GALLERIA CONTINUA a San Gimignano ha inaugurato il programma autunnale con tre nuove mostre: BARBANA BOJADZI con “MONADES”, JORGE MACCHI con “FALSE AUTUMN” e SABRINA MEZZAQUI con “RACCOGLIERE PAROLE”.
LE MOSTRE
BARBANA BOJADZI – “MONADES”
“Monades” segna la sua prima mostra personale in Italia, offrendo uno sguardo su un anno di profonda evoluzione artistica attraverso una serie di dipinti recenti, la maggior parte dei quali realizzati appositamente per questa esposizione.
I dipinti di Barbana Bojadzi nascono da un abile accumulo di strati di colore applicati su pannelli solitamente utilizzati per la costruzione e la ristrutturazione. Introdotta a questo materiale da bambina, osservando il
lavoro del padre, è nato in lei il desiderio di sperimentare, sovvertendo l’approccio tradizionale della pittura su pannelli di legno. Durevoli e versatili, questi pannelli le offrono la libertà creativa di riproporre il suo lavoro indefinitamente; recuperando ulteriori scarti di costruzione o rielaborando le sue opere precedenti, creando palinsesti astratti e promuovendo un processo continuo di evoluzione che è al centro della sua pratica.
L’artista concepisce la pittura come una ricerca infinita di profondità e un’accordatura di energie che, insieme, infondono vita a un soggetto in un determinato spazio-tempo.
Il titolo della mostra si riferisce al concetto filosofico di Monade che, nel suo senso pitagorico, rappresenta il concetto
dell’Uno, l’origine di tutte le cose. Una Monade è l’unità più elementare e indivisibile dell’esistenza e, allo stesso tempo, racchiude l’intero universo al suo interno. È la fonte da cui emergono tutti i numeri, le forme e le entità, simboleggiando l’unità, la totalità e il principio dell’unità nel cosmo. Il lavoro di Barbana Bojadzi indaga la condizione che
esiste nella transizione tra il nulla e questa materia di base ma onnicomprensiva, operando nel passaggio dallo zero all’uno. Questa mostra documenta un momento cruciale di evoluzione nella pratica dell’artista.
Allontanandosi gradualmente dalla mineralità e dalla ricerca di texture estreme che caratterizzavano i suoi primi lavori, Bojadzi ha iniziato a sperimentare sfumature e gradazioni, tendendo verso ciò che potrebbe essere definita un’astrazione organica. Dai suoi anni di ricerca sull’essenza dei materiali e dei colori, che cataloga metodicamente
con rigore scientifico, l’artista ha creato una collezione di texture che dispone, fonde o contrasta alla ricerca di un’armonia naturale. Approccia queste nuove composizioni come spazi aperti nei quali la libertà di gesto, unita a una conoscenza viscerale dei materiali, genera flussi vividi di energia – a volte complementari, a volte antagonisti
– consentendo allo spettatore di percepire istintivamente l’essenza del soggetto indagato. In Soleil II (Phase II), l’artista
dona tattilità alla luce solare, rendendola quasi palpabile e trasformando la luce in texture. Allo stesso modo, Adam’s fall (Phase II) ci invita a sperimentare la consistenza della carne come materiale tangibile, privo di qualsiasi simbolismo ma portatore di una verità trascendente sulla mortalità e sulla natura umana.
Rifiutando la facile tentazione di una narrazione lineare del prima e del dopo, “Monades” evidenzia piuttosto l’evoluzione sottile ma cruciale in atto nella pratica della giovane pittrice, presentando opere che illustrano le fasi successive di questa transizione continua, celebrando il fare artistico come una produzione di significato
in continua trasformazione.
L’ARTISTA
Nata nel 1996, Barbana Bojadzi è un’artista francese che attualmente vive e lavora a Provins, in Francia. Si è diplomata con lode all’École Nationale Supérieure des Beaux-Arts di Parigi nel 2021 dove è stata seguita da Dominique Gauthier,
Nina Childress e Dominique Figarella.
Nella sua pratica artistica, Barbana Bojadzi è particolarmente interessata alla memoria associata al gesto, all’idea dell’impronta e alla sua relazione con il Tempo. Le sue opere sono caratterizzate dall’accumulo di
strati, colori e texture, creando così una stratificazione di significati e materiali, dove l’immagine emerge attraverso un meccanismo di estrazione. Barbana Bojadzi è sempre alla ricerca di nuovi processi tecnici, mettendo in risalto materiali usati e recuperati che riflettono l’umiltà e la semplicità presenti nel suo lavoro.
JORGE MACCHI – FALSE AUTUMN
“False Autumn” è l’opera che dà il titolo alla mostra che Macchi realizza a San Gimignano. In un angolo della galleria, oltre un migliaio di foglie giacciono sparse sul pavimento. Come già annunciato dal titolo (“Falso autunno”)
non si tratta di vere foglie autunnali: non sono gialle o rosse, bensì verdi. Ciascuna ha la forma unica di un pezzo di puzzle. Uno sguardo più attento rivela che i pezzi del puzzle sono realizzati con foglie vere, ognuna accuratamente fustellata. Questo processo sconvolge la consueta armonia tra la forma naturale di una foglia e le sue venature,
invitando così l’osservatore a chiedersi quale possibile immagine potrebbe crearsi assemblando tutti i pezzi del puzzle. Del resto, ‘falso autunno’, è anche un’espressione coniata questa estate per descrivere un fenomeno che ha
interessato diverse zone della Gran Bretagna e molte nazioni europee, inclusa l’Italia: a causa della grave siccità e delle forti ondate di caldo, la natura si è messa in modalità di sopravvivenza anticipando di alcuni mesi il foliage autunnale. Foglie rossastre, secche e cadute a terra, rami già quasi spogli e terreni sempre più aridi hanno contraddistinto numerosi panorami boschivi destando un allarme diffuso.
La produzione di Jorge Macchi costruisce potenti finzioni visive, le sue opere sono artefatti che indagano il funzionamento della visione e della percezione. “Rorschach #1” e “Rorschach #2” sono dei dipinti murali site
specific realizzati agli angoli di una stanza della galleria. Immediato è il richiamo alle immagini simmetriche del famoso test psicodiagnostico di Hermann Rorschach.
Le figure che Macchi crea sul muro, tuttavia, non sono il frutto di una sovrapposizione, non c’è un reale trasferimento di forma e colore da una parte ad un’altra: l’artista realizza queste immagini utilizzando due sagome simmetriche di
carta. Ciò che resta, dunque, è la suggestione di un foglio, di pareti che si fingono fogli piegati, lasciandoci dentro l’inquietante sensazione che le stabili e durevoli mura di un edificio possano improvvisamente piegarsi cambiando la loro struttura. Il gioco tra realtà e artificio torna in “Dos banderas”, dove un elemento del dittico è composto da
quattro fogli di uno stesso block notes mentre l’altro da fogli di blocchi diversi. Il nastro, che sembra tenere insieme i fogli, è dipinto con acquerello e tempera. In “Déjà vu” Macchi interviene con un’operazione di restauro e lucidatura sulla metà di un tavolo che è stato esposto per due anni al sole e alle intemperie.
L’assemblaggio finale delle due parti, quella esposta all’aperto e quella conservata in studio, ricostituisce un unicum fittizio e artificioso. “Confesión” è una scatola di cartone di una Smart TV da 50 pollici con tutti i la-ti scavati a forma di croce ripetuta, come un modulo, che rimanda al metallo traforato dei confessionali. La scatola non contiene più alcun oggetto, l’azione del traforo l’ha trasformata in uno strumento visivo che offre un punto di vista frammentato del suo interno e di ciò che c’è dietro.
Tra il 1864 e il 1933 furono buttate in mare migliaia di bottiglie di vetro contenti un documento che riportava l’ora e il luogo esatto in cui la bottiglia era stata rilasciata nell’oceano. Si trattava di un esperimento per studiare le correnti marine superficiali. Nella serie “Drift Bottles” di Jorge Macchi le bottiglie sono di plastica, come quelle che la grande distribuzione utilizza ormai diffusamente per l’acqua minerale e le bibite di ogni tipo. Al posto del messaggio, l’artista
colloca un veliero in miniatura appositamente realizzato da un artigiano di Buenos Aires.
Le bottiglie di Macchi attivano il nostro immaginario facendo affiorare immagini stridenti: i messaggi in bottiglia – romantici, scientifici o giocosi – che nel corso del tempo hanno attraversato i mari e la storia; il mondo racchiuso in una bolla di plastica; le mani di un artigiano che cesella preziosi manufatti; le isole di plastica in costante crescita nei
mari del nostro pianeta.
L’ARTISTA
Jorge Macchi nasce a Buenos Aires nel 1963, città dove vive e lavora.
SABRINA MEZZAQUI – RACCOGLIERE PAROLE
Sabrina Mezzaqui presenta la mostra dal titolo “Raccogliere parole”.
Allestita al piano terra dell’ex cinema teatro, dove ha sede la galleria, l’esposizione raccoglie un nutrito numero di opere, per lo più inedite e realizzate nell’arco dell’ultimo anno.
Sabrina Mezzaqui trae ispirazione dal potere evocativo e simbolico delle parole traducendole in figurazioni plastiche.
Ritagliare, ricomporre e restituire schegge di vita, frammenti di pensieri e di visioni contraddistingue il suo operare artistico, che si pone come pratica dialogante, interlocutoria, generatrice di epifanie parziali offerte alla condivisione. I suoi lavori cristallizzano lo scorrere del tempo con una manualità che si nutre di gesti ripetuti; spesso include la scrittura, piccoli testi, memorie, riferimenti letterari.
Gesti e segni, i suoi, immersi nella sospensione temporale del rito.
Nella pratica artistica di Sabrina Mezzaqui le parole si fanno trama, escono ed entrano dalle pagine di carta, costruiscono una fitta relazione tra letteratura e pratica quotidiana, tra lavoro manuale e intellettuale, tra mondo
interiore e esteriore. Il libro, elemento simbolico attorno al quale ruota tutta la sua ricerca, è oggetto doppiamente prezioso: contenitore e strumento attraverso il quale acquisire il sapere ma anche manufatto frutto di specifica sapienza artigianale.
Per Sabrina Mezzaqui il tempo è sia uno spazio di solitudine che accompagna l’atto creativo, sia uno spazio di condivisione di gesti da compiere insieme, dove le azioni ripetitive, domestiche e silenziose che caratterizzano la
sua ricerca definiscono il senso dell’incontro necessario con l’altro.
“EN – Il tavolo di Plotino”, l’opera esposta sul palco dell’ex cinema, accoglie all’interno di una scatola migliaia di parole ritagliate (durante diversi incontri di lavoro collettivo tenutesi a San Gimignano e a Maccastorna) da piccoli gruppi
di persone interessate a condividere insieme all’artista la lettura di alcune pagine delle Enneadi di Plotino e ad esperire una modalità di ricerca e di lavoro basata sulla lentezza, la pazienza, la ripetizione e il silenzio.
Alle spalle del tavolo scorrono le immagini in bianco e nero catturate dalla macchina fotografica di Paolo Carraro durante gli incontri e dal soffitto pendono nove fili realizzati con carta e perline.
La caducità di ciò che ci circonda e la fragilità dell’essere umano sono temi che emergono spesso nelle opere di Sabrina Mezzaqui come in “C’è un tacito accordo tra le mie matite e gli alberi là fuori”, una serie di disegni che prendono il titolo da una poesia di Nina Cassian sulla solitudine e che riproducono mandala parzialmente cancellati.
Sembra un’immagine rubata alle pagine di una favola l’installazione che Sabrina Mezzaqui concepisce per la platea: al soffitto del grande teatro sono ancorate tre altalene e cinque libri di Mariangela Gualtieri (Senza polvere senza peso, Bestia di gioia, Le giovani parole, Quando non morivo, Ruvido umano) rilegati con un tessuto rosso e decorati al
loro interno. Sotto ciascuna altalena è incisa una parola: non; niente; poco.
L’ARTISTA
Sabrina Mezzaqui nasce a Bologna nel 1964. Vive e lavora a Marzobotto (BO).
INFO
BARBANA BOJADZI
MONADES
14.09.2024 – 12.01.2025
MACCHI
FALSE AUTUMN
14.09.2024 – 26.01.2025
SABRINA MEZZAQUI
RACCOGLIERE PAROLE
14.09.2024 – 26.01.2025