Buddha10. Frammenti, derive e rifrazioni dell’immaginario visivo buddhista è un progetto che parte dalle opere presenti nelle collezioni per aprire prospettive più ampie relative a questioni che riguardano il museo, le sue collezioni e su cosa significa gestire, custodire e valorizzare un patrimonio di arte asiatica in ambito occidentale
Quali significati hanno gli oggetti rituali presenti nelle collezioni del MAO e come venivano utilizzati e percepiti nel loro contesto originario? Perché e come sono entrati a far parte del patrimonio del museo – così come di altri musei di arte asiatica in ambito europeo?
E ancora: quali sono i problemi posti dalla conservazione e dal restauro, subordinati al gusto e alle tecniche che cambiano nel tempo? Qual è il rapporto fra buddhismo e nuove tecnologie?
La mostra cerca di rispondere a queste domande attraverso le opere della collezioni del MAO.
Un corpus eterogeneo costituito da circa 2.300 oggetti provenienti da luoghi geografici e culturali molto distanti fra loro. La sezione numericamente più rilevante è quella dedicata alla Cina, composta principalmente da opere e manufatti legati al mondo rituale e all’ambito funerario e religioso, fra cui spiccano alcune straordinarie sculture buddhiste mai mostrate al pubblico, che verranno esposte proprio in occasione della mostra.
LESEZIONI
Nelle sale dedicate alle esposizioni temporanee, in uno spazio essenziale ed evocativo, oltre venti grandi statue buddhiste in legno o pietra di epoche diverse (dal V al XIX secolo) delle collezioni del MAO saranno accostate ad alcune sculture – tra cui due straordinarie teste scultoree in pietra di epoca Tang (618-907 d.C.) – provenienti dal Museo delle Civiltà di Roma, con cui il Museo ha avviato una proficua e articolata collaborazione, e a un importante prestito proveniente dal Museo d’Arte Orientale E. Chiossone di Genova.
Le opere saranno poste in dialogo o in contrasto fra loro, in un rapporto dialettico e diacronico che apre traiettorie di riflessioni su molte tematiche: il rapporto fra vero e falso, fra scienza e religione, la capacità del restauro di rivelare e nascondere, come due tipologie di ripristino possono modificare profondamente due opere simili, il ruolo della luce nella fruizione delle opere e molto altro.
Ai visitatori sarà anche proposta un’esperienza in VR della grotta 17 dei templi buddhisti di Tianlongshan, da cui provengono alcune delle opere in mostra, per fornire un ulteriore livello di approfondimento e di comprensione di questo sito archeologico e dei suoi reperti. La ricostruzione in 3D è stata realizzata in collaborazione con la Chicago University.
Le considerazioni sul restauro e sul significato di questa operazione sul patrimonio artistico asiatico secondo un’ottica decoloniale e non occidentale verranno condotte in collaborazione con il Centro per la conservazione e il restauro dei beni culturali La Venaria Reale, polo di eccellenza a livello italiano e internazionale, che, in occasione dell’esposizione Buddha10, ha realizzato un complesso e profondo restauro delle opere, ripristinandole e riportandole a uno stato di conservazione tale da consentirne l’esposizione al pubblico.
Una parte del lavoro di restauro avverrà anche in mostra e sarà visibile dal pubblico, che potrà assistere dal vivo al delicato processo.
Nella parte iniziale del percorso espositivo troverà invece spazio un progetto site specific realizzato dal botanico e studioso Stefano Mancuso, professore all’Università di Firenze e fondatore del Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale, destinato agli studi sul comportamento delle piante, insieme all’artista e designer Andrea Anastasio, un giardino di composizioni vegetali che ha lo scopo di accogliere il pubblico e purificare l’aria: i visitatori saranno invitati a trascorrere qualche minuto in questo spazio prima di accedere alla mostra, per “ripulirsi” e prendere parte a una sorta di rituale, di processo di costruzione di consapevolezza necessario ad affrontare la sacralità degli oggetti esposti nelle sale successive.
Anche Buddha10, come già Il Grande Vuoto, è una mostra aperta, viva, in continua evoluzione, un progetto che svela le analisi e i processi, ma non suggerisce conclusioni definitive: attraverso questa esposizione il museo intende proporsi come luogo in cui il rapporto fra oggetto mostrato e visitatore viene perennemente messo in discussione. È l’opera stessa a costruire complicanze rispetto al suo significato: all’osservatore il compito di coglierne le contraddizioni, il senso, il valore profondo.
In primavera la mostra subirà un cambiamento radicale e, grazie all’intervento di studiosi e artisti e alla sostituzione di numerose opere, il percorso espositivo verrà profondamente rinnovato: i visitatori saranno quindi invitati a tornare più volte in Museo per scoprire nuove opere e nuovi spunti di riflessione.
Per favorire questo approccio dinamico e interculturale, il percorso di mostra sarà arricchito dalla presenza di opere di artisti contemporanei, che proporranno nuove letture e riflessioni sulle collezioni museale, la loro fruizione e percezione da parte del pubblico. Fra gli artisti coinvolti segnaliamo Lu Yang, Xu Zhen, Wu Chi-Tsung, Charwei Tsai e Zheng Bo, le cui opere saranno parte integrante del percorso di mostra. In particolare, l’installazione Drawing life di Zheng Bo è anche parte del progetto espositivo The Mountain Touch, visitabile al Museo Nazionale della Montagna dal 5 novembre 2022 al 2 aprile 2023, mentre Ah di Charwei Tsai è uno dei tre capitoli di So will your voice vibrate di Artissima Internazionale d’Arte Contemporanea di Torino, realizzato con GAM e Palazzo Madama.
La mostra sarà arricchita di progetti site specific e performance musicali di alcuni artisti attivi a livello nazionale e internazionale, fra cui Lee Mingwei e Amosphère.