Jean-Michel Jarre, uno dei pionieri dell’elettronica e maestro delle sonorità immersive ha presentato al MEET – Digital Culture Center di Milano la sua agenda italiana per il 2025, un progetto che spinge i confini della creatività verso una collaborazione inedita tra intelligenza umana e artificiale.

Da maggio a novembre, Jarre si prepara a trasformare l’Italia in un palcoscenico di innovazione, dando vita a un’operazione generativa che mescola tecnologia, arte visiva e suono. In questo dialogo tra digitale e analogico, l’artista affronta la sfida di “stravolgere” la tecnologia, portandola oltre i suoi limiti tradizionali e scoprendo nuove dimensioni poetiche nell’intelligenza artificiale.
Siamo animali analogici in un’era digitale”
dice Jarre, parafrasando il sottotitolo della mostra “Promptitude”, un’iniziativa che al MEET esplora il lato creativo degli algoritmi, insieme a performance site-specific che uniranno la potenza del suono 3D all’architettura della Biennale di Architettura 2025 e luoghi iconici come Pompei e Venezia.
Questo viaggio culturale attraversa i confini del tempo e dello spazio, dove la narrazione sonora penetra e arricchisce l’arte visiva, creando un’opera totale che promette di riscrivere le regole della creatività contemporanea.
In occasione della presentazione del progetto l’abbiamo intervistato.
L’Intervista
Jean-Michel, sei a Milano per presentare il progetto “Opera Totale”. Qual è il tuo stato d’animo?
Sono molto felice di essere qui al MEET. Per me l’Italia ha sempre rappresentato una fonte inesauribile di ispirazione. Non solo per la musica – penso ad Adriano Celentano – ma anche per il cinema, la letteratura, il design. Fellini, Visconti, Calvino, Eco: sono nomi che mi hanno nutrito, che fanno parte del mio DNA creativo. Il MEET, così come la Biennale, incarnano proprio questa tradizione di eccellenza culturale e sperimentazione. Mi sento onorato di potermi confrontare con tutto ciò, e di far parte di un dialogo artistico così sfaccettato.
Il termine opera totale richiama una visione immersiva dell’arte. Cosa significa per te, concretamente?
È l’idea di fondere linguaggi, sensi e forme in un unico spazio esperienziale. Mi piace pensare a un’opera che non si limiti alla visione o all’ascolto, ma che generi un “rumore” – nel senso di interferenza fertile – tra quello che si vede e quello che si sente. È una tensione costante tra sperimentazione e pop, tra l’alto e il basso, tra immaginazione e tecnologia. L’opera totale è, per me, un’utopia necessaria: un luogo dove l’arte si fa carne e circuito, sogno e algoritmo.
Hai vissuto in prima persona molte trasformazioni tecnologiche. Quali ritieni siano state le più decisive nella tua carriera?
Ho avuto la fortuna di attraversare tre momenti storici di grande discontinuità. Il primo è stato l’avvento degli strumenti elettronici analogici, come il Moog, che hanno cambiato per sempre il modo di pensare la musica. Non più note scritte sul pentagramma, ma suoni, rumori, vibrazioni. Un passaggio epocale nato in Europa, che ha rivoluzionato il concetto stesso di composizione.
Poi è arrivata l’era digitale, con l’uso del computer come strumento creativo. E oggi ci troviamo di fronte all’intelligenza artificiale. Ma se guardo indietro, il meccanismo è sempre lo stesso: come usare questi nuovi strumenti per generare emozione? Come confrontarsi con il mistero del presente?
L’intelligenza artificiale è spesso vista con sospetto. Tu come la vivi, da artista?
Con curiosità. Perché, alla fine, ogni rivoluzione tecnologica ha suscitato le stesse paure: l’elettricità, la stampa, la fotografia. L’IA è neutrale, siamo noi a darle una direzione. Può essere usata in modo poetico, sovversivo, oscuro. Io cerco di esplorarla nel suo potenziale lirico.
Nel progetto Promptitude, ad esempio, ho lavorato con l’IA generativa per creare ritratti a partire da prompt testuali. Una volta generata l’immagine, chiedevo all’IA: “Chi sei? Cosa pensi?” Una delle risposte che ho ricevuto è stata: “Sono 80% estetica, 20% sfida.” Mi ha colpito. Perché racchiude esattamente il senso di questo tempo: la bellezza come principio guida, ma sempre interrogata, mai pacificata.
In questo dialogo tra uomo e macchina, qual è per te il ruolo dell’estetica?
Centrale. Per me l’estetica viene prima della narrazione. So che è un’idea controcorrente, specie in Francia, dove il racconto è considerato il cuore dell’opera. Ma credo che non ci sia progresso nell’emozione umana – amore, morte, solitudine restano sempre gli stessi temi. Ciò che cambia davvero è la forma, il modo in cui li esprimiamo.
Basquiat e Michelangelo parlano delle stesse emozioni, ma il loro stile, la loro estetica, è ciò che li distingue. Lo stesso vale per la scrittura: Italo Calvino può raccontare le stesse cose di un autore mediocre, ma lo fa in un modo che resta. Lo stile è intelligenza in forma sensibile.
L’arte creata con l’IA di oggi ha già un’identità?
Sì, e proprio nei suoi limiti risiede la sua forza. Penso che tra vent’anni guarderemo a questi anni come all’età dell’oro dell’arte generativa, come il cinema muto o in bianco e nero. L’IA attuale è piena di glitch, di imperfezioni. È lenta, “stupida”, non capisce, e questo paradossalmente le conferisce uno stile.
Quando usavo i primi campionatori negli anni ’80, potevi registrare solo mezzo secondo in 8 bit. Quelle limitazioni hanno creato un’estetica unica, irripetibile. Oggi, con strumenti perfetti, rischiamo di perdere quella crudezza che rende un’opera viva.
E a livello personale, che tipo di arte ti emoziona di più?
Non amo l’arte troppo illustrativa, troppo fedele al visibile. Mi interessa ciò che deforma, che trasfigura. In pittura ho sempre amato l’astrazione: Soulages, Hartung, Pollock. Nel teatro mi affascinano Bob Wilson, Robert Lepage. Nel cinema, naturalmente Fellini, che per me incarna l’idea stessa di opera totale.
Cerco sempre una deviazione dalla realtà, uno scarto che apra uno spazio altro. È lì che nasce la poesia.
E che musica ascolti?
Un po’ di tutto. Da Celentano a Billie Eilish, da Trent Reznor a Louis Armstrong.
L’importante nella vita è essere curiosi e io sono curioso di ascoltare tutti i generi di musica.
Mi dici tre parole chiave con le quali descriveresti il tuo progetto?
Immersivo, spazio e tempo
Le tappe del progetto
PRIMA TAPPA: OXYVILLE – BIENNALE DI ARCHITETTURA 2025 E LA SUA PRESENTAZIONE AL MEET
Dal 10 maggio al 23 novembre 2025, Jean-Michel Jarre è stato invitato alla 19ª Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia, intitolata “Intelligens. Naturale. Artificiale. Collettiva.”, curata da Carlo Ratti. L’artista presenterà Oxyville, un’installazione musicale immersiva creata con il coordinamento artistico di Maria Grazia Mattei e MEET Digital Culture Center.
Oxyville è una creazione musicale elettronica ispirata all’album Oxymore di Jean-Michel Jarre. Progettata in suono spazializzato a 360°, l’opera esplora la connessione tra audio 3D e spazio architettonico, dove il suono diventa il materiale primario per costruire una città immaginaria.
L’esperienza veneziana culminerà a novembre con un evento conclusivo al MEET Digital Culture Center di Milano, dove verrà presentata una resa di ciò che i visitatori di Oxyville hanno sperimentato, in un dialogo audio-visivo in cui sia l’artista che il pubblico sono protagonisti.
SECONDA TAPPA: PROMPTITUDE – MOSTRA AL MEET DIGITAL CULTURE CENTER
Dal 12 giugno al 7 settembre 2025, il MEET Digital Culture Center di Milano – il primo Centro Internazionale per l’Arte e la Cultura Digitale in Italia, nato a Milano con il supporto di Fondazione Cariplo e fondato da Maria Grazia Mattei – ospiterà Promptitude, la prima mostra di opere visive di Jean-Michel Jarre. Un ritorno dell’artista al MEET in quello che lui stesso ha definito “un faro che intercetta idee e a sua volta le diffonde” e che ha scelto come luogo per mostrare questo lavoro che si propone come un’esplorazione del rapporto uomo-macchina, attraverso l’uso creativo di prompt testuali per guidare l’IA nella creazione di ritratti di creature umanoidi. Prompt che lui stesso vede come haiku per l’IA: istruzioni brevi e potenti che danno vita a mondi visivi inediti. La mostra sarà arricchita dalla composizione sonora generativa Eōn, che si evolverà continuamente, offrendo un ambiente immersivo in costante trasformazione.
TERZA TAPPA: CONCERTI-EVENTO LIVE IN PIAZZA SAN MARCO A VENEZIA E ALL’ANFITEATRO DEGLI SCAVI DI POMPEI
Un altro momento fondamentale della stagione italiana dell’artista francese sarà rappresentato dai due concerti-evento programmati per il 3 luglio in Piazza San Marco a Venezia e il 5 luglio all’Anfiteatro degli Scavi di Pompei. Due luoghi di straordinario valore storico e artistico (Patrimonio UNESCO) che diventeranno il palcoscenico per performance immersive in cui la musica si intreccerà con la sperimentazione visiva grazie a una messa in scena d’avanguardia che permetterà a Jarre di trasformare gli spazi in ambienti sonori tridimensionali dove il pubblico potrà vivere un’esperienza sinestetica unica.
La prima tappa programmata è quella del 3 luglio 2025, nella straordinaria cornice di Piazza San Marco a Venezia, un luogo dove Jarre ha sempre sognato di esibirsi. L’evento è organizzato da Veneto Jazz con Influxus, Eventi Verona e Concerto, in collaborazione con il Comune di Venezia e Vela, nell’ambito della 17ª edizione del Venice Jazz Festival.
Il 5 luglio sarà la volta dell’Anfiteatro degli Scavi di Pompei nell’ambito del festival “BOP – Beats of Pompeii” (organizzato da Peppe Gomez per Blackstar Concerti, con il patrocinio del Comune di Pompei, del Parco Archeologico di Pompei, del Ministero della Cultura e della Regione Campania), occasione in cui la musica di Jean-Michel Jarre dialogherà con le rovine di una delle città più affascinanti del mondo antico.
3 luglio 2025 – Piazza San Marco, Venezia
5 luglio 2025 – Anfiteatro degli Scavi, Pompei
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L’Artista

Jean-Michel Jarre (Lione, 1948) è compositore, performer e produttore; da sempre futurista nel suo campo e più in generale ambasciatore culturale e innovatore. Durante tutta la sua carriera, ha continuato ad aprire nuovi orizzonti con la sua musica e l’innovazione creativa. Dal ruolo pionieristico che ha svolto nella musica elettronica all’uso della tecnologia e della produzione audio multicanale, fino alle sue recenti esplorazioni nei regni della performance VR e del metaverso, la tecnologia è in prima linea in tutto ciò che fa. Jean-Michel Jarre, con oltre 85 milioni di dischi venduti e 22 album di studio, è noto per i suoi show dal vivo spettacolari che hanno segnato la storia della musica. Artista visionario, Jarre ha scelto come tela alcuni dei monumenti più iconici e siti del Patrimonio Mondiale UNESCO in tutto il mondo per il suo messaggio creativo, culturale e ambientale e ha stabilito nuovi Guinness World Records per il pubblico di concerti dal vivo in vari luoghi emblematici: 1 milione di persone in Place de la Concorde (Parigi), 1,3 milioni a Houston, 2,5 milioni a La Défense e 3,5 milioni a Mosca. Ha anche portato la sua musica innovativa sui palchi dei più importanti festival internazionali tra cui Coachella (USA), e ha raggiunto una pietra miliare storica con il suo concerto virtuale di Capodanno 2021, seguito da oltre 75 milioni di spettatori in una spettacolare Notre-Dame digitale. Nel 2024, Jarre ha inaugurato il Festival Starmus a Bratislava con “Bridge From The Future”, uno show rivoluzionario filmato da 17 telecamere e droni, trasmesso in live streaming globale e seguito da oltre 120.000 spettatori. A luglio, ha partecipato per la prima volta alla quarantesima edizione delle Francofolies a La Rochelle, mentre a settembre è stato protagonista della cerimonia di chiusura dei Giochi di Parigi 2024, esibendosi davanti a 80.000 persone allo Stade de France. Jarre è stato il primo musicista occidentale a essere invitato a esibirsi in Cina e ha anche creato e eseguito concerti-evento alle Grandi Piramidi in Egitto, nel Deserto del Sahara, nella Città Proibita e in Piazza Tiananmen, al Palazzo dei Congressi e al Palazzo di Giustizia. Jarre è ambasciatore UNESCO per l’educazione, la scienza e la cultura, difensore incondizionato del pianeta e dell’ambiente, e vincitore della Medaglia Stephen Hawking per la Comunicazione Scientifica.