Arrivano per la prima volta a Roma i disegni di Martina Bruni, artista e psicoterapeuta, in un progetto costruito su misura per le stanze di Casa Vuota.
Chiavi in prestito – racconta l’artista – sono quelle che tengo in tasca da anni, da quando me ne sono andata da casa. Sono una raccolta di traslochi, mobili spostati, arredi dismessi, coperte mostruose e ninnoli. Sono uscita ed entrata da case non mie, tenendomi pezzi di muri sotto le unghie, passando da stanze aperte e letti occupati. Ho soggiornato in case infestate, ho chiuso porte che non si apriranno più, caffè versati in tazze che non mi sono mai appartenute. Ho dormito nelle intercapedini e messo le tende nelle fughe. Non è mai passata la nostalgia di casa, scendendo e salendo dai treni ho praticato rituali di memorie tra comodini e giardini. Non me ne sono mai andata e non sono mai ritornata. Così in questo vagare ho collezionato famiglie transitorie, vissuto affidi condivisi, lottato per camere separate”.
Nel progetto espositivo Chiavi in prestito viene proposto al pubblico un ciclo di lavori realizzati dall’artista negli ultimi anni.
Sono opere su carta di piccolo formato– spiegano Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo – tasselli del puzzle di una mostra nella quale addentrarsi di soppiatto, con cautela, illuminando con piccole torce porzioni di buio. Una mostra da ascoltare negli scricchiolii, nel respiro segreto delle stanze, dove spesso la presenza umana è assente e, se c’è, è addormentata e sembra una cosa fra le cose”.
Martina Bruni disegna stanze di case altrui e sceglie di disseminarle negli ambienti di Casa Vuota.
Con i suoi pastelli densi e stratificati – scrivono i curatori – Bruni ficcanasa dentro le case nelle quali si è trovata a soggiornare, nelle quali ha vissuto, nelle quali è passata, dormendo una notte soltanto, nelle quali ha osservato ordini e disordini peculiari e privatissimi, ricapitolandone gli oggetti, i volumi, i vezzi, le emozioni, in una scenografia del nomadismo fatta per esibizioni con il fiato corto”.
Una moltitudine di rimandi e suggestioni getta nuova luce nello spazio espositivo.
Come in un rito del quale le chiavi sono un feticcio e un amuleto – proseguono Del Re e de Nichilo – Casa Vuota viene posseduta da milioni di case, abitate per breve tempo o soltanto immaginate, grazie alle finestre che sembrano spalancarsi grazie ai minuti disegni di Martina Bruni, pieni di tratti inquieti e di colori vorticanti, accesi e mai pacificati. È una mostra sul vuoto, Chiavi in prestito: ne esorcizza gli echi senza riempirlo, lasciando i territori circoscritti entro i quali l’artista fa affiorare le sue immagini, fiabesche e stregate, a galleggiare nello spazio inquieto dell’appartamento disabitato, pieno di domande e nudo. Gli occhi cercano di sconfinare dentro il mondo immaginifico delle carte segnate, tentando di varcare porte troppo piccole attraverso le quali si può soltanto spiare”.
Le chiavi prese in prestito non hanno radici, appartengono alle case degli altri e sono viatici per luoghi magici nei quali vigono le regole dell’ospitalità senza appartenenza. Non solo: a venire prese in prestito possono essere chiavi di lettura, possibilità di pensare e osservare assumendo prospettive diverse. Comportano le azioni dello spostarsi per osservare, che definiscono il modo proprio dell’artista di entrare e uscire dalle stanze, dalle storie e dalle vite degli altri.
La ricerca artistica di Martina Bruni è intimamente legata alle istanze e alle pratiche della tecnica psicologica e del suo lavoro di psicoterapeuta. Il colloquio clinico si rispecchia nel disegno, nella misura in cui l’io dell’artista lascia il posto agli altri. Così avviene nelle stanze dipinte nelle quali Bruni conduce il visitatore della mostra, invitandolo a sbirciare con lei: racconti di un controtransfer, ovvero di quel sentimento che prova il terapeuta verso il suo paziente. L’artista decide di dipingere la sua assenza dalla scena, riservando il ruolo di protagonista della sua ricerca artistica alle stanze altrui, da riallestire come set, con i loro oggetti intimi e quotidiani, per poi disegnarle e reinventarle. La casa resta la stessa, ma il passaggio di Martina, con il suo sguardo fiabesco e onirico, la modifica.
Occuparsi dello spazio dell’altro, occuparlo fisicamente e spiarne i segreti – concludono i curatori – è per Martina Bruni un gesto di appropriazione e di gratitudine, un modo di raccontare una relazione, il legame con le persone che le hanno fatto posto a casa loro, un discorso sull’importanza degli altri nella nostra vita, sul tempo che non può tornare. L’occasione di un incontro con lo spazio e il passaggio dell’artista all’interno di esso vengono fermati col colore e così offrono un supplemento di memoria, un rituale contro l’oblio. Nelle case perdute e persino mai possedute alberga il concetto di restanza caro a Vito Teti, che si ritrova nell’abitudine di Martina Bruni di vincere la propria nostalgia cercando artisticamente una casa giusta per lei nelle case degli altri”.
L’ARTISTA
Martina Bruni è nata a Cosenza nel 1989 e vive a Milano. Psicologa e psicoterapeuta junghiana, disegna prediligendo i pastelli a olio e le opere di piccolo formato. Nel 2021 lo Spazio Martin di Milano ospita una sua personale intitolata Infestante. Tra i progetti recenti si segnalano nel 2022 la partecipazione alla residenza C.F. Contempororaryfire di Cerreto Guidi in Toscana, nel 2021 Walk in Studio a Milano e Rovina di Futuro Arcaico a Bari e a Valona in Albania, nel 2020 Ulisse presso La Galleria di Amantea e la performance pittorica Dafne allo spazio Metodo di Milano. Espone nelle collettive Noccioline organizzate da Yellow, nel 2020 nello studio di Davide Serpetti a Tortoreto e nel 2019 nello studio di Luigi Presicce a Firenze. È del 2019 infine la partecipazione al Simposio di pittura della Fondazione Lac O Le Mon di Lecce.
INFO
CHIAVI IN PRESTITO
MARTINA BRUNI
A CURA DI: Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo
Casa Vuota – Roma, via Maia 12, int. 4
Fino all’8 gennaio 2023