Quattro mostre alla Galleria Continua di San Gimignano: ALICJA KWADE, JULIO LE PARC, JOSÉ YAQUE e ‘TENSIONE CONTINUA’

Ha inaugurato, sabato 23 settembre, alla Galleria Continua di San Gimignano il programma espositivo autunnale con ben quattro mostre.

ALICJA KWADE – In cerchi

Il lavoro di Kwade si confronta con principi scientifici e filosofici scardinando i limiti della percezione. Il suo lavoro può essere interpretato come un mezzo per porre domande e fornire risposte alla natura enigmatica del mondo stesso.

Kwade ha dichiarato: “La mia libertà come artista consiste nel non dover dimostrare nulla. Propongo ipotesi materiali senza pretese di prova – tentativi scultorei formali di comprensione”.

Questa curiosità di fondo e la determinazione a indagare questioni complesse definiscono il suo approccio artistico, trasformando il suo lavoro in un regno di esplorazione in cui le conoscenze consolidate e i preconcetti condivisi possono essere esaminati e messi in discussione.

Come suggerisce il titolo, In Cerchi è incentrata sul tema del cerchio, che incarna i concetti di cambiamento e rinnovamento, evidenziando il profondo interesse dell’artista per la trasformazione. Nella torre della galleria è installato “SUPERHEAVY SKIES”, un mobile monumentale con rocce sospese per mezzo di strutture in acciaio inossidabile lucidate a specchio che fluttuano all’interno dello spazio, portando un’attenzione acuta alle operazioni di gravità e alla precarietà dei suoi stati di equilibrio. Ruotando lentamente su sé stesso, come in uno stato di rallentamento, leggerezza e peso collaborano simbioticamente, estendendo la propria influenza a chiunque entri nella sua orbita. Il globo è un motivo ricorrente in “SIÈGE DU MONDE (II)” e “MONO MONDE”. Sfere di pietra perfettamente rotonde si trovano sopra, sotto e accanto a due pesanti sedie fuse in bronzo, alludendo ai pianeti del nostro sistema solare e al legame con la nostra esistenza umana. Per Kwade, la sconfinata distesa dell’universo funge da ultima scala di astrazione. “SATURNMELONE” esemplifica l’annullamento dei confini tra l’ordinario e l’astratto. A prima vista, può sembrare un comune melone cantalupo, ma a un’analisi più attenta si notano le sue strisce che corrono orizzontalmente anziché verticalmente. Questa scultura in bronzo dipinto ricorda in modo ironico la superficie esterna di un corpo celeste, incoraggiando la contemplazione dei modelli e delle forme complesse che definiscono il nostro universo.

L’ARTISTA

Alicja Kwade (1979, Katowice, Polonia) vive e lavora a Berlino. Il suo lavoro indaga e mette in discussione le nozioni universalmente accettate di spazio, tempo, scienza e filosofia, rompendo le cornici della percezione nel suo lavoro. La pratica poliedrica di Kwade comprende scultura, installazioni pubbliche, opere su carta, video e fotografia.
In autunno Alicja Kwade inaugurerà una mostra personale al Lehmbruck Museum di Duisburg. Recentemente ha esposto, tra gli altri, nei seguenti musei: Berlinische Galerie – Landesmuseum für Moderne Kunst, Berlino, Germania; Langen Foundation, Neuss, Germania; MIT List Visual Arts Center, Cambridge, USA; Dallas Contemporary, Dallas, USA; Espoo Museum of Modern Art, Espoo, Finlandia; Kunsthal Charlottenborg, Copenhagen, Danimarca; Haus Konstruktiv, Zurigo, Svizzera; YUZ Museum, Shanghai, Cina; Whitechapel Gallery, Londra, Regno Unito; Kunsthalle Mannheim, Mannheim, Germania; Schirn Kunsthalle, Francoforte sul Meno, Germania; Haus Esters, Krefeld, Germania; Kestner Gesellschaft, Hannover, Germania; e Hamburger Bahnhof, Museum für Gegenwart, Berlino, Germania.
Nel 2019, Kwade è stata incaricata di creare un’installazione monumentale per il Metropolitan Museum di New York. Ha inoltre partecipato a mostre collettive e biennali internazionali con installazioni site-specific: Place Vendome, Parigi, Francia; Desert X AlUla, Arabia Saudita; Elevation 1049, St. Moritz + Gstaad, Svizzera; Helsinki Biennale, Helsinki, Finlandia; Desert X, Coachella Valley, USA; La Biennale di Venezia, 57a Esposizione Internazionale d’Arte, Venezia, Italia; Public Art Fund, New York, USA.

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JULIO LE PARC – 1958 2023

Per la prima volta nei suoi spazi espositivi di San Gimignano, una figura di primo piano del panorama artistico internazionale, Julio Le Parc.
Pittore, scultore e artista plastico, Julio Le Parc nasce a Mendoza in Argentina il 23 settembre 1928 e si stabilisce definitivamente in Francia nel 1958. Precursore dell’arte cinetica e dell’Op Art, da sempre impegnato nella difesa dei diritti umani, viene insignito di numerosi premi, tra i quali nel 1966 del Gran Premio Internazionale di Pittura alla 33ª Biennale di Venezia.

Influenzato inizialmente dal movimento dell’Arte Concreta e dal Costruttivismo, a partire dal 1959, Le Parc sviluppa un percorso indipendente applicando rigorosi principi organizzativi ai suoi dipinti: l’artista elimina ogni traccia di esecuzione manuale e composizione soggettiva, creando la propria gamma di quattordici colori, che considera fondamentali, imponendosi di utilizzarli esclusivamente, puri e non sfumati, in combinazione tra di loro per rappresentare tutte le variazioni cromatiche possibili. I suoi studi e le sue ricerche sullo spettro visivo, sul movimento, sulla luce e sullo spostamento dello spettatore e il suo coinvolgimento fisico, restano di grande attualità per molti artisti che tutt’oggi fondano il loro lavoro sulle sue ricerche.
La mostra “1958 2023” raccoglie per la prima volta un importante gruppo di disegni realizzati tra il 1990 e il 2023, delle gouache e dei disegni preparatori realizzati tra il 1958 e 1959 e un nutrito corpo di opere della serie “Alchimie” realizzate tra il 2018 e il 2023.

Julio Le Parc comincia ad elaborare la serie “Alchimie” all’inizio del 1988, a partire da piccoli schizzi ispirati da osservazioni fortuite e casuali che, a poco a poco, si concretizzano. Inizia così il processo di ripetizione e confronto che porta alla creazione di una moltitudine di disegni, alcuni dei quali, una volta perfezionati, diventano piccoli quadri. Questi a loro volta saranno il punto di partenza per altre idee e per opere più grandi.
L’artista evidenzia il lento processo di gestazione delle sue opere, riconoscendo che già alcuni dei suoi lavori realizzati tra il 1957 e il 1958 a Buenos Aires, contenevano in germe l’idea delle “Alchimie”. Queste intuizioni maturano quindi nel corso di quasi vent’anni prima di concretizzarsi in veri e propri dipinti.
Alchimia è sinonimo di trasformazione, di esperimento ludico e d’illusione ottica. In questa serie, le linee subiscono una metamorfosi, trasformandosi in puntini colorati che si inseguono freneticamente nello spazio. In un atto di sfida creativa, queste particelle di colore oltrepassano audacemente i confini del quadro invadendo la dimensione percettiva dell’osservatore. Si tratta di un’esperienza straordinaria in cui colore e forma si fondono in una danza visiva in grado di sfidare qualsiasi convenzione artistica.

La serie “Alchimie” costituisce una parte integrante dell’avventura personale di Julio Le Parc, un percorso che abbraccia la sua intera opera come artista sperimentale che ha sempre resistito alle pressioni esterne, anche a rischio di mettere in discussione sé stesso e il suo lavoro.
Con “Continuel mobile losange blanc translucide”, la mostra si arricchisce anche di una delle serie più celebri del lavoro di Julio Le Parc, quella dei “Continuels mobiles”. Formata da centinaia di lamelle sospese di plexiglas traslucido bianco, l’opera, sospesa al soffitto, crea un gioco di trasparenze, movimento e luce. L’irregolarità delle lamelle fa sì che ogni punto luce dia la sensazione di aver vita propria, emanando un potere straordinario.
I primi esperimenti con elementi mobili, tuttavia, risalgono ai primi anni ‘60, quando l’artista riesce a far confluire, in un’unica esperienza, situazioni molteplici legate alle contingenze esterne dell’opera e alla volontà di disconoscere quest’ultima come oggetto stabile e definitivo.

“Continuel lumière boite n°3” viene realizzata proprio in quel periodo, quando Le Parc si è da poco trasferito a Parigi, e realizza attraverso una serie di light box dei diaframmi in grado trasformare le forme geometriche tramite la modulazione della luce.
Questa mostra rivela una costante essenziale della pratica di Le Parc, ovvero il desiderio che lo spettatore possa sperimentare in modo del tutto nuovo il suo coinvolgimento nel percepire l’opera d’arte, alterando così la concezione del ruolo dell’artista, dello spazio espositivo e dell’osservatore stesso. Attraverso la sua pratica, Le Parc crea una situazione d’incertezza e d’instabilità visiva, rendendo il pubblico e la sua esperienza parte integrante dell’opera.

L’ARTISTA

Julio Le Parc nasce nel 1928 a Mendoza (Argentina). Vive e lavora a Cachan (Francia) dal 1958. Figura di spicco dell’arte cinetica e contemporanea, è stato uno dei co-fondatori del Groupe de Recherche d’Art Visuel (GRAV) a Parigi nel 1960, al fianco di Horacio Garcia Rossi, Francisco Sobrino, Francois Morellet, Joel Stein e Jean-Pierre Vasarely (Yvaral). Ha partecipato a numerose mostre personali in importanti musei e istituzioni come il Palais de Tokyo (Parigi), il Metropolitan Museum of Art (New York), il Perez Art Museum (Miami) e la Serpentine Gallery (Londra), solo per citarne alcuni. Artista socialmente impegnato, Le Parc viene espulso dalla Francia nel maggio 1968, dopo aver partecipato all’Atelier Populaire e alle sue manifestazioni contro le grandi istituzioni. Personalità intransigente e strenuo difensore dei diritti umani, ha combattuto contro la dittatura in America Latina. Nel 1972 rifiuta una retrospettiva al Museo d’Arte Moderna della città di Parigi, giocando a testa o croce.
Le sue opere fanno parte delle più importanti collezioni pubbliche internazionali, tra queste: MET di New York, MOMA di New York, Tate di Londra, il MNAM e il Centre Georges Pompidou di Parigi, LACMA di Los Angeles, Louisiana Museum of Modern Art Humlebaek, Musée d’art contemporain de Montreal, MNBA a Buenos Aires, Walker Art Center Minneapolis, Museo delle Belle Arti di Houston, Musée d’art Moderne de la ville de Paris, Museo Nazionale Reina Sofia di Madrid, Guggenheim di Abu Dhabi, Museo Boijmans Van Beuningen di Rotterdam, Albright-Knox Art Gallery di Buffalo, Cisneros Fontanals Art Fondazione di Miami, Museo d’Arte di New Orleans, Delgado Museo di New Orleans.

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JOSÉ YAQUE – Eruzione

“Eruzione” è la mostra dell’artista cubano José Yaque. Allestita negli spazi della galleria all’Arco de Becci, la mostra presenta un insieme di opere, realizzate nel 2022. Le opere nascono da un’esperienza vissuta dall’artista durante una visita a La Palma l’anno precedente, quando il vulcano dell’isola era in piena eruzione.

Yaque a proposito della mostra ha dichiarato: “Sapevo che quell’esperienza si sarebbe manifestata nella pittura. Volevo, però, che venisse fuori come la lava esce dalla terra, inaspettatamente, con potenza, con forza tellurica”. Per questo motivo queste opere appartengono a un periodo produttivo e privo di pregiudizi che può essere descritto come un’esplosione di colori.

Mentre nella mostra “Magma” del 2015 le opere avevano un aspetto più sereno e presentavano una gamma di toni terrosi che si associavano alle componenti delle rocce e a una sorta di mondo sotterraneo, in “Eruzione” sembra che la pittura si sia trasformata in lava che ha bisogno di sgorgare, correre e fuoriuscire, perché non può più essere contenuta. Per l’artista questa è una pittura che si realizza con l’intero corpo, e non solo con le mani. “Mi seduce l’immagine di un corpo che dipinge come se fosse un vulcano in eruzione, che si esprime con potenza”.

Yaque continua a lavorare con la tecnica che ha dato inizio a questa serie di dipinti e con la quale ha acquisito una padronanza impressionante. Accarezza la massa di pigmento per mescolare e stendere i colori sulla tela. La forza di gravità e le vibrazioni generano un magma che si trasforma quando l’artista avvolge l’opera in una copertura di plastica. Una volta completato il processo di essiccazione, lo strato protettivo viene rimosso, lasciando una sorta di pittura erosa. Di fronte alle opere di “Eruzione”, lo spettatore è catturato dal movimento e dall’energia rappresentati. L’occhio percorre la tela perdendosi nella sua profondità e nel suo ritmo, nelle pieghe della superficie disturbata da complesse sovrapposizioni di colore dove tutto diventa immersivo e avvolgente, come se tutta la materia fusa dall’interno della terra fosse venuta in superficie.

L’ARTISTA

José Yaque è nato a Manzanillo, Cuba, nel 1985. Attualmente vive e lavora tra L’Avana e Madrid. Ha studiato presso l’Accademia Professionale di Belle Arti “Carlos Enríquez” di Manzanillo (2005) Accademia Professionale di Belle Arti di Manzanillo (2005) e all’Istituto Superiore d’Arte (ISA) dell’Avana (2011). Ha partecipato alla prima Biennale d’Arte Contemporanea in Portogallo (2010) e ha preso parte alla mostra collettiva del Padiglione Cubano, a Palazzo Loredan, alla 57ª Biennale di Venezia (2017). Il suo lavoro è stato incluso in mostre personali e collettive presso El Espacio 23, Miami; Centro Espositivo Villa Pacchiani, Santa Croce sull’Arno, Pisa; Singer Laren Museum, Amsterdam; Wasserman Projects, Detroit; Voorlinden Museum, Wassenaar, L’Aia, Paesi Bassi; CAB Art Center, Bruxelles; Metropolitan Art Society, Beirut; CENTQUATRE, Parigi; Galleria Continua (sedi diverse); tra gli altri. Nel 2018, la Galleria Continua ha presentato una sua installazione di grandi dimensioni ad Art Basel Unlimited, in Svizzera.

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TENSIONE CONTINUA

Negli spazi dell’ex cinema teatro di San Gimignano “Tensione Continua”, una mostra a cura di Carlo Falciani.

Attraverso la selezione di un nutrito numero di opere capaci di una forte dialettica col Novecento e col passato, il curatore sviluppa una riflessione sul tema della tensione declinandola sotto diversi punti di vista: la tensione come flusso di energia, come reazione di un corpo ad una forza esterna, come uno stato di eccitazione, ma anche come percezione di un contrasto sociale, ed ancora come risultato di un intenso impegno intellettuale.

alciani raggruppa le opere in alcune partizioni principali intorno alle quali pensa sezioni omogenee di lavori in dialogo fra di loro e le dispone in precisi spazi della Galleria, scelti per la loro funzionalità al tipo di tensione.

GLI ARTISTI

In mostra alcune tra le più autorevoli figure del panorama artistico internazionale: Adel Abdessemed, Ai Weiwei, Juan Araujo, Kader Attia, Massimo Bartolini, Hans Bellmer, Berlinde De Bruyckere, Alberto Burri, Marcelo Cidade, Jonathas De Andrade, Cai Guo-Qiang, Chen Zhen, Luigi Ghirri, Shilpa Gupta, Renato Guttuso, Zhanna Kadyrova, Anish Kapoor, Alicja Kwade, Quinto Martini, Sabrina Mezzaqui, Giorgio Morandi, Gina Pane, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Pontormo, Arcangelo Sassolino, Ettore Spalletti, Hiroshi Sugimoto, Francesco Vezzoli.

“La tensione è il primo elemento che appare in molte opere presenti nell’archivio di Galleria Continua, che ha sempre coinvolto, fin dai suoi primi passi, artisti attenti alle tensioni sociali, estetiche, contemplative, e capaci di far dialogare il panorama locale con quello globale, in una visione che avesse al centro una potente umanità. In questa prospettiva di analisi storica e non solo di critica del contemporaneo, il lavoro più forte compiuto da Galleria Continua è stato proprio quello di trasportare una visione attenta alle radici locali di ciascun artista in una prospettiva planetaria, mantenendone intatta l’integrità espressiva” dichiara il curatore.
Dal testo critico di Carlo Falciani estrapoliamo un passaggio che ben approfondisce gli intenti del curatore: “(…)

Il percorso della mostra si articola quindi per nuclei stilisticamente anche disomogenei, scelti a rappresentare differenti forme di tensione: la prima è quella relativa alle forze che regolano l’universo, le forze arcane della Natura che, seppur spiegate dalla scienza, restano capaci di generare poesia nel loro riflesso sulla vita di chi ad esse è sottomesso. Una poesia più profonda di quell’episodica espressione connessa ad una natura intesa oggi dal sistema della comunicazione solo come teatro di uno sviluppo sostenibile. A simbolo di una origine antica di un sentire differente, razionale e poetico allo stesso tempo, viene esposto il Sidereus Nuncius di Galileo Galilei, con le sue incisioni delle fasi lunari in un testo fondante la rappresentazione moderna del sistema solare. Un testo che simboleggia un percorso secolare di comprensione ma anche di riflessione poetica sulle leggi che regolano le forze naturali, espresse anche da Arcangelo Sassolino, leggi della natura registrate anche dagli anelli di accrescimento dell’albero scavato in una azione che va indietro nella storia da Giuseppe Penone, o rappresentate dai resti di combustioni che disegnano galassie e nebulose di Cai Guo Qiang.
La tensione erotica come motore espressivo ha anch’essa radici antiche ed è qui rappresentata da immagini e sculture di Jonatas De Andrade, una tensione che concentra lo sguardo su parti del corpo capaci di rapire la mente verso un’ossessione, cristallizzata anche nelle fotografie di Hans Bellmer e nelle cere di Berlinde De Bruyckere.
La tensione sociale che agita questo nostro tempo è invece rappresenta nello spazio più ampio del teatro, dove lo sconcerto di una società, che nei desideri del metaverso si vorrebbe non più divisa per classi, vive immerso nello scintillio apparente di un tempo che la pubblicità pretende lussuoso e luminoso ma che invece è tagliente nell’infranto Miroir du Monde di Kader Attia, funereo nella grande scultura di Ai Weiwei, opaco e colmo dell’odore acre della combustione nelle sculture di Adel Abdessemed. A commento di questo percorso sono inserite opere dove si può leggere il riflesso di tensioni novecentesche, come nel Partigiano di Renato Guttuso, in una Combustione di Alberto Burri, fino alla violenza di stato raffigurata da Marcelo Cidade. Se la tensione sociale è rappresentazione di una frattura del sentire collettivo, un’opera di Jacopo Pontormo, che rappresenta il Sacrificio di Marco Curzio compiuto per salvare Roma, simboleggia appunto il sacrificio del singolo necessario alla salvezza della società intera.
L’ultimo gradino del percorso è dedicato invece al grado più alto di tensione, quello contemplativo, attraverso il quale si trascende la contingenza, verso un superamento dell’esistenza dei singoli, quindi del corpo fisico e, di conseguenza, anche della sua immagine nell’arte. Come nelle rime di Michelangelo, esposte fra le opere, la bellezza terrena può essere il primo gradino verso la contemplazione dell’assoluto, nell’opera di Francesco Vezzoli l’artista imperatore contempla Antinoo, mentre gli oggetti dipinti da Giorgio Morandi o fotografati da Luigi Ghirri sono testimonianza di una contemplazione possibile anche nel quotidiano. Nondimeno, se la voce di Michelangelo ricorda che per tendere verso l’assoluto è necessario superare la contingenza del corpo, la trasfigurazione cristallina dei propri organi compiuta da Chen Zhen in punto di morte prepara all’assenza qualunque immagine nelle forme assolute raggiunte da Ettore Spalletti, Massimo Bartolini e Hiroshi Sugimoto”.

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INFO

ALICJA KWADE – In Cerchi
JULIO LE PARC – 1958 2023
JOSÉ YAQUE – Eruzione
TENSIONE CONTINUA
Fino al 14/01/2024


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