Ingegnere nucleare, architetto e artista visivo, Ali M. Demirel è una figura liminale che attraversa mondi e discipline.
Conosciuto per le sue collaborazioni con icone della musica elettronica come Plastikman, ha ridefinito il concetto di visual live show, trasformando il linguaggio astratto del suono in esperienze immersive ad alta intensità estetica. In occasione della nuova edizione del Kappa FuturFestival, Demirel firma ancora una volta le scenografie visive di alcuni dei palchi più iconici del festival torinese, con l’eleganza minimale che da sempre contraddistingue la sua poetica.
Lo abbiamo intervistato per esplorare la sua visione, tra algoritmi, silenzi e intelligenze naturali.

L’INTERVISTA
Kappa FuturFestival è uno dei festival più iconici e innovativi d’Italia, capace di fondere anime artistiche diverse e di dare spazio non solo alla musica, ma anche all’arte visiva. Qual è la tua sfida creativa, questa volta?
Come artista ho uno stile visivo ben definito—minimalista e moderno. Ma quando mi è stato chiesto di curare i visual per i palchi del Kappa FuturFestival, ho dovuto considerare la varietà di linguaggi artistici rappresentati dai performer. Ho scelto artisti visivi diversi per ciascun palco in base all’estetica della musica in programma. In festival come il KFF, i visual di scena sono diventate una componente dominante dell’esperienza: devono dialogare con la musica, altrimenti rischiano di sovrastarla. Anche quando il sound e il design scenico sono audaci e massimalisti, cerco sempre di ancorare l’esperienza a un senso di chiarezza moderna e minimalismo. Per me si tratta di lasciare che sia la semplicità a parlare, senza perdersi nel rumore.
Hai un background in ingegneria nucleare e architettura, cosa piuttosto insolita per un artista visivo. In che modo queste discipline influenzano ancora il tuo modo di pensare e costruire le opere? Come nasce e si evolve il tuo linguaggio?
Credo nel modello rinascimentale dell’artista—una figura capace di muoversi tra saperi e discipline diverse. È un concetto che affonda le radici nel Rinascimento europeo, incarnato da figure come Leonardo da Vinci, che univano conoscenza e creatività. Penso che il design migliori quando si basa su principi ingegneristici solidi. Allo stesso tempo, è fondamentale liberare l’immaginazione dai vincoli tecnici. Dico spesso: sogno come un artista, progetto come un architetto, realizzo come un ingegnere.
Dalla ricerca accademica alla sperimentazione audiovisiva, fino alle installazioni site-specific: come si è sviluppato il tuo linguaggio visivo nel tempo?
Quando ho iniziato a fare video arte, nei primi anni ’90, usavo una videocamera VHS che dovevo affittare o prendere in prestito per pochi giorni. Non esisteva ancora il montaggio non lineare. Gli strumenti condizionavano il processo creativo: fare video arte significava pensare in modo completamente diverso. Con l’arrivo del digitale e del montaggio non lineare, quel modo di lavorare è cambiato, e poi ancora quando ho iniziato a integrare il coding in tempo reale. Adattare il mio linguaggio artistico all’evoluzione tecnologica è stato un processo continuo e prezioso. Ma non si tratta solo degli strumenti: cambia anche la dimensione concettuale. Da giovane avevo preoccupazioni e focus diversi. Oggi viviamo in una nuova realtà, quella dell’Antropocene, e questo inevitabilmente influisce sulle domande che pongo e sulle opere che realizzo.
Tra le tue collaborazioni c’è quella con Plastikman, celebre per l’uso di immagini minimaliste sincronizzate al suono. Come cambia la tua ricerca visiva quando la temporalità è condivisa con la musica?
La mia collaborazione con Richie Hawtin per il progetto Plastikman è iniziata con un videoclip e si è evoluta in uno show live completo. Nel montaggio video, riuscivo a sincronizzare perfettamente le immagini con il suono—una vera sperimentazione di sinestesia audiovisiva. Successivamente, ci siamo posti la sfida di portare tutto questo in un live: è stato un lavoro lungo e impegnativo. Per quello show, ogni elemento visivo era completamente integrato con la sua performance sonora: tutte le immagini erano attivate direttamente dal suono.
Cosa pensi dell’intelligenza artificiale applicata all’arte? La tecnica può superare la creatività?
L’intelligenza è un concetto che va ben oltre i processi tecnici. Oggi vediamo molte rappresentazioni superficiali dell’IA, soprattutto tra i giovani artisti—e trovo che questo sia un segnale preoccupante. Inseguendo un’estetica digitale, rischiamo di perdere il contatto con il corpo e con la natura, dove credo risieda la vera intelligenza. Nelle mie opere recenti esploro, per esempio, l’intelligenza delle rocce. Questo lavoro è attualmente esposto al Padiglione Turchia della Biennale di Architettura di Venezia, curato da Ceren Erdem e Bilge Kalfa. L’edizione di quest’anno, dal titolo Intelligens: Natural. Artificial. Collective., curata da Carlo Ratti, ospita molte opere potenti che affrontano questo tema in modo profondo.
Pensi che un artista debba prendere posizione ed esprimere le proprie idee attraverso l’arte?
Credo che sia esattamente per questo che facciamo arte.
Che ruolo ha la musica nella tua ricerca? E l’elettronica in particolare? Ti piacerebbe salire sul palco come DJ al Kappa FuturFestival?
La musica—o più in generale, il suono—è una componente fondamentale del mio lavoro, quasi inseparabile. Ogni mia opera include una dimensione sonora, anche solo sotto forma di silenzio. Non compongo io stesso, preferisco collaborare con musicisti o sound artist, ma ho sempre una visione molto chiara di ciò che voglio e di cosa mi risuona. Questo mi aiuta a scegliere i giusti collaboratori. Nel 2013, sono salito effettivamente sul main stage del KFF—non come musicista, ma come artista visivo—durante la mia collaborazione con Richie Hawtin.
Puoi citare i tuoi cinque artisti preferiti di sempre?
È una scelta difficile, perché alcuni artisti mi influenzano in modi così diversi da non poterli paragonare. Ma se devo fare dei nomi: Leonardo da Vinci, per il modello rinascimentale a cui mi riferivo; Andrej Tarkovskij, per il linguaggio cinematografico; Tool e Plastikman, per la musica.
Ricordi la prima mostra che ha acceso la tua visione artistica? E l’ultima che ti ha colpito?
Nel paese in cui sono cresciuto, in Turchia, non c’erano spazi d’arte contemporanea. Le prime scintille sono arrivate dai libri e dalle riviste d’arte che trovavo in biblioteca. L’ultima mostra che mi ha colpito è stata proprio la Biennale di Architettura di Venezia, di cui parlavo prima.
C’è un desiderio artistico che non hai ancora realizzato?
Sì: girare un film western.
Cosa c’è nel tuo studio? Quadri, sculture, piante, tecnologia?
Ho due studi—uno a Berlino e uno a Bodrum. Quello di Berlino è molto minimalista. A Bodrum, invece, ho il mio laboratorio di legno e metallo, tutti i miei libri, vecchie videocassette, dipinti e oggetti raccolti nel tempo. Amo le piante, ma il mio stile di vita nomade non mi permette di prendermene cura come vorrei.
L’ARTISTA

Ali Mahmut Demirel, nato in Turchia nel 1972, è un artista con base a Berlino. Dopo gli studi in ingegneria nucleare e architettura, si è dedicato all’arte. Ha iniziato a realizzare opere video e sonore nei primi anni ’90, mentre lavorava come ricercatore presso il Centro di Ricerca su Sistemi Audiovisivi della Middle East Technical University. In quel periodo è stato anche attivo nei movimenti Körotonomedya e Magnetmus.
Negli anni 2000 ha indirizzato il suo lavoro verso le immagini generate in tempo reale al computer, dando vita a performance audiovisive interattive dal vivo. È noto soprattutto per la sua collaborazione di lunga data con il produttore di musica elettronica Richie Hawtin, alias Plastikman, con cui ha esplorato un immaginario visivo minimalista e astratto perfettamente sincronizzato con il suono.
In una fase successiva è tornato alla video installazione, realizzando una trilogia video intitolata Post-Apocalyptic Utopias on Architecture, confluita nella mostra personale ISLE all’Arter di Istanbul nel 2018. Attualmente sta lavorando a una nuova serie che connette ecologia, natura e mito.
ali-m.de
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IL FESTIVAL

La dodicesima edizione di Kappa FuturFestival, uno dei festival di musica elettronica più grandi al mondo, si prepara ad accogliere decine di migliaia di persone il 4, 5 e 6 luglio 2025 al Parco Dora di Torino. 3 giorni, 6 palchi per quello che si preannuncia essere, ancora una volta, l’evento più internazionale dell’estate italiana, attirando visitatori da oltre 130 Paesi.
LA LINE UP
La line-up, estremamente eterogenea e ricca di sorprese, è così suddivisa per giorni:
Venerdì 4 luglio ADIEL B2B QUEST, ADRIAN MILLS B2B BIIA, AIROD B2B ANXHELA, ANYMA , ANOTR, AZYR, BAD BOOMBOX, BEN UFO B2B FRANCESCO DEL GARDA, CLOUDY B2B NOVAH, DENNIS CRUZ B2B THE MARTINEZ BROTHERS, DONATO DOZZY, DRUMS AND CHANTS, EAST END DUBS, FATIMA KOANDA, FJAAK, FLEUR SHORE, FOLAMOUR, GANDALF, GENE ON EARTH B2B DYED SOUNDOROM, KETTAMA, LENA WILLIKENS, NICO MORENO, NICOLA GAVINO, NICOLA MAZZETTI, NINA KRAVIZ, O.BEE B2B TOMAS STATION, OGAZON B2B RYAN ELLIOTT, PACO OSUNA, PAWSA, SETH TROXLER, SKREAM B2B PROSPA, SOULWAX LIVE ITALIAN EXCLUSIVE, SPEEDY J, SURGEON, THE LADY MACHINE.
Sabato 5 luglio ALIGNMENT, ANYMA B2B SOLOMUN, ARTBAT, AURORA HALAL, BARBARA LAGO B2B DANIELLA DA SILVA, BASSWELL B2B ONLYNUMBERS, BINH, CHRISLIEBING, COLIN BENDERS, DEXPHASE B2B SKRYPTYON, DIXON, DJ HELL, DJ STINGRAY 313 B2B HELENA HAUFF, DOM DOLLA, FIORELLA, FJAAK B2B ELLI ACULA, FLOATING POINTS LIVE ITALIAN PREMIERE, INNER LAKES, JOWI, MASSANO, MATHEW JONSON, MEDUZA 3, MISS MONIQUE, NICOLE LOVERA, OGAZON, SETH TROXLER B2B DJ TENNIS, SHLOMO, SNEAKER DU, SPEEDY J, TATYANA JANE, THE EXALTICS LIVE, TINI GESSLER, VINTAGE CULTURE B2B BELTRAN, VOICES FROM THE LAKE LIVE, YOUNIVERSE, VRIL, 19:26.
Domenica 6 luglio ADAM BEYER B2B MACEO PLEX, BORIS BREJCHA, CARIBOU LIVE, CARL COX LIVE, CHARLOTTE DE WITTE, CHRIS AVANTGARDE, CHRISTOPHER COE, DIPLO, DVS1 & TRAXX, ENRICO SANGIULIANO, ERIS DREW B2B OCTO OCTA, FANTASM, JANE FITZ, JOE CLAUSSELL B2B RON TRENT, JOSEPH CAPRIATI, KEVIN DE VRIES, KERRI CHANDLER, LILLOUIS, LILLY PALMER, MARIE MONTEXIER B2B SIMONE DE KUNOVICH, MAU P, MITA GAMI B2B FRANKY WAH, OCTAVE ONE LIVE, OGUZ, OLYMPE, OTTA, PATRICK MASON, PEGGY GOU, REINIER ZONNEVELD live, SALLY C, SIZING, SOLOMUN EXTENDED SET, THE ROBINSON.
LE INIZIATIVE
Con grande stima per la sua visione e il suo impatto artistico, Kappa FuturFestival rende omaggio a Oliviero Toscani, maestro della fotografia contemporanea, proiettando su un palco – il Voyager – il suo progetto Portraits on white background: Razza Umana. Un lavoro monumentale che raccoglie 150 ritratti di persone provenienti da 146 nazionalità, scattati durante le passate edizioni del festival. Le sue fotografie, intense e universali, non solo diventano parte integrante dello spettacolo, ma trasformano lo stage in una vera e propria esposizione, rafforzando il dialogo tra musica e arti visive e celebrando l’umanità che anima KFF. A proseguire questo importante racconto sarà Ali Toscani, figlia di Oliviero e già direttrice creativa del festival, che realizzerà nuovi ritratti del pubblico durante l’edizione 2025, dando continuità al progetto Razza Umana e ampliandone lo sguardo.
Il fotografo Jacopo Di Cera tornerà al Kappa FuturFestival con due progetti distinti ma complementari. Il primo, Souls, è un racconto visivo intimo e poetico delle “anime del festival”, che prende forma attraverso ombre e riflessi. Dopo il successo della scorsa edizione a Porto Urbano, il progetto si evolve in uno spazio più riservato, dove l’autore potrà esplorare con maggiore profondità l’estetica e l’essenza dei partecipanti, creando una vera e propria mappa visiva dell’anima collettiva del festival. Il secondo progetto guarda invece al KFF dall’alto, con scatti aerei che svelano connessioni tra persone, musica e arte. Un punto di vista che restituisce la dimensione esperienziale del festival e racconta, in modo inedito, la relazione tra corpi, suono e spazio. Inoltre, Ali Demirel mixerà dal vivo sui palchi una selezione di 250 opere d’arte. Infine, grazie alla collaborazione con la piattaforma Blackdove, sarà esposta sui totem una selezione di opere d’arte di Acid boy, AlvinMak, Blacknoise, FrameMaker, Irene Demetri, Jacob Spacek, Jazer Gilies, Jessica In, Jonathan Mccabe, Kinetic Graphics, Lane Heckaman, Lorem, Mark Dearman, Mark Malta, mmnksr, Natural Warp, Sahar Homami, Selay Karasu, Shanef3D, Simon Alexander Adams, Syddharth, Tatyana Zabanova, VJ Kid Kadian e Yanigasawa.
Come lo scorso anno, prende vita il Kosmo Stage, sul quale sarà protagonista l’installazione Dance First Think Later, a cura di una delle artiste italiane più riconosciute a livello mondiale, Marinella Senatore: ha concepito un’opera site-specific per Parco Dora, cornice ideale per sculture luminose all’interno delle quali musica e danza rappresentano valori intrinsecamente collegati alla ricerca e pratica artistica stessa di Senatore. La citazione di Samuel Beckett, Dance First Think Later, ha la capacità di esemplificare l’attitudine del Festival: la scultura crea uno spazio di energia attivato dalla luce e dal pubblico stesso, all’insegna dell’empowerment del singolo e dell’assemblea, attraverso un rituale collettivo.
Il progetto per il palco Kosmo di KFF è stato pensato come uno spazio speciale dove potessero accadere cose altrettanto speciali. Del resto, è proprio questo il primigenio significato dietro alle luminarie del Sud Italia, che sono la tradizione alla quale mi sono ispirata per crearlo. Le luminarie infatti, prima ancora di essere utilizzate come elementi decorativi durante le feste religiose, avevano nel loro significato più pagano questa idea di assemblea, di gathering, di riunione di cittadini in piazze che non esistevano, che erano create da queste architetture effimere e temporanee che creavano appunto una sorta di spazio quasi magico, una specie di santuario di giorno e di incredibile piazza piena di vita e di connessioni di notte, con la magia delle luci che si accendevano – ha dichiarato Marinella Senatore – Un altro simbolo importante del palco, e soprattutto dell’installazione frontale che vediamo sulla sommità del palcoscenico, è un sole, che è in realtà una citazione del famoso e interessantissimo teatro politico statunitense, il Bread and Puppet Theater, una forma iconica del loro lavoro che mi è sembrata di grandissimo potenziale energetico e portatrice di forti valori simbolici: è un messaggio che invita all’empowerment, all’emancipazione, all’espansione e alla fioritura delle persone.
Marinella Senatore, con quest’opera, ha voluto creare uno spazio per tutti, in cui lasciarsi andare e inventare sé stessi, e che la musica e la danza rafforzano insieme all’energia dei corpi delle persone. «Per me un palco è da sempre una piattaforma sociale e, di conseguenza, il posto perfetto in cui poter immaginare una nuova idea addirittura di “chiesa” e di possibilità trasformativa» ha concluso l’artista.
Dal 26 giugno al 30 luglio, presso EDIT Porto Urbano (Murazzi del Po Gipo Farassino, 15 – Torino), Kappa FuturFestival presenta Hyperworlds di Annibale Siconolfi, in arte Inward – una selezione di opere visionarie che immaginano scenari urbani futuri, iperstratificati e post-umani. Attraverso un linguaggio che unisce architettura, estetica distopica e critica sociale, Hyperworlds invita a riflettere sul rapporto tra essere umano, tecnologia e ambiente costruito. Le opere di Siconolfi si distinguono per l’estrema densità spaziale, la monumentalità delle strutture e una minuziosa attenzione al dettaglio, trasformando l’architettura in una poetica narrazione del futuro urbano. L’anteprima si terrà il 26 giugno, dalle ore 16.00 alle 22.00.