Nel centenario della nascita di Robert Rauschenberg (1925–2008), il Museo del Novecento di Milano dedica all’artista americano una mostra che non si limita alla celebrazione, ma tenta l’affondo critico: un corpo a corpo con la storia dell’arte italiana del ventesimo secolo.
Curata da Gianfranco Maraniello e Nicola Ricciardi con il supporto di Viviana Bertanzetti, l’esposizione si avvale della consulenza della Robert Rauschenberg Foundation e propone un inedito dialogo transatlantico. Otto opere chiave dell’artista sono disposte lungo il percorso museale, generando cortocircuiti visivi e concettuali con i capolavori della collezione permanente.

Ceramic – 270,3 x 231,1 cm (106,4 x 91 in)
Signed and dated bottom left R85.70/ 83.34 (RR 1308)
© Robert Rauschenberg Foundation / ARS, New York, 2025
Galerie Thaddaeus Ropac, London · Paris · Salzburg · Milan · Seoul
Photo: Ulrich Ghezzi
Il percorso espositivo: un montaggio tra epoche
Il percorso espositivo non si struttura in sezioni autonome, ma si innerva nelle sale del museo, innescando relazioni oblique, accostamenti azzardati, sovrapposizioni di senso. L’incipit è folgorante: nella Galleria del Futurismo, accanto alle visioni dinamiche di Balla e compagni, troneggia un Glut, assemblaggio di metalli e scarti industriali che ironizza sull’abbondanza petrolifera degli anni Ottanta. Il dialogo è frontale, tra due apologie del movimento: una ideologica, l’altra entropica.
Più avanti, tra le tele di Carrà e Sironi, campeggia Able Was I Ere I Saw Elba, rilettura del Napoleone di David, tra parodia e monumentalità svuotata. L’intersezione con I morti di Bligny di Arturo Martini aggiunge un ulteriore strato storico-politico: la Francia napoleonica, il fascismo, l’eco della retorica bellica.
Il piano superiore introduce la figura di Alberto Burri, primo italiano incontrato da Rauschenberg e fondamentale nella sua evoluzione materiale. Le combustioni del maestro umbro trovano un riflesso nei Cardboards americani, dove il cartone smette di essere supporto per diventare sostanza espressiva.
Fantasmi, specchi e scarti: la materia dell’arte
Un momento di sospensione attraversa la sezione dedicata al tempo e alla memoria: la Scultura d’ombra di Claudio Parmiggiani dialoga con un Phantom di Rauschenberg. Entrambe le opere, tra assenza e riflesso, evocano presenze sfuggenti, in una tensione poetica che sfida la permanenza dell’immagine.
Nella sala successiva, lo scarto diventa racconto urbano. Uno Spread degli anni Ottanta si confronta con le operazioni dei nouveaux réalistes come Arman, Spoerri e Christo: oggetti trovati, tracce quotidiane, composizioni post-industriali. Il “combine painting” di Rauschenberg rivela qui la sua eredità europea, in un andirivieni continuo tra le due sponde dell’Atlantico.
La sala con vista sul Duomo ospita Summer Glut Fence, una delle ultime sculture metalliche dell’artista: un’opera espansiva, caotica, attraversata da una vitalità compressa. Qui il dialogo si allarga: Mario Schifano e Jannis Kounellis rispondono con la loro ironia plastica e la gravità del gesto pittorico. I Turisti di Cattelan, a distanza, osservano silenziosi.
Il progetto ROCI e la vocazione globale
Il percorso si chiude con un’apertura. La sala finale presenta Onoto Snare / ROCI Venezuela, uno dei tasselli del progetto più ambizioso di Rauschenberg: ROCI (Rauschenberg Overseas Culture Interchange), serie di mostre itineranti realizzate tra il 1984 e il 1991 in diversi paesi del mondo. Una dichiarazione politica e poetica, fondata sulla fiducia nel potere comunicativo dell’arte come veicolo di comprensione interculturale. Il lavoro esposto, realizzato in Venezuela, incarna l’energia visionaria del progetto: colori saturi, segni stratificati, materiali eterogenei. Un mosaico del mondo.
Contaminazione come metodo
A tenere insieme questo itinerario, tutt’altro che lineare, è l’intelligenza curatoriale che ha scelto di non costruire un racconto didascalico, ma di generare frizioni e assonanze. Il montaggio di Rauschenberg, la sua estetica della sovrapposizione e del frammento, diventa dispositivo espositivo. Le sue opere si innestano nel tessuto del museo, ne alterano la percezione, ne riattivano le potenzialità.
Il risultato è una mostra che non cerca l’esaustività, ma l’incontro. Tra epoche, tra sensibilità, tra pratiche artistiche. Una proposta che invita a rileggere la storia dell’arte non come successione, ma come intreccio.

Summer Glut Fence, 1987 – Assembled metal parts and plastic objects
107 x 220 x 19 cm – 87.057 (RR 1279)
© Robert Rauschenberg Foundation / ARS, New York, 2025
Courtesy Galerie Thaddaeus Ropac, London · Paris · Salzburg · Milan · Seoul
Photo: Charles Duprat
Info
Rauschenberg e il Novecento
A cura di Gianfranco Maraniello e Nicola Ricciardi con Viviana Bertanzetti
Fino al 29.06.2025
Museo del Novecento
Piazza Duomo 8, Milano
www.museodelnovecento.org