Anna Caterina Masotti è una di quelle artiste che riesce a intrecciare con naturalezza dimensioni intime e universali, facendo della fotografia non solo uno strumento espressivo, ma un vero e proprio linguaggio per interrogare il tempo, la memoria e l’identità.
Nata in una famiglia dove il legame con il mare e la natura ha sempre avuto un ruolo centrale, Masotti ha costruito un percorso artistico capace di rispecchiare quella tensione costante tra tradizione e innovazione che definisce il suo sguardo.
L’artista, che si distingue per l’uso raffinato del bianco e nero, traduce nei suoi lavori una ricerca che parte dal vissuto personale per aprirsi a riflessioni più ampie sulla femminilità, il corpo e il cambiamento.
La sua più recente mostra, Thea Maris | Risonanze del Mare, che sarà ospitata dal 5 al 10 febbraio 2025 nei Bagni di Mario a Bologna, rappresenta un ulteriore tassello di un percorso che ha fatto della ricerca del senso profondo delle immagini la sua firma.
Dietro l’obiettivo di Masotti non c’è solo l’artista, ma anche la donna, la madre e la figlia, tutte figure che si fondono in un dialogo costante con il passato e con il futuro. L’abbiamo incontrata e abbiamo parlato della stratificazione della sua arte.
L’INTERVISTA
Nel tuo progetto su Afrodite, hai dichiarato di voler esplorare il concetto contemporaneo di femminilità e seduzione, superando l’estetica classica della bellezza senza tempo. In che modo il tuo lavoro riflette questa trasformazione continua della figura femminile e del suo significato nella società moderna?
Nel mio progetto, attraverso la figura di mia figlia, desidero sottolineare come le adolescenti portino con sé una bellezza intrinseca, caratterizzata da purezza e spontaneità che richiamano il concetto di bellezza classica. Questa fase della vita è affascinante perché, pur essendo permeata da ingenuità e semplicità, è anche incredibilmente complessa e fluida.
Le adolescenti, come le onde del mare, rappresentano dinamismo e cambiamento costante. Questo è un periodo effimero, scorre rapidamente; ogni momento è unico. Volevo catturare l’essenza di questa transitorietà, evidenziando come le ragazze abbraccino la loro bellezza e il loro potere, spesso senza rendersi conto dell’impatto che hanno. La bellezza che manifestano, pur essendo vicina ai canoni classici, li supera concettualmente perché riflette anche la loro realtà, i loro sogni e le loro speranze per il futuro. Le onde della vita le modellano, conducendole verso nuove esperienze e sfide. Vorrei celebrare questa fragile ma potente fase della vita, invitando a riflettere su come onorare e sostenere le ragazze nel loro viaggio di scoperta e crescita, mentre navigano tra le correnti dell’esistenza.
Attraverso un percorso che potrei definire meditativo, intendo sottolineare l’importanza di trovare un equilibrio interiore, poiché tutto muta e cambia di continuo. In un mondo in costante evoluzione, le adolescenti, come il mare, devono imparare a affrontare le varie fasi della vita: la calma e la tempesta. Con le immagini del progetto, desidero catturare questo viaggio verso la consapevolezza e l’equilibrio, ricordando che, nonostante i cambiamenti inevitabili della vita, la ricerca di una connessione profonda con il proprio io interiore è ciò che consente di celebrare e vivere la bellezza nella sua forma più genuina e autentica.
Questo lavoro fotografico è molto intimo, la narrazione si intreccia con esperienze personali e profonde riflessioni. La mia intenzione è di offrire spunti per una riflessione più ampia, lasciando la lettura del lavoro nella sua totalità allo spettatore, affinché ognuno possa portare con sé le proprie esperienze e interpretazioni, quindi il dialogo tra il progetto e chi lo osserva è fondamentale. Ogni spettatore ha l’opportunità di vivere il mio racconto in modo unico, riflettendo sul proprio equilibrio interiore in relazione con un mondo non sempre facile da decifrare. Pertanto, pongo sempre attenzione sulle piccole cose e sui particolari, che spesso ci aiutano a navigare in superficie con maggiore forza.
Nel tuo progetto hai usato il bianco e nero per rappresentare il mare e il legame tra madre e figlia. Perché hai scelto questa estetica e quali emozioni vuoi trasmettere?
Nel mio progetto, ho scelto di utilizzare il bianco e nero per rappresentare il mare e il legame tra madre e figlia perché questa è la mia personale visione estetica che mi permette di eliminare distrazioni visive e di focalizzarmi su composizione, texture e contrasti.
Come sosteneva Cartier-Bresson, il bianco e nero ha la capacità di accentuare gli aspetti essenziali di un’immagine, portando l’osservatore a una maggiore concentrazione.
Essendo il mio un progetto concettuale, molto intimo ed evocativo, desidero che il pubblico entri in sintonia con le emozioni e le storie che intendo raccontare, senza essere sopraffatto da colori che potrebbero deviare l’attenzione. Il bianco e nero, in questo senso, diventa uno strumento potente per immergersi nel profondo di ogni immagine.
In aggiunta, il contrasto accentuato che ho scelto di impiegare deriva dalla mia particolare esperienza visiva, in seguito a delle operazioni che ho subito alla vista in passato. La mia percezione della luce è mutata, è molto particolare, la definirei una rinnovata esperienza intensa attraverso un mezzo (la fotografia) a me familiare fina dall’infanzia.
Hai parlato del passaggio generazionale tra te, tua madre e tua figlia. Come ha influito questo aspetto personale nella creazione del progetto?
Il passaggio generazionale tra madre e figlia è stato un aspetto centrale nella creazione del progetto. Sono molto grata a mia madre per il magnifico rapporto che condividevamo; è stata un esempio di donna forte e ispirante non solo per me, ma anche per tanti altri nella sua vita. La sua visione estetica, che ho ereditato, e la grande passione per la fotografia che mi ha trasmesso hanno influenzato profondamente la mia percezione della femminilità e della bellezza.
Nel mio lavoro, cerco di seguire le sue orme, ispirando le mie figlie come lei ha ispirato me. Condivido con le mie figlie l’estate al mare a Maratea, proprio come facevo con lei, creando nuovi ricordi che si intrecciano con quelli del passato. Questa connessione tra generazioni diverse si manifesta attraverso esperienze condivise, emozioni e valori trasmessi nel tempo. La relazione tra madre e figlia è una linea sottile, ricca di significato, che continua a rinnovarsi e a crescere.
Dedico questo progetto a mia madre, Olga, non solo in onore della sua eredità e del suo impatto nella mia vita, ma anche per celebrare la passione per la fotografia che abbiamo condiviso. Attraverso le immagini, spero di trasmettere non solo il ricordo del nostro legame speciale, ma anche la continua evoluzione della figura femminile nel suo viaggio affascinante attraverso le generazioni. Questo tributo è un modo per riconoscere ciò che è stato e per mettere in luce tutto ciò che continuiamo a vivere e a condividere come donne.
“Thea Maris” racconti l’essenza del mare. Quale è il tuo rapporto con il mare?
Il mio legame con il mare e con Maratea, “Thea Maris”, ha radici profonde che risalgono alla mia infanzia, quando trascorrevo in questi luoghi l’estate con mia madre. Queste esperienze condivise sono state fondamentali nel plasmare il mio attaccamento a questo luogo e alla bellezza che esprime. Ora, continuo questa tradizione con le mie figlie, creando nuovi ricordi e rafforzando questo legame speciale.
Per me, il mare rappresenta una potente simbolizzazione del femminile: è un luogo di vita, di mistero e di trasformazione. La sua vastità e la sua fluidità riflettono le diverse sfaccettature dell’esperienza femminile, dalle fragilità e vulnerabilità, alle forze e resilienze. Il mare ha un’essenza che invita all’introspezione e alla connessione, sia con se stesse che con gli altri. È un simbolo di libertà e di rinascita, capace di rinnovarsi continuamente, proprio come noi donne attraversiamo le varie fasi della vita.
Il mio rapporto con il mare è intimo e profondo. È stato un rifugio durante i momenti di riflessione, un luogo di gioia durante le risate in famiglia, e un contesto in cui ho potuto osservare e apprezzare la bellezza della natura. Ogni volta che mi trovo di fronte ai suoi panorami, sento una connessione con mia madre e con le mie figlie, come se le onde stesse raccontassero la nostra storia, intrecciando le nostre esperienze e i nostri legami. Questo è ciò che credo renda il progetto “Thea Maris” così significativo: non è solo un omaggio a un luogo fisico, ma un tributo a tutto ciò che il mare rappresenta per noi come donne, come madri e figlie, e come parte di una comunità che abbraccia la bellezza e la complessità della vita.
A seguito dei problemi che hai avuto agli occhi la tua percezione della luce è fortemente contrastata. Questo fatto come ha influito sulla tua fotografia?
A seguito dei problemi che ho avuto agli occhi, la mia percezione della luce è diventata fortemente contrastata, e questo ha avuto un impatto significativo sulla mia fotografia. Questa esperienza ha modificato il modo in cui vedo e interpreto il mondo intorno a me. Mi sono trovata a cogliere le sfumature della luce in modi che prima non avrei mai considerato, portandomi a focalizzarmi sulle texture e sui contrasti all’interno delle immagini.
Questa nuova visione mi ha permesso di esplorare una gamma di emozioni e atmosfere diverse. Il contrasto accentuato che utilizzo nelle mie fotografie non è solo una scelta estetica, ma anche un riflesso della mia esperienza personale. Attraverso il bianco e nero e l’uso di luci e ombre, cerco di trasmettere una profondità emotiva che parli della vulnerabilità e della forza di fronte alle sfide.
In un certo senso, i miei problemi visivi hanno arricchito la mia pratica fotografica, portandomi a vedere bellezza nei contrasti e nelle imperfezioni.
La fotografia, per me, è diventata un modo per esprimere non solo ciò che vedo, ma anche ciò che sento, e questo ha reso il mio lavoro ancora più personale e significativo.
Il fotografo Burk Uzzle ha detto che la fotografia è una storia d’amore con la vita. Ti riconosci in questa affermazione?
Mi riconosco completamente nell’affermazione di Burk Uzzle che afferma: “Through photography, my heart sings what I feel.” La fotografia, per me, è davvero una storia d’amore con la vita, un modo per catturare e condividere le emozioni profonde che ci attraversano. Uzzle è un grande maestro.
La sua abilità di evocare la bellezza e la vitalità attraverso i colori contrastanti riesce a trasportare lo spettatore in un’esperienza immersiva, proprio come intendo fare io nel mio lavoro.
La sua visione e empatia con il mondo che lo circonda la ritrovo nel mio lavoro, cerco sempre di cogliere l’essenza delle esperienze umane e naturali che mi circondano. Ogni scatto diventa un modo per esprimere ciò che sento, un riflesso della mia personale storia e delle emozioni che la vita mi offre. Come Uzzle, voglio che ogni fotografia racconti una storia, coinvolgendo lo spettatore e permettendo loro di vedere il mondo attraverso il mio sguardo.
Cosa è per te l’estetica?
Per me, l’estetica va oltre la semplice contemplazione del bello; è uno strumento di comunicazione e cambiamento sociale. Attraverso la mia arte, intendo trasmettere messaggi significativi e stimolare riflessioni su temi cruciali come ambiente, diritti umani, libertà di espressione e uguaglianza di genere.
L’etimologia del termine estetica, che richiama sensazione e percezione, sottolinea come il nostro modo di vedere e interpretare il mondo influisca profondamente sulle emozioni e sulle azioni.
Nel mio lavoro l’estetica incarna esperienze che vanno oltre l’apparenza superficiale, dando voce a sentimenti e storie che meritano attenzione.
L’estetica fotografica dei miei lavori si forma grazie all’esperienze di vita di mia nonna e mia madre. Crescendo nell’azienda di famiglia nel mondo dell’alta moda, sono stata immersa in un ambiente ricco di creatività e bellezza, che sicuramente ha plasmato il mio gusto. Grazie a loro, ho imparato a riconoscere la bellezza nei dettagli, ad apprezzare le sfumature e a comprendere il potere della narrazione visiva. L’influenza di queste figure mi ha insegnato che l’estetica è tanto un’espressione artistica quanto un mezzo per connettersi con gli altri e contribuire a un cambiamento significativo nel mondo.
Se dovessi scegliere tre parole chiave per definire la tua arte quali sarebbero?
Se dovessi scegliere tre parole chiave per definire la mia arte, sceglierei “Rinascita,” “Emozione” e “Grazia.”
Queste parole racchiudono l’essenza del mio lavoro e il messaggio che desidero trasmettere.
La “Rinascita” è centrale nella mia pratica artistica, poiché rappresenta il ciclo di vita, trasformazione e ricrescita che tutti noi attraversiamo. Credo che ogni esperienza, anche quelle più dolorose, porti con sé la possibilità di rinascere e reinventarsi. Questo concetto illumina l’idea che il bello possa emergere dalla profondità del dolore, trasformando le sfide in nuove opportunità.
“Emozione” è un’altra parola chiave per me. Attraverso le mie opere, desidero creare empatia e suscitare qualcosa di profondo nei miei osservatori. Vogliamo tutti connetterci con gli altri a un livello emotivo e personale, e la fotografia è un mezzo per farlo. La mia speranza è che le mie immagini possano evocare sentimenti e riflessioni, invitando il pubblico a esplorare le proprie emozioni e personali esperienze.
Infine, “Grazia” rappresenta quella qualità sottile che permea le esperienze di vita, che si manifestano in momenti di bellezza, in attimi di grazia costante. È una forma di eleganza che ci accompagna lungo il cammino, sia individualmente che collettivamente. Cerco costantemente nelle mie immagini di catturare questa grazia nella sua varietà, mostrandone le sfaccettature e celebrando la resilienza e la dignità che possediamo tutti.
In sintesi, il mio lavoro è un viaggio attraverso la rinascita, l’emozione e la grazia, e spero che possa ispirare gli altri a riconoscere la bellezza nelle loro esperienze, qualunque esse siano.
Potresti elencare i tuoi cinque artisti preferiti di tutti i tempi?
Se dovessi elencare i miei cinque artisti preferiti di tutti i tempi, ci sono alcune figure che hanno avuto un impatto profondo su di me e sulla mia visione artistica. In primis, due registi che mi hanno molto influenzato sono Stanley Kubrick e Lars Von Trier, entrambi con una straordinaria capacità di esplorare la condizione umana attraverso racconti visivamente arrestanti e narrativamente complessi. Un altro regista che amo è David Lynch, noto per la sua peculiare rappresentazione della psicologia umana, in grado di immergere lo spettatore in un’atmosfera di surrealismo e ambiguità, svelando le sfumature più profonde dell’animo umano.
Tra gli artisti contemporanei, ammiro profondamente Anish Kapoor per la sua visione innovativa e la capacità di trasformare gli spazi con le sue installazioni, che invitano alla contemplazione e sfidano le nostre percezioni. Inoltre, Ragnar Kjartansson rappresenta un esempio straordinario di multidisciplinarietà; la sua fusione di performance, video e installazione offre un’esperienza immersiva che cattura l’essenza delle emozioni umane in modi unici.
Tra i classici, non posso non menzionare Arnold Böcklin, Sandro Botticelli e Antonio Canova. Ognuno di questi artisti ha saputo esplorare la bellezza e la complessità dell’esistenza in modi che continuano a ispirarmi. Infine, ma non meno importante, c’è Sergei Rachmaninov, il mio compositore preferito. La sua musica ha una straordinaria capacità evocativa e riesce a trasmettere emozioni profonde in modo unico. La sua abilità di combinare melodia e armonia tocca il mio cuore e arricchisce la mia vita quotidiana.
Questi artisti, ciascuno a loro modo, hanno contribuito a plasmare la mia visione artistica e influenzare il mio percorso creativo.
Ricordi la prima mostra che ha illuminato la tua visione artistica? E l’ultima?
Sì, ricordo perfettamente la prima mostra che ha illuminato la mia visione artistica: fu una visita al Museo del Louvre durante la mia adolescenza, organizzata dalla scuola. L’esperienza di trovarmi di fronte a opere d’arte così straordinarie e iconiche è stata travolgente. Ogni angolo del museo era un tripudio di bellezza, dalle sculture classiche ai dipinti rinascimentali. La magnificenza delle opere mi ha colpita profondamente, accendendo in me una passione per l’arte che è cresciuta nel tempo.
L’ultima mostra che ha avuto un impatto simile è stata sempre al Louvre, questa volta con le mie figlie. Rivedere quel luogo speciale attraverso i loro occhi ha aggiunto una nuova dimensione all’esperienza. È stato emozionante condividere con loro la bellezza e la storia racchiuse in quelle pareti, e ho potuto rivivere il meraviglioso senso di scoperta che avevo provato anni prima. È stato un momento unico che ha rafforzato il legame familiare e ha continuato a nutrire la mia passione per l’arte, dimostrando che la bellezza può essere un’esperienza condivisa e generazionale.
C’è un desiderio artistico che non hai ancora esaudito?
Sì, c’è un desiderio artistico che non avevo ancora esaudito, ed è qualcosa che sto realizzando ora.
Da tempo sognavo di creare un progetto che potesse riflettere la mia visione del mondo e dell’arte, unire le mie esperienze personali e le mie radici familiari con tematiche più ampie, e finalmente ho preso il coraggio di perseguirlo.
Questa mostra rappresenta per me un’importante espressione di ciò che sento e voglio comunicare. È un viaggio che mi permette di esplorare la complessità della vita e delle relazioni, utilizzando la fotografia come strumento per raccontare storie e suscitare emozioni. Ogni passo di questo processo mi avvicina sempre di più a realizzare quel desiderio artistico, e sono entusiasta di condividerlo con le persone.
Se dovessi definirti in terza persona, come ti descriveresti?
Se dovessi definirmi in terza persona, mi definirei una donna curiosa in costante ricerca di bellezza e significato, con una profonda passione per l’arte e una predisposizione a esplorare emozioni complesse attraverso la fotografia. Una donna che trae ispirazione dalle esperienze personali e dai legami familiari, cercando di creare connessioni con gli altri attraverso il proprio lavoro.
Tuttavia, riconosco che la percezione di sé è soggettiva e può variare da individuo ad individuo. Potrebbe essere interessante chiedere a chi mi conosce come mi veda, sono sempre aperta al confronto, le opinioni degli altri potrebbero rivelare aspetti di me stessa che potrei non considerare, su cui cercherei di essere obiettiva, in modo da non esserne necessariamente condizionata. A volte vedersi con un occhio esterno può aiutare a miglioraci.
Cosa pensi dell’intelligenza artificiale applicata all’arte? Può la tecnicità superare la creatività?
Riguardo all’intelligenza artificiale nell’arte, riconosco il suo grande potenziale, ma l’efficacia dipende dall’uso che se ne fa.
L’AI può migliorare le opere e offrire prospettive creative, ma temo che un uso eccessivo possa compromettere l’autenticità della fotografia, creando immagini che distorcono la verità delle esperienze umane.
Pur credendo nel progresso tecnologico, è fondamentale usarlo con attenzione. Dobbiamo mantenere un equilibrio per garantire che la creatività e l’esperienza umana rimangano al centro del processo artistico. La fotografia deve raccontare storie autentiche e riflettere la nostra realtà, quindi l’uso dell’AI deve essere guidato da sensibilità e consapevolezza del suo impatto.
Quando è stata l’ultima volta che hai fatto qualcosa per la prima volta? E soprattutto, cosa hai fatto?
Per me, ogni attimo è un’emozione nuova e, in un certo senso, è sempre la prima volta. Essendo una persona curiosa, mi piace esplorare e sperimentare continuamente. Ogni esperienza, che sia un viaggio, una scoperta artistica o un momento quotidiano, offre qualcosa di stimolante.
Questa attitudine mi consente di affrontare la vita con una prospettiva fresca, permettendomi di vedere anche le situazioni più comuni come avventure uniche. Pertanto, non esiste un vero e proprio “ultima volta”; ogni giorno rappresenta un’opportunità per imparare e crescere.
Come sarebbe la tua vita se potessi viverne un’altra diversa da questa?
Se potessi vivere un’altra vita, pur essendo diversa, immagino che condividerebbe elementi comuni che la renderebbero altrettanto significativa.
Amo la mia vita attuale e ogni giorno rappresenta per me un’opportunità preziosa. Non so esattamente come sarebbe questa nuova esistenza, ma sono certa che sarebbe comunque caratterizzata da amore e gratitudine.
Qualunque forma assumesse, sarebbe una vita vissuta apprezzando ogni singolo momento fino all’ultimo. La mia attitudine verso le esperienze, le relazioni e le emozioni rimarrebbe la stessa, perché credo che la bellezza della vita risieda nella sua imperfezione e nella capacità di trovare gioia anche nelle piccole cose. Pertanto, qualunque fosse il mio percorso, desidererei vivere profondamente e autenticamente, immergendomi completamente in ogni attimo.
L’ARTISTA
Anna Caterina Masotti nasce negli anni 70 a Bologna, dove attualmente vive con le sue tre figlie. Sin da piccola ama giocare creando collage con foto, tessuti e ricami in compagnia della amata nonna Ada, fondatrice dell’azienda di Famiglia, che produce Lingerie di Lusso.
Dall’età di 10 anni inizia ad appassionarsi di fotografia: passione trasmessa dalla madre Olga, stilista innovativa che amava fotografare, nel tempo libero, fiori e paesaggi.
Anna Caterina fotografa tutto ciò che vede intorno a sé, prima con una Polaroid, poi con una Olimpus Xa. Alternando, successivamente, alla fotografia le riprese video, con una delle prime telecamere Video8, la Sony CCD-V8.
Terminati gli studi a 22 anni entra subito nella house agency di famiglia dove si occupa di comunicazione.
Nel 2004 ritira assieme al padre Alberto il premio La Kore , Oscar della Moda.
Qualche tempo dopo, riceve un importante riconoscimento per il suo ruolo di giovane dirigente di una azienda italiana di eccellenza e viene invitata al Quirinale dal Presidente della Repubblica per parlare ad una platea di studenti.
Successivamente viene nominata Direttore della Comunicazione del Gruppo, gestendo personalmente tutti i servizi fotografici e gli eventi nel mondo.
Nel 2009 decide di lasciare il suo incarico per dedicarsi alla famiglia in particolare alla sua primogenita.
Nel 2010, a seguito di una visita di routine, le viene diagnosticato un problema agli occhi per il quale ha dovuto subire diversi interventi chirurgici. Da quel giorno la sua percezione del mondo e di ciò che vede e sente attorno cambia. I suoi sensi si modificano. La sua vita ha un inaspettato cambio di percorso. Appena appresa la notizia di doversi operare, riprende a fotografare in maniera compulsiva, utilizzando ogni mezzo a disposizione. E’ da questo momento che fotografare diventa una priorità. Attraverso una nuova visione che la porta ad esplorare modalità alternative di percezione della luce.
LA MOSTRA
Thea Maris | Risonanze del Mare
Bologna, Conserva di Valverde, dal 5 all’11 febbraio 2025