Dopo il volume “Sergej Ščukin. Un collezionista visionario nella Russia degli zar”, Natalia Semënova ci offre un’altra saga ambientata nella Russia prerivoluzionaria: quella dei fratelli Morozov, eccentrici discendenti di una facoltosa famiglia di industriali tessili, che giocano d’azzardo, abitano palazzi eclettici, frequentano femmes fatales e, soprattutto, spendono enormi somme di denaro in opere d’arte.
La collezione di Ivan Morozov – requisita durante la Rivoluzione e riscoperta in tempi recenti – raccoglie tele e sculture considerate punte di diamante della storia dell’arte. Il libro è stato inserito dal Financial Times fra le migliori pubblicazioni del 2020.
Ivan Abramovič Morozov, uno degli uomini più abbienti della Russia imperiale, sognava di diventare pittore, ma il destino lo aveva designato a capo della Compagnia della manifattura di Tver’, specializzata in prodotti di cotone. Personalità mite, sensibile, incline alla riflessione, Ivan aveva una folle ossessione per l’arte, arrivando a spendere centinaia di migliaia di rubli per acquistare quadri e statue. La sua collezione privata, conservata tra le mura del suo palazzo e accessibile a pochi eletti fino allo scoppio della Prima guerra mondiale, era di fatto un autentico museo dell’arte francese e russa a cavallo fra Ottocento e Novecento.
A partire dalla moltitudine di scambi epistolari e fatture che gli spedivano i mercanti parigini, le uniche testimonianze rimaste di una vita straordinaria, la storica dell’arte Natalia Semënova ha ricostruito la biografia del “russo che non contratta” – epiteto attribuitogli da Vollard –, restituendo così a Ivan il posto che merita nella storia della cultura del XX secolo.
L’ascesa dei Morozov all’Olimpo mercantile è talmente intrisa di miti e leggende da rendere quasi impossibile distinguere tra realtà e fantasia. I membri del potente clan familiare abitano palazzi alla moda, spendono somme enormi per i loro capricci, amano l’arte e, soprattutto, la collezionano. In principio è Michail, il maggiore dei fratelli. È lui a portare a Mosca il primo Van Gogh e le prime tele tahitiane di Gauguin; ed è anche il solo ad acquistare un lavoro di Edvard Munch: le Ragazze sul ponte rimarrà infatti l’unica opera del simbolista norvegese presente nelle collezioni russe.
Alla morte del fratello, Ivan ne ricalca i passi, radunando grandi nomi della storia dell’arte in una collezione sempre più raffinata. Parigi con le sue mostre, le aste, le gallerie e gli studi degli artisti diventa per lui un’occasione per distrarsi dagli affari e dalla routine della fabbrica, dalla perenne caccia alle commesse e dalle rivendicazioni salariali degli operai. Artista mancato, conosce bene non solo stoffe e tagli ma anche i segreti della pittura. In visita ai salon, segna con una crocetta sul catalogo ciò che gli piace e impiega anche un anno per maturare un acquisto. Ivan, del resto, non è un tipo da decisioni affrettate, ma appartiene invece a quella categoria di individui che hanno bisogno di confrontarsi e di prestare ascolto a consiglieri fidati. La sua è una ricerca meticolosa che sfiora l’assurdo e che non teme gli spazi vuoti alle pareti, perché sa con esattezza quale opera è destinata prima o poi a riempirli. Nel 1913 la collezione è al suo apice: con gli impressionisti, Van Gogh, Gauguin, Cézanne – il preferito –, i Nabis, Matisse e Picasso, a cui si aggiungono numerosi artisti russi coevi, è la fotografia esatta del panorama artistico tra XIX e XX secolo.
Ma la guerra travolgerà tutto e nulla potranno contro i disordini le disposizioni testamentarie di Varvara Alekseevna, madre dei fratelli Morozov e liberale convinta, per la costruzione di case e dormitori per gli operai. Nell’ottobre del 1917, la Compagnia della manifattura di Tver’ verrà nazionalizzata e quattro mesi più tardi la stessa miserabile sorte toccherà alla collezione d’arte. Spartiti tra Mosca e San Pietroburgo insieme ai capolavori appartenuti all’amico e rivale collezionista Sergej Ščukin, i dipinti che ornavano le sale del palazzo di via Prečistenka finiranno per languire per decenni nei magazzini dei musei, prima di andare a costituire quello che oggi è il nucleo di arte moderna del Museo Puškin e dell’Ermitage.
Morozov e i suoi fratelli è stato inserito dal Financial Times fra i migliori libri pubblicati nel 2020 nel campo delle arti visive.
L’AUTRICE
Natalia Semënova è una storica dell’arte, scrittrice e giornalista, specializzata nella saga dei grandi collezionisti russi di arte antica e moderna. Durante la Perestrojka ha fondato una delle prime case editrici indipendenti d’arte. Tra i libri di cui è coautrice, Matisse et la Russie (1993) e Selling Russia’s Treasures. The Soviet Trade in Nationalized Art, 1917-1938 (2014). Johan & Levi ha pubblicato il suo Sergej Ščukin. Un collezionista visionario nella Russia degli zar (2020, con André Delocque).
LA MOSTRA
Dal 24 febbraio al 25 luglio 2021 la Fondation Louis Vuitton di Parigi ospiterà una grande mostra dedicata alla collezione Morozov, che segue quella dedicata alla collezione Ščukin, realizzata nel 2016 con grande successo di pubblico: un percorso di riscoperta di due eccezionali mecenati e collezionisti che hanno dato lustro alla Russia e contribuito a sostenere i più grandi maestri dell’arte europea moderna.
https://www.fondationlouisvuitton.fr/en/events/icones-de-lart-moderne-la-collection-morozov
INFO
Morozov e i suoi fratelliStoria di una dinastia russa e di una collezione ritrovata
Autore: Natalia Semënova
Traduzione: Anna Zafesova
Collana: Biografie
ISBN: 978-88-6010-238-6
Pagine: 240 + inserto
Prezzo: 30,00 €