Quest’autunno, la Fondazione Sandra e Giancarlo Bonollo per l’Arte Contemporanea apre le porte al mondo sospeso di Nicolas Deshayes con la sua prima personale italiana, negli spazi della ex Chiesa di Le Dimesse a Thiene (Vicenza), fino al 1° novembre 2025.
Dodici opere recenti, tra bronzo, ceramica smaltata, ferro e poliuretano, ci conducono in un paesaggio sospeso tra sogno e realtà: corpi e oggetti quotidiani si trasformano, le conchiglie, il sole, le nuvole e le galassie assumono forme surreali, e ogni pezzo sembra abitare uno spazio proprio, animato da un ritmo interno, sensuale e materico.
Deshayes ci accompagna dietro le quinte della sua pratica artistica: dalla scelta dei materiali ai processi artigianali e industriali, dal rapporto con l’Italia alla continua ricerca per capire come le cose vengono realizzate
Un racconto intimo e visionario, dove la scultura diventa linguaggio poetico, luogo di metamorfosi e di invenzione.

L’INTERVISTA
La mostra presenta opere recenti che interagiscono con elementi naturali e oggetti quotidiani in modo surreale. Qual è il filo conduttore che le unisce?
Il filo conduttore di questa serie di opere è la loro materialità. Sono tutte realizzate in terracotta colata in stampi, un processo tipicamente usato per creare oggetti ceramici quotidiani. Ho realizzato le opere in modo intuitivo, cercando una libertà espressiva, dove ciascun pezzo abitava un mondo a sé stante. Le opere sono più pittoriche del solito e mi sono ispirato a diverse gamme iconografiche e contesti, dall’architettura barocca e modernista, alle vetrine dei negozi, dai musei di storia naturale alla cucina e alla camera da letto.
Alcune opere in mostra riprendono lavori già esposti a Londra con lievi variazioni. Ci racconta il processo di adattamento o trasformazione delle opere in relazione allo spazio espositivo di Thiene?
Le opere in entrambe le mostre fanno parte della stessa serie, ma i contesti espositivi sembrano trasformarne la lettura. A Thiene, le sculture appaiono sotto l’effetto soporifero dell’affresco del cielo nella Chiesa della Concezione di Maria Vergine, convertita a fondazione. Qui, i pezzi sembrano in diversi stati di reclinazione, di sonno: grandi felini, nudi, un unicorno, una falena e un pipistrello sembrano dormire a occhi chiusi, mentre le opere non corporee rappresentano cieli, galassie e catene montuose, prevalendo così una sensazione di spazio onirico.
Lavora con materiali molto diversi, dal bronzo alla ceramica smaltata, dalla schiuma di poliuretano al ferro. Come sceglie il materiale giusto per ogni progetto?
La curiosità o il desiderio di lavorare con un certo materiale ispira le opere che realizzo, ma più nello specifico scelgo processi che possiedono proprietà alchemiche, capaci di trasformare i materiali da uno stato all’altro. In generale, però, parto da un’idea di opera e scelgo i materiali che meglio la rappresentano.
Molte delle sue opere sembrano esplorare ciò che si trova “sotto la superficie” di corpi e oggetti. Come definirebbe la sua ricerca sulla materialità e sulla forma?
Vedo i diversi filoni del mio lavoro come anatomici; esplorano il corpo nei suoi diversi stati e si uniranno come un corpo più ampio nel corso della mia vita di artista. Mi interessano le “pelli”, perciò utilizzo processi come la colata in stampi ceramici o la termoformatura della plastica per esplorare la qualità membranosa di oggetti e corpi. Sistemi circolatori, canali e infrastrutture che irrigano corpi, città e pianeti sono da tempo un mio interesse e ho realizzato più cicli di opere che esplorano questo spazio sottocutaneo. Tendo a lavorare con materiali trattati con il calore, che vengano cotti, fusi o lavorati, perché mi piace la dimensione sensuale che questo conferisce all’opera. La temperatura è al centro del funzionamento del pianeta, quindi infondere un “pulsare” nelle opere ha per me un senso naturale.
Quanto è importante l’interazione tra approcci gestuali e industriali nella creazione delle sue sculture?
È al cuore della mia metodologia. Sono affascinato dal capire come le cose vengono realizzate e collaboro con molti artigiani in contesti industriali per imparare e creare sculture con processi specialistici che non potrei utilizzare nel mio studio. Spesso si pensa che il processo industriale tolga il corpo dal fare, ma è il contrario: produrre qualsiasi cosa in fabbrica richiede relazioni umane coinvolte, collaborazione e lavoro manuale altamente qualificato.
La natura appare spesso come fonte di ispirazione nel suo lavoro. Come prendono vita forme che evocano il sole, conchiglie o nuvole?
Tutte queste forme rappresentano cicli di vita e materiali fondamentali. Una conchiglia è la “pelle” di un mollusco, e quando si disintegra diventa sabbia o quarzo, che può essere fuso per creare vetro o smalto ceramico. Il sole fornisce calore, le nuvole umidità. Oltre a queste qualità elementari, mi interessa come queste forme siano utilizzate come iconografia quotidiana, nel mondo dei souvenir in ceramica o come elementi che definiscono una scena, come dettagli in un affresco, per permettere ad altre cose di emergere.
Alcune opere hanno un tono surreale e giocano con la realtà quotidiana. Da dove nasce il suo interesse per l’inversione o la deformazione della realtà?
Il mio interesse nasce dal desiderio di ampliare la nostra comprensione dei codici visivi e delle sostanze, e lo faccio capovolgendo le cose o combinando elementi diversi. Per me, una scultura è più riuscita quando è al tempo stesso scomoda e piacevole.
Ha avuto dei mentori? Quali sono i suoi riferimenti artistici?
Oggi i miei mentori sono generalmente i collaboratori con cui lavoro per apprendere nuove abilità o processi creativi.
C’è un desiderio artistico che non ha ancora realizzato?
Molti! Al momento sto iniziando un percorso con il vetro, un materiale con cui non ho mai lavorato prima.
Se visitassi il suo studio, cosa troverei?
Il mio studio non è mai uno spazio domestico o accogliente, è freddo e inospitale. Ho bisogno di poter fare confusione, quindi c’è poco spazio per altro oltre a materiali e strumenti. Attualmente ho tre studi in tre diversi paesi, quindi il mio compagno costante è il mio taccuino.
Cosa pensa dell’intelligenza artificiale applicata all’arte? La tecnica può superare la creatività?
Lavoro in modo molto analogico perché mi piace improvvisare durante il processo; non credo che l’IA possa sostituire il tatto.
EXHIBITION VIEW
L’artista
Nicolas Deshayes è nato a Nancy, in Francia, nel 1983 e vive a Dover, nel Kent. Il suo lavoro è stato oggetto di
mostre personali presso la Galleria Monteverdi, Castiglioncello del Trinoro (2024); Modern Art, Londra (2022);
Le Grand Café, Saint-Nazaire (2022); Le Creux de l’Enfer, Thiers (2021); FRAC Grand Large – Hauts-de-France,
Dunkerque (2021); E-WERK Luckenwalde (2019); e Tate St Ives (2015). Ha partecipato a recenti mostre
collettive presso il Sainsbury Centre for Visual Arts, Norwich (2025); Compton Verney, Warwickshire (2024);
Stavanger Art Museum (2023); MK Gallery, Milton Keynes (2023); Falmouth Art Gallery (2021); Biennale di
Belgrado (2020); Ca’Pesaro, Venezia (2019); Museion, Bolzano (2019); Frac Ile-de-France, Bussy-Saint-Martin
(2018), Fridericianum, Kassel (2015) e Kestner Gesellschaft, Hannover (2015). Nel 2016 è il vincitore della
prima edizione del Battaglia Foundry Sculpture Prize, con l’opera Dear Polyp. Nel 2014 è stato artista in
residenza alla Tate St Ives. Le opere di Deshayes sono conservate presso la Arts Council Collection di Londra,il Museo d’arte di Stavanger, il Centre national des arts plastiques di Parigi, il FRAC Grand Large – Hauts-de-France di Dunkerque, il FRAC des Pays de la Loire di Nantes, il Mona – Museum of Old and New Art di Hobart e la Tate di Londra. L’artista espone ora nella mostra personale The Natural World alla Modern Art, Londra.
Info
La personale di Nicolas Deshayes
Fino al 1 novembre 2025
Testo critico di Kyla MacDonald
Fondazione Sandra e Giancarlo Bonollo per l’arte contemporanea
Via dell’Eva 1, Thiene, Vicenza