Recensione mostra: “No Home from War: Tales of Survival and Loss” di Ivor Prickett alla Collezione Maramotti di Reggio Emilia

L’importanza del dettaglio. Guardare la mostra di Ivor Prickett alla Maramotti di Reggio Emilia significa immergersi nella drammaticità dei conflitti.

Con oltre cinquanta fotografie scattate in scenari di conflitto dal 2006 al 2022, “No Home from War:
Tales of Survival and Loss” rappresenta la più ampia esposizione sul lavoro di Prickett fino ad oggi. 

Partendo da una dimensione intima e domestica, caratterizzata dai conflitti umani e sociali in Croazia e Abkhazia, Prickett si è spostato nei luoghi di migrazione forzata, nelle terre di ricercato rifugio (Medio Oriente ed Europa), fino a giungere in prima linea nelle zone di combattimento (Iraq, Ucraina). 

Prickett, nelle cinque sale all’interno della quali si snoda la mostra, riesce perfettamente, attraverso le sue fotografie, a fare trasudare la sofferenza, il dolore e la disperazione generata dalla mostruosità della guerra.

Attraversare le sale e soffermarsi a guardare i volti e soprattutto i dettagli di ogni singola fotografia ti porta ad amplificare la riflessione dell’assurdità dell’uso del conflitto come soluzione per redimere le controversie di ogni genere.

Il mio interesse per la guerra e la mia genesi di fotografo interessato al conflitto è una storia raccontata al contrario. Ho cominciato a documentarne le conseguenze, poi ho seguito il movimento delle persone costrette a fuggire dalla guerra prima di passare infine a immortalare l’atto della guerra in sé e i suoi effetti immediati.

Ivor Prickett

IL PERCORSO

La mostra è strutturata seguendo il percorso di Prickett e la cronologia degli scatti.
Dal 2006 al 2010 il suo lavoro nei Balcani e nel Caucaso si è concentrato soprattutto su singoli individui e su piccoli gruppi familiari come nuclei di resistenza e tentativi incarnati di ri-esistenza. Nelle fotografie della minoranza serba in Croazia, sfollata negli anni Novanta a causa della guerra, così come nei ritratti della popolazione mingreliana georgiana in Abkhazia emerge una solitudine tanto ordinaria quanto abissale, che irradia da scenari e individui precari, sospesi, lasciati soli a fare i conti con la propria storia e a ricostruirla, partendo dalla ricerca di un senso di casa, di famiglia e di comunità in situazioni ancora molto fragili.

La crisi umanitaria derivata dalla guerra in Siria, i milioni di rifugiati in Medio Oriente e di migranti in Europa sono il soggetto di un corpo di lavoro realizzato da Prickett tra il 2013 e il 2015, muovendo l’obbiettivo dal vissuto privato verso l’esterno, nel momento stesso in cui le persone si trovavano costrette a spostarsi, a vivere in campi per rifugiati o a mettere a rischio la propria vita per sopravvivere, affrontando viaggi dall’esito incerto.

Seguendo la brutale guerra contro lo Stato Islamico (ISIS) in Iraq e in Siria tra il 2016 e il 2018 Prickett ha azzerato le distanze di spazio e di tempo con lo scenario bellico, scattando in prima linea al seguito dei contingenti militari iracheni. In questo paesaggio deflagrato, nelle immagini piene di macerie e di distruzione – in cui tutto sembra polverizzarsi o essere coperto dai resti di una recente esplosione – affiorano delicati brandelli di umana (stra)ordinarietà.

Con lo scoppio della guerra in Ucraina nel 2022 l’occhio di Prickett si è inizialmente soffermato sul crollo degli edifici, sul vuoto prodotto dai bombardamenti: le grandi ferite architettoniche divengono segni materiali e metafisici della distruzione dello spazio domestico e personale, aprendo uno squarcio sull’atrocità della situazione bellica in corso oggi in Europa. Attraverso gli occhi del fotografo i militari ucraini si stagliano come solenni figure avvolte dalla notte, i cui profili emergono solo se colpiti dalla luce delle loro stesse torce. Le esistenze dei civili, ancora una volta, si trovano accomunate in una condizione di dolore e incertezza, nell’incredulità del ripetersi dell’orrore.

Nelle scelte di taglio e di composizione degli scatti, nella luce non alterata artificialmente da cui emergono figure, ambienti e dettagli, Prickett crea immagini iconiche in cui riecheggiano soggetti e forme classiche dell’iconografia religiosa e della storia dell’arte.
L’amore e le virtù di santi senza nome, le espressioni contemporanee della Pietà, la semplicità di una scena bucolica, il mistero dell’attraversamento verso un’indefinita Isola dei Morti, il dramma di Caravaggio e la terrena spiritualità di Rembrandt: la forza simbolica ed estetica è per Prickett al servizio di una riflessione sulla storia presente.
Nel corto circuito generato dall’impressione di trovarsi di fronte a una forma di staged photography e dalla consapevolezza della drammatica realtà dei soggetti, questi frammenti di mondi si elevano a metafore universali e sollecitano una presa di posizione.

IL FOTOGRAFO

Ivor Prickett (nato in Irlanda nel 1983) vive e lavora a Istanbul.
Con un interesse particolare per le situazioni post-belliche e le loro catastrofiche conseguenze umanitarie, Prickett ha focalizzato i suoi primi progetti sulle storie di persone sfollate nei Balcani e nel Caucaso.
Negli anni recenti, lavorando esclusivamente per The New York Times, ha passato diversi mesi tra Ucraina, Siria e Iraq, documentando i conflitti sul campo attraverso immagini e parole.
Ha ottenuto molti importanti riconoscimenti e premi, tra cui: The World Press Photo, The Pulitzer Prizes, The Overseas Press Club Awards, Pictures of the Year International, Foam Talent, The Taylor Wessing Portrait Prize and The Ian Parry Scholarship.
È stato finalista del Premio Pulizter nel 2018 e del Prix Pictet nel 2019.
Le sue fotografie sono state esposte in numerose istituzioni, tra le quali The Victoria and Albert Museum, Londra; Sotheby’s, Londra; Foam Gallery, Amsterdam; The National Portrait Gallery, Londra.
Prickett è rappresentato da Panos Pictures ed è Ambassador di Canon Europe.

SCORE

OPERE: 8,00 – Cinque reportage che danno un excursus sugli scenari bellici mondiali degli ultimi anni. Ogni reportage pone l’attenzione su qualcosa: famiglie, case, comunità, rifugiati, soldati, quotidianità.
La visione fotografica di Prickett offre quadri contemporanei straboccanti di una forza simbolica che genera emozioni e riflessioni.

INSTALLAZIONE: 7,50 – Le stampe fotografiche di varie dimensioni portano il visitatore ad un percorso cronologico ben equilibrato che permette la visione attenta delle singole foto. Il bianco delle pareti e la struttura della Maramotti amplificano la potenza visiva delle foto di Prickett.

CONCEPT E CURATELA: 8,00 – Documentare guerre e conflitti vuole dire documentare la vita delle persone e dei luoghi coinvolti nel dramma. Prickett riesce nella sua narrazione fotografica a creare un ideale percorso che va dalle conseguenze che i vari conflitti generano all’atto bellico stesso e a tutto quello che viene attraversato.

CATALOGO: 8,00 – Il catalogo-libro ricalca il percorso della mostra. Il testo introduttivo raccoglie un interessante carteggio tra il fotografo e Sara Piccinini, direttrice della Maramotti. In coda un testo di Arianna Di Genova, critica d’arte, giornalista e redattrice presso il quotidiano il manifesto. Curata la scelta della carta usata e della soluzione della copertina e rilegatura.

COMPLESSIVO: 8,00 – Le immagini di Prickett stringono il cuore. Non vi nascondo che attraversando le sale della Maramotti e guardando le varie fotografie l’empatia che ho provato è stata altissima.
Mi sono quasi sentito proiettato all’interno della scena.
Ho toccato il dolore, la rabbia, la disperazione e soprattutto la mancanza di un futuro.
I volti e i luoghi carichi di una nuova quotidianità ti portano a percepire la desolazione degli attori presenti negli attimi catturati da Prickett.

La tenerezza di Slavica Eremic che nutre il suo bambino Nikola mentre il marito dorme, la donna georgiana mingreliana che aspetta di vendere un maialino al mercato, i dettagli di vita rimasti nella camera di Stana Davidodvic o il razzo russo inesploso e conficcato nel terreno che diventa la nuova normalità di un marciapiede di Lysychansk in Ucraina sono alcune di questa tragica rappresentazione della realtà.

Impossibile guardando la mostra non giungere a una riflessione. Obiettivo centrato Prickett!

INSTALLATION VIEW

INFO

Ivor Prickett
No Home from War:
Tales of Survival and Loss
Fino al 30 luglio 2023

HESTETIKA ART Next Generation

Altre storie
Libri: “LE RIVALI. Dieci donne di talento che hanno cambiato la Storia” di Paola Calvetti