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Intervista – TANDA FRANCIS: la mia arte è una riflessione sulla complessità dell’identità umana

Tanda Francis, artista statunitense nata nel 1977, è la vincitrice della 19ª edizione di Arte Laguna Prize con la sua opera intitolata “Rockit Black”.

La scultura, realizzata utilizzando materiali di scarto legati alle proteste del movimento Black Lives Matter del 2020, reinterpreta simboli e memorie di un momento cruciale della contemporaneità.
La Francis con la sua arte si muove lungo la sottile linea tra memoria storica e trasformazione artistica, invitando a riflettere sulle connessioni tra le lotte sociali e il nostro comune senso di umanità.

In occasione del premio a Venezia l’abbiamo intervistata per approfondire il suo mondo artistico ed esplorato la sua visione tra arte pubblica e impegno sociale.

L’INTERVISTA

La vittoria ad Arte Laguna Prize cosa rappresenta per te? Un punto di arrivo e anche un nuovo punto di partenza?

Oltre all’onore di vincere il Laguna Art Prize, è sicuramente una pietra miliare e un trampolino di lancio. È la prima volta che espongo una statua pubblica in questa parte del mondo. Spero di continuare a diffondere il mio lavoro a livello globale. Vedo queste audaci statue figurative come un mezzo per connettere ed impegnare le comunità che le ospitano, aiutandole a riflettere su sé stesse e sul mondo.

Come è nata l’idea per Rockit Black? Quali emozioni o riflessioni l’hanno ispirata?

Durante le proteste del movimento Black Lives Matter, per il progetto Plywood Protection di Worthless Studio ho raccolto il compensato usato per coprire le vetrine dei negozi di New York City. Questi pannelli, che altrimenti sarebbero stati smaltiti come rifiuti, sono stati recuperati. Ho avuto l’opportunità di creare una scultura pubblica utilizzando quel materiale.
La scultura è stata collocata nel Queensbridge Park, lungo lo skyline di Manhattan sull’East River e vicino ai progetti residenziali di Queensbridge.

Con questa ambientazione in mente, mi sono ispirata alle storie delle dee africane legate ai fiumi. Mentre preparavo il modello della statua, mio figlio di due anni, per il quale avevo appena comprato un razzo giocattolo, ha guardato i disegni su cui stavo lavorando e ha esclamato: “Rocket!” Io ho risposto: “Sì, RockIt Black”, dando così immediatamente un nome all’opera.

Quali emozioni o riflessioni ti hanno ispirata?

Il 2020 è stato un periodo tumultuoso per molti, segnato da esperienze profonde e spesso dolorose.
La pandemia, i disastri naturali, le perdite di vite umane e i disordini sociali hanno scosso il mondo intero.
Le proteste legate a Black Lives Matter hanno rappresentato un’esplosione globale di rabbia, frustrazione e desiderio di essere ascoltati.

Non è stata una singola emozione a ispirarmi, ma una raccolta di sensazioni condivise da molte persone. Ho voluto riflettere anche sulla complessità dell’identità umana: troppo spesso, quando le autorità si confrontano con una persona nera, vedono solo gli stereotipi legati al concetto di “blackness”.
Il ritratto che emerge da una superficie bidimensionale nella scultura vuole suggerire una profondità e una complessità che si manifestano.

In quel periodo stavo anche lavorando su un ritratto di Maya Angelou, e l’idea di texture e profondità che emergono da una pagina piatta mi affascinava. La figura che prende forma richiama l’immagine di un capitolo in via di scoperta, un libro aperto. I profili multipli riflettono la molteplicità che si può trovare in una persona o in una comunità.

Il compensato, che nel 2020 aveva vissuto sulle strade, mantiene le sue tracce visibili nella superficie di RockIt Black, anche sotto i diversi strati di vernice. La storia è intrappolata al suo interno.

Il materiale è un protagonista centrale nel tuo lavoro. Come sceglie i materiali e qual è il loro significato per te in termini artistici e concettuali?

Credo di aver già risposto in parte nella risposta precedente. Per RockIt Black, il compensato ha avuto un’importanza fondamentale. Ho fatto di tutto per far spedire il materiale originale affinché fosse presente per il Laguna Art Prize.

Nel mio lavoro, spesso mi trovo a usare materiali come cemento e acciaio, per la loro durabilità e convenienza, soprattutto nelle opere monumentali di arte pubblica. Tuttavia, sto cercando soluzioni più sostenibili per presentare le storie che voglio raccontare.

Artisticamente, materiali come cemento, acciaio e bronzo evocano familiarità, forza e versatilità nelle superfici. Lavorare con l’argilla, invece, mi connette alla terra: è un materiale morbido e plasmabile, che richiede cura e attenzione. Recentemente ho iniziato a modellare in cera e a utilizzare la scansione 3D. Questo approccio digitale mi permette di unire il mondo fisico e quello virtuale, creando opere che vivono sia nello spazio reale che in quello digitale.

Pensi che un artista debba fare politica con la propria arte e come vede il ruolo dell’arte nei movimenti di protesta sociale e nella lotta per l’inclusione?

Sì, credo che gli artisti debbano impegnarsi politicamente attraverso la loro arte. Il nostro ruolo è quello di digerire, tradurre e preservare le voci del nostro tempo per il futuro.
L’arte può amplificare le voci necessarie, spesso messe a tacere strategicamente.

Cosa è per te l’estetica?

Per me, significa un’intenzione verso la bellezza. Creare qualcosa di esteticamente piacevole non è sempre necessario, dipende dalla storia che si vuole raccontare. Tuttavia, quando si lavora con l’arte pubblica, un’estetica accattivante può aiutare, poiché le comunità che ospitano le statue hanno voce in capitolo. Voglio ampliare ciò che consideriamo bello, mostrando la bellezza divina della blackness.

C’è un desiderio artistico che non hai ancora esaudito? 

Il mio sogno è creare un tour partendo da RockIt Black, per avviare conversazioni significative su dove queste opere vengono collocate. Voglio sviluppare uno studio in cui il lavoro fisico e digitale si integri perfettamente per servire progetti comunitari.
Il mio obiettivo è promuovere connessioni e comprensione sociale, per favorire una guarigione collettiva.

Quali sono le parole chiave per descrivere la tua opera

Audace, bello, benedetto, spirituale.

Come ti definiresti in terza persona?

È concentrata, determinata e coraggiosa.

Ricordi la prima mostra che ha illuminato la tua visione artistica?

Una mostra al MoMA dedicata al design applicato. Mi ha colpito particolarmente un’opera di Massoud Hassani, Mine Kafon, una struttura eolica progettata per attraversare il terreno e detonare mine.
Era un oggetto impressionante, con materiali semplici ma un design nobile e funzionale. Mi ha ispirata a pensare al potenziale scopo nobile del mio lavoro.

Cosa c’è nel tuo studio?

Non ho luce naturale, quindi niente piante. Ci sono disegni, maquette, un gatto, materiali per creare arte e disegni dei miei figli.

Qualcuno che consiglieresti per un’intervista su Hestetika e perché?

Diego Anaya, per il lavoro che sta facendo con il Black Brick Project. È una galleria ambiziosa che espone artisti emergenti e dà voce a quelli sottorappresentati, con programmi in crescita per coinvolgere e supportare la comunità.
È mio marito, quindi lo vedo da vicino, ma non è solo un’opinione di parte.

Dategli un’occhiata!

L’ARTISTA

Tanda Francis è un’artista di New York (Brooklyn), il cui principale interesse è la creazione di arte pubblica, inclusi monumentali volti africani. Il suo lavoro si rivolge alle persone della diaspora africana, spesso poco rappresentate nell’arte pubblica. Francis considera i rituali e le usanze radicati in un passato spirituale e ancestrale come un mezzo significativo per comprendere e affrontare le condizioni contemporanee e future dell’umanità.
Attraverso le sue opere, mira ad attivare un dialogo sull’origine universale, capace di superare le barriere culturali.

Francis esplora sia forme d’arte digitali che tradizionali, lavorando ed esponendo le sue opere in mostre personali e collettive, a livello locale e internazionale. Ha realizzato diverse opere monumentali site-specific di arte pubblica, tra cui BIGGIE (2014), New York City; Everyone Breaks, Riverside Park, New York City (2015-2016); And We Breathe (collaborativo), Van Cortlandt Park, New York City (2015-2016); Take Me With You, Socrates Sculpture Park, New York City (2017-2018); Adorn Me, Fort Greene Park, Brooklyn (2017-2018), tra le altre.
Ha vinto la 19esima edizione di Arte Laguna Prize.

LA GALLERY

INFO

https://www.tandafrancis.com/
https://www.instagram.com/tandafrancis/

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