Abbiamo visitato virtualmente la mostra “How They Met Themselves: Folie a Deux” ospitata nel VSpace di Massimo De Carlo.
Piotr Uklański ha concepito la mostra virtuale How They Met Themselves: Folie à Deux come complementare alla mostra How They Met Themselves, tenutasi presso gli spazi di Massimo De Carlo a Palazzo Belgioioso a Milano.
La mostra riunisce un gruppo di ritratti di artisti e delle loro muse dall’importante valore storico. Il progetto – il cui titolo fa riferimento al ritratto di Dante Gabriel Rossetti, della sua compagna Lizzie Siddal e dei loro misteriosi sosia – interroga la mitologia che ruota intorno alle coppie creative, al concetto di musa simbiotica e alle altre codipendenze immortalate dall’arte negli ultimi due secoli.
Il termine ‘folie à deux’, che indica una forma di follia condivisa da due persone, è facilmente riferibile a molti esempi storici di relazioni artistiche intense: lo scambio ossessivo tra due artisti, tra un artista e la sua musa e altri legami ossessivi sono molto diffusi nella storia dell’arte. La critica d’arte di matrice femminista ha, tra le sue molte conquiste, il merito di aver messo in luce il lavoro di artisti lasciati ai margini, citati nelle note a piè di pagina, o dimenticati del tutto. Tra queste riscoperte è forse nel campo delle coppie creative che la dottrina femminista è stata più pregnante ed efficace. Almeno per quanto riguarda i casi eteronormativi, l’indagine femminista ha ribaltato la narrativa classica per cui nelle coppie in cui vi è un legame sentimentale e artistico debba essere la componente femminile a vivere all’ombra del compagno e del suo genio, con il proprio lavoro considerato implicitamente inferiore. Alcuni casi sono così emblematici da essere riconoscibili citandone i soli nomi propri: Diego e Frida, Jackson e Lee, Alfred e Georgia, Robert e Sonia, solo per nominarne alcuni. Così, quando esaminate attraverso la lente della storia femminista, queste diadi artistiche ampiamente mitizzate, vengono destrutturate, ridefinite e riviste.
Sia in camera da letto che in studio, mettere da parte l’armatura del patriarcato ci costringe a guardare con occhi nuovi ai fatti biografici e ai contributi artistici e culturali di una coppia e dei suoi singoli componenti. In alcuni casi il capovolgimento narrativo è tale da cancellare quasi del tutto il binario intimo e creativo, polarizzando la coppia in due estremità la cui codipendenza ha permesso a entrambe le parti di trovare il loro successo. In alcuni casi produttività e distruzione si mescolano e confondono, con la prima che prospera nell’abuso, nell’oppressione psicologica, nell’abiezione spirituale. Mito e Pathos, Eros e Thanatos, famigerate folie à deux in cui nessuno appassisce ma entrambi sembrano, in qualche modo, trovare un terreno fertile in cui sbocciare, o almeno ‘creare’ prima di morire, di separarsi, di scomparire nell’oscurità.
Nella mostra compaiono Lizzie Siddal e Dante Gabriel Rossetti, Unica Zürn e Hans Bellmer, Leonora Carrington e Max Ernst, Alice B. Toklas e Gertrude Stein, Sylvia Plath e Ted Hughes, Francis Bacon e George Dryer, Man Ray e Lee Miller, senza dimenticare la folie à quatre di Fire Island (Jared French, Margaret Hoening, Paul Cadmus e George Tooker): alcuni di questi legami sono esclusivamente platonici, ma i loro scambi simbiotici sono altrettanto intensi, come dimostra il ritratto di Henry Taylor della sua cara amica e artista Deana Lawson.
Uklański porta in mostra anche la propria storia personale, con un iconico ritratto che Elizabeth Peyton fece di lui nel 1996 e con un nuovo dipinto a olio che fa riferimento non solo alla sua folie à deux con la moglie Alison Gingeras, ma anche a un vecchio annuncio pubblicitario uscito su Artforum con al centro una sua foto del sedere di Gingeras e che è qui avvicinato sfacciatamente al dipinto feticista di Félix Vallotton Etude de fesse (1884). Una tensione erotica che trova eco in altre opere in mostra, come nel ritratto di Andrew Wyeth alla sua musa Helga, Lover (1981), o quello di Nan Goldin dell’allora fidanzata Siobahn Lidell, di Jenna Gribbon all’artista Chloe Wise, o nella fotografia che Richard Kern fece all’artista Lucy McKenzie.
Senza etichettare queste relazioni come ‘malate’, la mostra How They Met Themselves: Folie à Deux si ispira alle complessità e alle intensità psicologiche che animarono le coppie raccolte nella mostra che vollero immortalare il loro intenso legame su tela, su carta o pellicola come parte della loro pratica artistica.
IN MOSTRA OPERE DI
FRANCIS BACON, HANS BELLMER, PAUL CADMUS, LEONOR FINI, JARED FRENCH, NAN GOLDIN, JENNA GRIBBON, FRIDA KAHLO, RICHARD KERN, TAMARA DE LEMPICKA, LEE MILLER, ELIZABETH PEYTON, MAN RAY, DANTE GABRIEL ROSSETTI, HENRY TAYLOR, PIOTR UKLANSKI, FELIX VALLOTTON, CHARLES WHITE, ANDREW WYETH
INFO
Massimo De Carlo VSpace
massimodecarlo.com
Dal 27 novembre al 17 dicembre 2020