente intrecciati tra Italia e Stati Uniti, rappresentanti di un mondo che si muove tra radici e approdi lontani. La loro presenza in un’unica esposizione diventa un’esplorazione di molteplici dimensioni: non solo temporali, ma anche culturali, simboliche e trascendentali.
Ne abbiamo parlato con la gallerista Paula Seegy.

Può raccontarmi come è nata la sua passione per l’arte e cosa l’ha spinta a diventare gallerista?
Allora, la mia passione per l’arte ha radici profonde, nel DNA della mia famiglia. Sono cresciuta circondata da collezionisti e appassionati: persone che vedevano nelle opere d’arte non solo un modo per abbellire gli spazi, ma qualcosa di più, uno strumento per connettersi con la storia e, in un certo senso, anche con sé stessi. Questo ambiente mi ha formato un po’ come si forma un vaso di creta: gradualmente, senza accorgermene, l’amore per l’arte si è insediato dentro di me, diventando parte della mia identità.
Successivamente, ho seguito il mio percorso di studi nel settore finanziario — una scelta che, a prima vista, può sembrare distante da tutto ciò che concerne l’espressione creativa. Ma a ben guardare, ho sempre visto un filo conduttore con l’arte: entrambi richiedono un certo occhio, una sensibilità nel valutare il valore di qualcosa, e l’abilità di riconoscere il potenziale nascosto. La volontà di capire come funziona il mercato dell’arte, di valorizzare le opere non solo per la loro bellezza ma anche come investimento, ha profondamente influenzato la mia visione. E poi, a un certo punto, ho sentito il bisogno di unire questa mia doppia dimensione. Volevo creare qualcosa che fosse veramente mio, un luogo che rispecchiasse al cento per cento chi sono: un ponte tra il cuore e il cervello. Così è nata l’idea di aprire una galleria, un posto che non fosse solo una vetrina, ma un vero e proprio spazio di dialogo: con le opere, con gli artisti, con il pubblico.
Di cosa si occupa la sua galleria e come si posiziona all’interno del sistema artistico attuale?
La Paula Seegy Gallery si dedica a un percorso di esplorazione approfondita e critica dell’arte del secondo Novecento, con un’attenzione particolare rivolta a quegli artisti che, pur avendo contribuito in maniera significativa alle trasformazioni estetiche, concettuali e sociali di quel secolo, sono ancora poco riconosciuti o si trovano ai margini delle narrazioni ufficiali.
La galleria d’arte è uno degli attori del sistema arte che negli anni ha sicuramente modificato in parte il suo modo di operare e di presentarsi. Rispetto ai tempi del Secondo Novecento, i protagonisti di questo sistema, non solo i galleristi, hanno modificato la loro capacità di influenzare i fruitori del sistema.
Ad oggi sempre più spesso i fruitori ricercano l’immagine veloce che possa appagare la curiosità culturale ma che possa spesso sostituire altre fonti di nozione e approfondimento spesso dispendiosi in termini di tempo o di difficile fruizione (testi scritti o ascoltati). La galleria d’arte è diventata un luogo maggiormente frequentato, apprezzato per la dinamicità culturale, dove si soddisfa la parte visuale senza, apparentemente, obbligare a dedicare attenzione all’ascolto o alla lettura. Questa versione rinnovata della galleria d’arte funziona anche per i fruitori delle generazioni giovanissime, che frequentano le gallerie con sorprendente regolarità, generazioni alle quali bisogna obbligatoriamente fornire strumenti importanti per essere in grado di affrontare le grandi sfide, siano esse di carattere politico, finanziario o culturale. L’importanza attuale di avere luoghi dove un pubblico, vario e di nuova generazione, possa solleticare il proprio gusto estetico e attivare il proprio spirito critico è quindi una prerogativa forte per me, che mi ha spinto a rinnovare il mio impegno nel settore dell’arte con la Paula Seegy Gallery
Come pensa che stia evolvendo il mondo del collezionismo e quale sia lo stato attuale di questo settore?
Il collezionismo nel mondo dell’arte ha attraversato un’evoluzione significativa negli ultimi cinquant’anni, passando da un approccio puramente estetico a una visione molto più complessa che considera anche l’investimento, la diversità, la digitalizzazione e l’impatto sociale. Oggi, i collezionisti sono sempre più consapevoli delle loro responsabilità e del potere che hanno nel promuovere artisti e tematiche significative. Ma l’originaria versione del collezionista, quel collezionista che si faceva affascinare da un’opera d’arte e dal percorso artistico dell’artista stesso, che sia egli contemporaneo o appartenente ad un’epoca passata, esiste ancora?
Una galleria d’arte non è solamente un luogo di incontro, di conoscenza e di scoperta, ma anche il luogo dove il fruitore può nuovamente e liberamente costruirsi una sua personale collezione di opere d’arte, legate alle storie e alle vite di coloro che sono nati con il talento d’artista. Quindi la galleria d’arte dovrebbe poter rimanere un luogo intimo di scoperta e di sviluppo dei propri gusti culturali, dove ci si impegna con sé stessi, prima di tutto, ad approfondire e dare un valore -per sé stessi- a riconosciute opere d’arte.
L’investimento in un’opera d’arte sarà sempre valido prima di tutto per la crescita o il “banale” piacere che essa garantisce a chi l’acquista. Riconoscere tale valore non è cosa semplice o immediata, soprattutto per nuove generazioni di collezionisti e necessita di una presentazione di buon livello e di un accompagnamento che il gallerista in quanto tale si propone di fare a buon pro del collezionista oltre che dell’artista. Per permettere una prosecuzione del sistema arte, sia nel rispetto delle leggi di mercato, di cui le gallerie sono importanti player, ma anche delle nuove caratteristiche della società in cui si vive, la galleria d’arte non deve essere confusa con un museo e deve essere in grado di svolgere il suo ruolo permettendo la corretta promozione degli artisti e nel contempo sviluppando l’attitudine al collezionismo.
Può parlarmi della mostra attualmente in corso e cosa ha ispirato la scelta di questa particolare esposizione?
La mostra attualmente in corso, intitolata “Nivola, Savelli, Scarpitta: un trio internazionale” rappresenta un esempio emblematico di come l’arte possa fungere da ponte tra culture, epoche e narrazioni personali. Curata con grande competenza insieme a Luigi Sansone, questa esposizione mira a offrire una panoramica articolata sull’interazione tra le opere di tre artisti di origini e background differenti, ma accomunati dall’intento di superare i confini tradizionali del linguaggio e della geografia artistica. L’obiettivo principale di questa mostra va ben oltre la semplice volontà didattica di presentare figure di rilievo nella storia dell’arte contemporanea. Essa mira a sottolineare, in modo incisivo e convincente, come l’arte italiana, spesso percepita come subordinata o secondaria rispetto a quella americana, abbia invece attraversato momenti di grande fervore, innovazione e autonomia, contribuendo con forte personalità al panorama globale. La scelta di mettere a confronto Nivola, Savelli e Scarpitta — tre artisti il cui percorso si distingue per sperimentazione, ricerca e capacità di dialogare con le tendenze internazionali — è infatti funzionale alla dimostrazione di questa sovrapposizione di ricche tradizioni culturali e artistiche.
Ogni singolo artista rappresenta un tassello di questa narrazione complessa: Costantino Nivola, con le sue sculture e le sue istanze geometriche, incarna un ibrido tra Italia e America, portando elementi del Mediterraneo nelle sue opere americane e contribuendo a una dirompente modernità; Angelo Savelli, figura eclettica e innovativa, sperimenta con forme e materiali, creando una poetica astratta che sfida le convenzioni del suo tempo; infine Salvatore Scarpitta, con il suo approccio dinamico e spesso autobiografico, si confronta con le istanze della materialità. Questa mostra è stata pensata come un crocevia di storie, linguaggi e culture che si incontrano e si arricchiscono reciprocamente, sottolineando la ricchezza e la complessità della tradizione artistica italiana all’interno di un discorso globale.
Quali progetti futuri ha in programma?
Al momento, preferisco non svelare tutto nei dettagli, perché ci sono molte idee in evoluzione che vogliamo sviluppare nel modo migliore possibile. Tuttavia, posso dirti che il mio obiettivo è continuare a creare uno spazio di dialogo autentico tra artisti e pubblico, promuovendo progetti che siano non solo innovativi, ma anche capaci di stimolare una riflessione profonda sul ruolo dell’arte nel nostro tempo. Per me, l’arte è uno strumento potente di comunicazione e crescita, e i progetti futuri saranno orientati a rafforzare questa convinzione: semplice nel suo valore, ma complesso nel suo potenziale di trasformazione.
Info
Paula Seegy Gallery, via San Maurilio 14 – Milano
www.paulaseegygallery.com