Vija Celmins, Lamp #1, 1964 Huile sur toile, 62,2 x 88,9 cm, Vija Celmins, Courtesy Matthew Marks Gallery, © Vija Celmins, Courtesy Matthew Marks Gallery Photo: Aaron Wax

Vija Celmins alla Fondation Beyeler: una retrospettiva unica tra silenzi e superfici

La Fondation Beyeler di Basilea dedica a Vija Celmins una ampia retrospettiva con circa 90 lavori tra dipinti, disegni, sculture e stampe, l’esposizione – la più esaustiva mai realizzata in Europa.

Graphite sur fond acrylique sur papier, 86,4 x 114,3 cm, Collection privée, © Vija Celmins, Courtesy Matthew Marks Gallery

Nata a Riga nel 1938 e approdata negli Stati Uniti come rifugiata alla fine della Seconda guerra mondiale, Celmins ha attraversato da spettatrice lucida le grandi turbolenze del secolo, filtrandole in un lessico visivo asciutto, quasi ipnotico. A partire dai suoi primi quadri degli anni Sessanta – nature morte domestiche e paesaggi bellici ridotti a immagini spettrali – la sua poetica si è fatta sempre più rarefatta, scandita da lunghe pause di silenzio produttivo.

Il percorso espositivo, pensato in stretta collaborazione con l’artista, parte dallo studio di Venice Beach dove Celmins dipingeva forni, lampade, piastre elettriche con toni smorzati, lontanissimi dai colori pop della sua epoca. Poi l’attenzione si sposta su conflitti e disastri, con immagini tratte da riviste e quotidiani: bombardamenti, incendi, rivolte. Ma già allora, ciò che conta non è l’evento, bensì la sua sedimentazione sulla retina.

A partire dalla fine degli anni Sessanta, Celmins abbandona temporaneamente la pittura per dedicarsi al disegno. Carta, grafite, carbone: mezzi minimi per soggetti apparentemente immensi – la luna, il deserto, l’oceano, il cielo notturno. Sono visioni senza centro, senza margine, senza figura: superfici dense, dove il reale viene filtrato in una forma visiva che invita alla sospensione.

Celmins non riproduce, rielabora. Le sue opere non sono copie, ma traduzioni. Anche nelle sculture – come To Fix an Image in Memory, undici sassi replicati in bronzo e dipinti a mano – lo sdoppiamento fra realtà e immagine diventa esercizio di percezione. Un modo per restare in ascolto, per stare nel tempo lento dell’osservazione.

Centrale nella mostra è la serie delle ragnatele, nate nel 1992: trame fragili, concentriche, sospese nel bianco, che riflettono la tensione tra costruzione e disgregazione. Seguono poi le texture di oggetti trovati, piccole superfici usurate che Celmins eleva a meditazione visiva sul tempo che consuma e lascia tracce.

L’ultima sala accoglie i dipinti più recenti, dominati dalla neve che cade nel buio. I fiocchi diventano galassie, o forse sono solo particelle di luce su fondo nero. Lo sguardo si perde, ma non precipita. Resta in ascolto, come accade di fronte a un silenzio che si fa presenza.

Il catalogo

Il catalogo illustrato della mostra, ideato da Teo Schifferli, è a cura di Theodora Vischer e James Lingwood per la Fondation Beyeler ed edito da Hatje Cantz Verlag, Berlino.

Il volume di 208 pagine contiene ‘Notes’ di Vija Celmins, nonché brevi contributi di Julian Bell, Jimena Canales, Teju Cole, Rachel Cusk, Marlene Dumas, Katie Farris, Robert Gober, Ilya Kaminsky, Glenn Ligon, Andrew Winer, con un’introduzione di James Lingwood.

Info

Vija Celmins
15 giugno – 21 settembre 2025
Fondation Beyeler
Basilea

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