In un periodo in cui la consapevolezza dell’immagine e la partecipazione attiva sono fondamentali, eventi come MonFest assumono un’importanza cruciale.

Questo Festival dedicato alla fotografia, diretto da Mariateresa Cerretelli e patrocinato dal Comune di Casale Monferrato, rappresenta un’opportunità imperdibile per esplorare il potere delle immagini.
Dopo un esordio di successo nel 2022 e la conferma del Middle MonFest 2023 con l’antologica di Maria Vittoria Backhaus, il festival si prepara ora per la sua seconda edizione, che si svolgerà fino al 4 maggio 2025. Sotto il tema “ON STAGE”, questa edizione si concentrerà su Cinema, Teatro e Musica, dando vita a un affascinante caleidoscopio di visioni fotografiche in luoghi simbolici di Casale Monferrato.
Abbiamo intervistato Mariateresa Cerretelli, per scoprire di più su questa iniziativa
Come è nato il Festival?
Il festival è nato dalla volontà del Comune di Casale Monferrato, desideroso di valorizzare il proprio territorio attraverso l’arte della fotografia. In questo contesto, insieme con Luciano Bobba abbiamo esplorato la possibilità di sviluppare iniziative significative. Da questa riflessione congiunta è emersa l’idea di dare vita a un festival della fotografia, un evento inedito per la regione, ad eccezione delle iniziative torinesi. La scelta di Casale Monferrato come sede non è stata casuale: la città vanta un patrimonio storico e architettonico ricco e affascinante. Le sue location, come il Castello medievale del XIII secolo, la sinagoga del XVII secolo – considerata una delle più belle d’Europa – e il Palazzo Gozzani di Treville del XVIII secolo, con i suoi affreschi straordinari, offrono scenari ideali per una manifestazione che celebra l’immagine e la creatività. Casale Monferrato non è semplicemente una cornice, ma un luogo impregnato di storie e atmosfere, facilmente accessibile, a un’ora di distanza da grandi città come Milano e Torino.
Casale possiede tutte le caratteristiche necessarie per accogliere un festival di tale portata, facendo così risuonare l’eco della fotografia in un ambiente tanto suggestivo quanto distinto.
Ho sempre sentito il forte desiderio di creare un festival che si distinguesse nettamente dagli eventi già esistenti nel panorama nazionale. La mia ambizione era quella di far sì che la fotografia non fosse soltanto una forma d’arte a sé, ma un linguaggio capace di interagire e fondersi con altre discipline artistiche.
Qual è la visione artistica che guida il festival?
La mia visione si incentra sulla sinergia che si crea quando la fotografia dialoga con forme artistiche differenti, permettendo così un ampliamento delle narrazioni visive e dei significati espressivi. Nel contesto di MonFest, la fotografia non è solo una pratica visiva, ma diventa uno specchio che riflette e amplifica le emozioni, i concetti e le tecniche delle altre arti come la pittura, il teatro, la musica e il cinema, nello specifico di questa edizione.
Questa interazione non solo arricchisce l’esperienza del pubblico, ma offre anche agli artisti l’opportunità di esplorare nuove dimensioni del loro lavoro, stimolando idee innovative e approcci sperimentali. MonFest, dunque, non si limita a promuovere la fotografia, ma la colloca in un ecosistema artistico più ampio, dove le opere fotografiche possono essere reinterpretate e rivalutate attraverso il confronto con altri linguaggi espressivi. In questo modo, l’evento diventa un luogo di incontro e scambio di idee, dove diverse discipline possono ispirarsi e influenzarsi reciprocamente, favorendo una riflessione più profonda sulla natura dell’immagine e sulla sua capacità di narrare storie. Come evidenziato da Patrizia Mussa, la fotografia può contaminarsi alla tradizione pittorica. Questo fenomeno si manifesta anche nell’ambito teatrale, come dimostrato da Carla Cerati e dal Living Theatre degli anni ’60, dove il confronto e la contaminazione tra le arti hanno creato nuovi linguaggi espressivi.
Nella mostra dedicata a Henry Ruggeri, in ambito musicale, abbiamo voluto integrare la tecnologia come parte dell’esperienza visiva, mantenendo però un forte legame con le tradizioni artistiche. La presenza di artisti affermati e giovani talenti, come Marchionni e Ruggeri, i quali collaborano con Virgin Radio, pone l’accento sulla trasmissione di valori estetici a nuove generazioni. Il mio obiettivo è quello di catturare l’attenzione attraverso fotografie di alta qualità. La qualità rappresenta il pilastro fondamentale del mio lavoro e il filo conduttore che lega tutte le opere esposte, fungendo da richiamo visivo e concettuale. Un’altra interessante opportunità di interazione con il mondo della fotografia è offerta dalla “sensitive box” di Aldo Magagna. In questo innovativo lavoro, il fotografo invita il pubblico a diventare parte attiva dell’opera, cercando di catturare le nostre percezioni e sensibilità musicali attraverso due ritratti evocativi. Questo esperimento rappresenta un’indagine approfondita e affascinante sull’invisibile, andando oltre il semplice atto di riprendere immagini e spingendosi verso ciò che si cela nell’essenza di ogni esperienza. Non è solo una questione di fruizione passiva, ma un invito a dar vita a un dialogo arricchente tra opere e spettatori, alimentando un flusso di idee e stimoli reciproci.
Il MonFest si distingue come l’unico festival che offre nuove mostre, con l’obiettivo di mantenere elevato il livello di coinvolgimento e partecipazione del pubblico. Grazie a questa strategia innovativa, il festival riesce a catturare l’attenzione di un ampio spettro di visitatori, creando un ambiente dinamico e stimolante.
Che impatto ha avuto il festival sulla comunità locale?
L’impatto del festival sulla comunità locale si è rivelato oltremodo significativo e inaspettato, estendendosi ben oltre i confini dei circoli di appassionati e conoscitori del settore. È stata particolarmente gratificante la visione di un’ampia partecipazione da parte di esperti desiderosi di esplorare nuove frontiere e da numerosi studenti e giovani intraprendenti, pronti a immergersi in esperienze innovative e stimolanti.
In aggiunta, diversi gruppi e associazioni culturali, tra cui il FAI, hanno saputo integrare il festival all’interno delle loro iniziative, amplificando così la portata della manifestazione e creando una sinergia feconda tra cultura e comunità. Questi eventi hanno permesso la realizzazione di laboratori per bambini e famiglie, contribuendo a promuovere un senso di appartenenza e di coinvolgimento tra le diverse generazioni.
È fondamentale riconoscere che la fotografia, in quanto forma d’arte e mezzo di espressione, deve rimanere accessibile a tutti, indipendentemente dai livelli di conoscenza o da precedenti esperienze. Questa apertura ha creato un ambiente favorevole al dialogo e alla condivisione, incoraggiando ogni individuo a sentirsi parte integrante di un processo collettivo di scoperta e creazione. Credo che il festival abbia saputo fungere da catalizzatore per dinamiche positive all’interno della comunità locale, stimolando non solo l’interesse per la fotografia, ma anche un più ampio senso di comunità e partecipazione attiva.

Info
Fino al 4 maggio 2025
-https://monfestcasale.it/