Nel lavoro fotografico di Mária Švarbová il tempo sembra fermarsi. Le sue immagini — sospese tra rigore compositivo e poesia visiva — esplorano un’estetica silenziosa, fatta di geometrie pulite, cromie pastello e atmosfere rarefatte, in cui la figura umana si trasforma in presenza simbolica.
Le sue serie, spesso ambientate in piscine, ambulatori, spazi pubblici dall’impronta modernista, rivelano una fascinazione per l’architettura post-socialista e una ricerca quasi metafisica sull’equilibrio tra ordine e emozione.
In questa conversazione per Hestetika, l’artista ci accompagna dentro il suo universo immaginifico — dove il silenzio è pieno di significati, il colore diventa linguaggio interiore, e l’estetica non è solo forma, ma una lente per percepire la complessità del reale.
Mária Švarbová è la cover digitale di questo mese e sarà protagonista anche del prossimo numero di Hestetika Magazine. L’abbiamo incontrata.
LA COVER

L’INTERVISTA
Il tuo stile è immediatamente riconoscibile: piscine, geometrie rigorose, palette pastello, atmosfere sospese. Come si è sviluppato questo immaginario?
È stata un’evoluzione organica, come se fossi gradualmente “diventata” questo linguaggio estetico, o forse è stato proprio lo stile a trovare me. Sono sempre stata attratta dal minimalismo, dalle linee pulite e da un senso di atemporalità. Il mio linguaggio visivo è nato da un desiderio profondo di creare calma e ordine in un mondo caotico. Le piscine, la simmetria, i toni pastello: sono diventati parte di un universo silenzioso e onirico, dove il tempo sembra sospeso. Non si tratta solo di estetica visiva, ma di catturare un’atmosfera emotiva precisa, a metà tra la nostalgia e l’immobilità, tra la realtà e la finzione.
I tuoi soggetti appaiono spesso distanti, quasi immobili. Chi sono questi personaggi, cosa esprimono, e cosa ti affascina dell’assenza di interazione e del silenzio?
I miei personaggi sono come echi, frammenti di presenza umana sospesi nel tempo. Non sono individui specifici, ma simboli di mondi interiori, anonimi e introspettivi. L’assenza di interazione, il silenzio tra loro, apre uno spazio in cui l’osservatore può entrare e riflettere. Mi affascina l’immobilità, ciò che accade quando si rimuovono rumore, distrazione, persino emozione. È in quella tensione silenziosa che può emergere qualcosa di più profondo. Il silenzio, per me, non è vuoto: è carico di significato. Invita a guardare più da vicino, a sentire di più.
Come scegli le location e le situazioni per i tuoi set?
Le scelgo spesso in modo istintivo, mi attirano i luoghi con geometrie forti, linee pulite e una sensazione di quiete. Molti sono spazi pubblici dell’architettura socialista, che portano con sé una nostalgia discreta. Di solito li cerco personalmente, ma a volte li scopro grazie a location scout o curatori. Non cerco la perfezione, ma un’atmosfera precisa, come se lo spazio stesso stesse aspettando che una storia prenda forma.

Il colore ha un ruolo fondamentale nelle tue fotografie. Quale colore ti rappresenta in questo momento?
In questo periodo sto lavorando con toni più profondi: blu, nero, bianco e rosso, e spesso includo anche colori terrosi. C’è stato sicuramente un cambiamento nella mia palette rispetto agli inizi. Se prima prediligevo i pastelli più delicati, ora mi attraggono i contrasti forti e le tonalità più mature e radicate. È un’evoluzione naturale, non solo visiva, ma anche emotiva.
Io amo nuotare. La piscina è il mio habitat naturale: cloro, acqua, colori, costumi, cuffie, nuotatori… E tu, nuoti? Cosa ti affascina di più nelle tue osservazioni?
Non sono una nuotatrice, ma sono profondamente affascinata dal mondo visivo del nuoto. Le piscine sono ambienti controllati, geometrici, puliti, un po’ surreali. Mi colpisce il contrasto tra la vulnerabilità umana e l’ordine rigoroso dello spazio. La ripetizione dei movimenti, il silenzio sott’acqua, l’uniformità… tutto crea un ritmo visivo che amo catturare.

Se dovessi scegliere tre parole chiave per definire la tua arte, quali sarebbero?
Immobilità
Geometria
Atemporalità
Se dovessi associare una canzone al tuo lavoro, quale sceglieresti?
Direi un brano di Hans Zimmer – cinematografico, emotivo e stratificato, sarebbe perfetto come colonna sonora delle mie immagini. Amo la musica da film perché costruisce atmosfera senza parole, proprio come cerco di fare con la fotografia. Nella vita quotidiana, però, ascolto spesso musica elettronica. Mi aiuta a mantenere il flusso creativo e spesso ispira il ritmo e la struttura delle mie composizioni visive.
Hai dei mentori artistici? Se sì, chi sono?
Non ho un mentore preciso, ma traggo ispirazione da molte fonti diverse: pittura classica, fotografia contemporanea, architettura, cinema. Mi attirano gli artisti che costruiscono mondi visivi forti, con un tono emotivo chiaro. Più che i nomi, è l’energia e la visione che mi colpiscono.
Ricordi la prima mostra che ha segnato la tua visione artistica? E l’ultima?
Una mostra che ha influenzato profondamente la mia visione è Toward a Concrete Utopia: Architecture in Yugoslavia, 1948–1980, al MoMA di New York. L’esplorazione di geometrie audaci, forme monumentali e l’interazione tra spazio e ideologia mi ha colpita nel profondo. Mi ha offerto uno sguardo potente su come l’architettura possa incarnare memoria collettiva e identità – temi che continuano a ispirare il mio lavoro.

Se venissi nel tuo studio, cosa troverei? Acqua, dipinti, fotografie, libri, piante, tecnologia, dischi…?
Troveresti sicuramente il mio Mac Studio, una buona tazza di caffè, e arredi e luci scelti con cura – molti pezzi del design mid-century, che adoro per la loro atemporalità. Lo spazio è ordinato ma vissuto, con stampe, libri e dettagli silenziosi che riflettono il mio mondo visivo. È un ambiente calmo che mi aiuta a concentrarmi e a restare ispirata.
Quando è stata l’ultima volta che hai fatto qualcosa per la prima volta? E, soprattutto, cosa?
In questo momento sto lavorando a un nuovo progetto fotografico che realizzerò a Città del Messico. Sono molto entusiasta, ma preferisco non rivelare troppo ora. Voglio proteggere il processo finché è ancora in fase di costruzione.
Quando vedremo una tua mostra in Italia?
Al momento non ho esposizioni programmate in Italia, ma sto sempre esplorando nuove opportunità per presentare il mio lavoro lì. Non vedo l’ora di condividere aggiornamenti man mano che i progetti prendono forma.

L’ARTISTA

Maria Svarbova è nata nel 1988 in Slovacchia. Nonostante abbia studiato restauro e archeologia, il suo mezzo espressivo è la fotografia. Dal 2010 a oggi, l’immediatezza del suo istinto fotografico le ha valso un crescente riconoscimento internazionale, contribuendo a ridefinire i codici della fotografia contemporanea. Ha ricevuto numerosi premi prestigiosi, tra cui l’Hasselblad Masters Award, ed è stata protagonista di mostre che l’hanno consacrata tra le voci più significative della sua generazione, attirando l’attenzione di testate come Vogue, Forbes, CNN e The Guardian. La sua opera è ampiamente diffusa anche sui social media.
Il suo talento le è valso l’inserimento nella lista 30 under 30 di Forbes e una commissione per una promozione in formato gigante sulla Taipei 101, l’iconico grattacielo di Taiwan. Nel 2019 Apple le ha affidato la realizzazione di una serie fotografica esclusiva interamente scattata con iPhone. Questa pubblicazione segue due volumi dedicati alla sua opera: Swimming Pool (2017) e Future Retro (2019). Swimming Pools propone una nuova versione aggiornata del primo libro, ormai fuori catalogo, con nuovo formato, design e contenuti.
Lo stile distintivo di Maria si allontana dal ritratto tradizionale, privilegiando la sperimentazione con lo spazio, il colore e l’atmosfera. Attratta dall’architettura dell’epoca comunista e dagli spazi pubblici, l’artista trasforma ogni scena con una freschezza moderna che valorizza la ricchezza della sua tavolozza espressiva. Figure accuratamente disposte creano scenari tematici e onirici, in cui oggetti ordinari acquisiscono una dimensione simbolica. Le sue immagini custodiscono una tensione silenziosa, suggerendo possibilità latenti sotto superfici levigate e limpide.
C’è spesso un senso di distacco e liminalità nelle sue opere. Azioni quotidiane come fare ginnastica, andare dal medico o svolgere mansioni domestiche vengono ricontestualizzate in una composizione visiva pura, simmetrica e a tratti attraversata da un’immobilità eterea. Il risultato complessivo evoca un silenzio contemplativo, un momento sospeso che invita all’ascolto e alla presenza – qualità rare nella frenesia del tempo presente. La visione postmoderna di Maria articola con forza un dialogo che interroga lo spettatore sui temi del mistero, della solitudine e dell’isolamento umano. Tuttavia, tra le sue tonalità acquatiche e pastello si cela un’eleganza celebrativa, capace di trasformare lo sguardo in una reverenza duratura per la semplice bellezza del vivere.
WEB & SOCIAL
https://www.mariasvarbova.com/
https://www.instagram.com/maria.svarbova