Giorgio Marconi e Mario Schifano, Studio Marconi, Milano 1966 Fotografie Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas. Tutti i diritti riservati

Mario Schifano TUTTO nelle carte… da GióMARCONI a Milano

Fondazione Marconi e Gió Marconi hanno inaugurato “Mario Schifano TUTTO nelle
carte…,” un’importante retrospettiva realizzata con il supporto dell’Archivio Mario Schifano, e a cura di
Alberto Salvadori, che intende gettar luce sull’ampia e variegata produzione di opere su carta degli anni
Sessanta di Mario Schifano.

In mostra sarà presente una selezione di opere su carta che intende ripercorrere i cicli più noti che l’artista
affronta contemporaneamente anche su tela, a partire dai Monocromi fino ad arrivare a Compagni
compagni.

L’opera e il viaggio di Mario Schifano sono stati intensi e mai lasciati soli. La produzione di opere su carta è
importante e copiosa. Per l’intero decennio dei Sessanta dalle carte in mostra si può evincere come per
Mario Schifano l’arte fosse TUTTO: è l’arte che si svolge e rivolge all’oggetto, alla realtà, ad una nuova
coscienza attenta, in relazione alla città, allo spazio umano, alla vita, alle passioni.
Nelle opere su carta, come nei dipinti, vivida è la testimonianza di come tutto agisse su di lui, sul suo modo
di vedere, pensare: i film, la segnaletica, la pubblicità, la politica, gli amori, le amicizie.
Nulla sfugge alla necessità di fissare su un supporto il momento, l’idea fulminea, il concetto.

Lui meglio di altri capisce, subito e autonomamente, differenziandosi, in assonanza prima dai fenomeni
americani come la pop e il new dada, e poi da chiunque altro per l’intera carriera, come l’arte sia vita e
viceversa. Le carte sono la mappa geografica del suo lavoro, del suo pensiero.
Le opere su carta occupano uno spazio importante nella sua opera: sono essenziali per una lettura in
analogia sia in termini di rapporto di somiglianza con i dipinti sia in termini linguistici con l’intero suo lavoro.
Dai primi anni del monocromo, che contiene e rielabora la grafica di strada, il linguaggio della cultura pop,
non intesa come pop art, bensì come quella popolare dei pittori d’insegne, fino alle tele emulsionate, le
carte sono sempre presenti come costante dell’idea che attraversa il momento.

Nel suo mondo le immagini non funzionano più nel modo in cui siamo abituati a leggerle, siamo costretti a
riconsiderarle, svaniscono i rapporti tradizionali della composizione lasciando spazio alle mille possibilità
che l’artista sceglie e determina come passaggio ineludibile. Quello che viene dato per scontato in termini
pittorici e fotografici con Schifano evapora, ci pone di fronte ad un nuovo modo di affrontare realtà e
invenzione che in lui diviene manipolazione attraverso la pittura, indifferentemente dal supporto.
Il lavoro, nel decennio dei Sessanta, ci porta ad analizzare le funzioni, gli usi, i ruoli sociali, i contesti culturali
e politici.

Con Schifano emerge la necessità della domanda: quali sono i nuovi ambiti di creazione? È un esercizio di
filosofia legato all’esperienza di vita, un richiamo all’analisi dei comportamenti reali e diffusi, in antitesi a
quelli elitari o specialistici. Schifano, con la sua opera – che poi è la sua biografia – appare come un sodale
dalle connotazioni accentratrici, autoritarie, per aprirci poi improvvisamente, al contrario, a un sistema
aperto, volontario e partecipativo alla sua arte.
All’ontologia si contrappone l’uso, all’autorialità l’accesso e la partecipazione, all’appropriazione l’adozione, alla creatività l’attribuzione di significato. Tutto è a disposizione, va condiviso, scelto. Dall’archivio in divenire, -costituito dalla mole di carte disegnate, dipinte – come disponibilità dei materiali e pretesa di totalità, si deve passare alla collazione pittorica come esercizio del distinguere, rovistare, selezionare, riciclare.

Schifano è empirico e sperimentale, è affamato del mondo che gli si palesa davanti, trasforma tutto in pittura pura. Non è necessario che sia sulla tela, vive anche sulla carta.

L’ARTISTA

Nato a Homs, in Libia, nel 1934, Mario Schifano si trasferisce a Roma nell’immediato dopoguerra.
Abbandonati gli studi, lavora come assistente del padre, che è archeologo restauratore al Museo Etrusco di
Villa Giulia.
Inizia a dipingere tele di matrice informale, che espone nella sua prima personale alla Galleria Appia Antica
di Roma. Poi con Angeli, Festa, Lo Savio e Uncini tiene la collettiva 5 pittori – Roma ’60, curata da Restany,
e la critica inizia a interessarsi alla sua pittura. Abbandonati i modi informali, realizza opere monocrome con
smalti industriali, dove la carta da imballaggio è incollata sulla tela e ricoperta da un solo colore.
Nel 1961 vince il Premio Lissone per la giovane pittura contemporanea e tiene una nuova personale alla
Galleria La Salita di Roma. Dopo un viaggio negli Stati Uniti, dove ha partecipato alla mostra The New
Realism alla Sidney Janis Gallery di New York, inizia a introdurre nelle sue tele frammenti dell’iconografia
urbana.
Lavora per cicli tematici: dai Paesaggi anemici alle serie dedicate alla storia dell’arte (Futurismo rivisitato,
1966). Invitato alla Biennale di Venezia nel 1964, partecipa l’anno seguente alla mostra inaugurale dello
Studio Marconi, di cui diventa uno degli artisti più rappresentativi. Insieme alle nuove serie Ossigeno
Ossigeno, Oasi e Compagni compagni, realizza pellicole d’avanguardia come Anna Carini vista in agosto
dalle farfalle, che presenta nel 1967 allo Studio Marconi.
Dal 1970, dopo l’impegno politico e civile negli anni della contestazione, sperimenta il riporto di immagini
televisive sulla tela emulsionata, cui aggiunge interventi cromatici con smalti industriali.
Tiene numerose personali e nel 1972 espone alla X Quadriennale romana. L’anno seguente partecipa alla
rassegna “Contemporanea”, curata da Achille Bonito Oliva nel parcheggio di Villa Borghese. Nel 1974 ha
luogo all’Università di Parma una vasta antologica che con un centinaio di opere ripercorre la sua carriera
artistica.
In questi anni torna a rivisitare la storia dell’arte con opere ispirate ai capolavori delle avanguardie storiche e
realizza nuovi cicli, tra cui Quadri equestri, Architettura, Naturale sconosciuto, Reperti.
Oltre a organizzare numerose personali in Italia e all’estero partecipa a diverse edizioni della Biennale di
Venezia ed è inserito nelle principali rassegne dedicate all’arte contemporanea italiana, tra cui: Identité
italienne, 1981, Centre Pompidou, Parigi; Italian Art of the XX century, 1989 Royal Academy, Londra; The
Italian Metamorphosis 1943-1968, 1994, Solomon R. Guggenheim Museum, New York (poi trasferita alla
Triennale di Milano e al Kunstmuseum di Wolfsburg).
L’artista muore a Roma nel 1998.
Tra le molte mostre a lui dedicate, si ricordano le ampie antologiche alla Galleria Comunale d’Arte Moderna
e Contemporanea, Roma (2001); alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma (2008-2009), alla Galleria
Gruppo Credito Valtellinese, Milano e al Musée d’art moderne Saint-Etienne Métropole; al Castello
Pasquini, Livorno (2013); alla galleria Luxembourg & Dayan, Londra e New York (2014); al Complesso
Museale Palazzo Ducale, Mantova (2017); alla Mayor Gallery di Londra (2018); al CIMA di New York (2021).
A queste si affiancano le importanti mostre organizzate dalla Fondazione Marconi: Schifano 1960-1964. Dal
monocromo alla strada (2005); Schifano 1964-1970. Dal paesaggio alla TV (2006); Grande angolo per
uomini, manifesti e paesaggi (2013) e la mostra Mario Schifano. Qualcos’altro, organizzata da Gió Marconi
nel 2020. Tra le principali e più recenti collettive figurano invece: The World Goes Pop, Tate Gallery, Londra
(2016); Arte ribelle, Galleria Gruppo Credito Valtellinese, Milano (2017); Nascita di una nazione, Palazzo
Strozzi, Firenze (2018); I sei anni di Marcello Rumma 1965-1970, MADRE, Napoli (2019); A.B.O. THEATRON
L’Arte o la vita, Castello di Rivoli (2021); Vita nuova, MAMAC, Nizza (2022); La luce del nero, Fondazione
Burri, Città di Castello (2022).

INFO

Mario Schifano
TUTTO nelle carte…

a cura di Alberto Salvadori
Fino al 4 novembre 2023
GióMARCONI
Via Tadino, 15 – Milano

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