Per la prima volta in Italia, il Museo MAN dedica oggi una mostra alla scultura di Henri Matisse. Il progetto espositivo, a cura di Chiara Gatti, rilegge e adatta agli spazi del museo sardo, il concept inedito e complesso della mostra Matisse Métamorphoses organizzata nel 2019 dalla Kunsthaus di Zurigo e dal Museo Matisse di Nizza.
Un progetto destinato a ripensare Matisse, a riconsiderare il ruolo della sua opera nel panorama dell’arte della prima metà del XX secolo, alla luce di una più ampia ricerca estetica che vede proprio nella scultura il veicolo per nuove e rivoluzionarie soluzioni formali. In questo affondo necessario, emerge come sia stata in particolare la figura umana il tema principe della sua tensione verso la sintesi.
Dall’indagine sul corpo, la postura, il gesto o la fisionomia, Matisse ha sviluppato un percorso di riduzione geometrica dell’immagine che lo ha portato verso un’astrazione ai limiti del radicale. Come l’artista stesso affermò nel 1908 nelle sue Notes d’un peintre:
ciò che mi interessa di più non è né la natura morta né il paesaggio, è la figura».
La figura, non per il suo pathos, il suo lirismo, gli stati d’animo o la flessione esistenziale, ma per il suo senso di presenza nello spazio e la sua ideale evoluzione nel tempo. Matisse ha interrogato infatti il corpo nella sua relazione con l’ambiente prossimo e con il mutare delle circostanze in un lasso di tempo dilatato. Ecco allora l’evoluzione di un dato naturalistico in una sintesi finale che sublima la contingenza in una dimensione di perfezione assoluta. Lo spazio condiziona, a sua volta, un sistema di relazioni sottili fra sostanza fisica e vuoto abitato, fra i gesti e le linee dinamiche che essi disegnano nell’aria.
La mostra prende avvio, dunque, da una analisi del metodo di creazione dell’artista e dal suo lavoro di trasformazione della figura in variazioni seriali. Il percorso allinea sequenze di bronzi, datate dai primi anni Dieci agli anni Trenta, e soggetti presentati nei loro diversi stati successivi e accostati alle fonti di ispirazione dell’artista, tra cui fotografie di nudi e modelle in posa, oltre a una selezione essenziale di pochi dipinti in cui i motivi stessi svelano la doppia anima della sua ricerca parallela, pittorica e scultorea, in particolare nell’affrontare i temi dominanti del nudo, della danza, dell’odalisca. Attraverso circa 30 sculture e una ventina fra disegni, incisioni, oltre a fotografie d’epoca e pellicole originali, la scultura di Matisse verrà posta in relazione con i soggetti di una vita, le sue magnifiche ossessioni legate alle forme femminili, alla ricerca fisiognomica sulle modelle, alle attitudini e alla plasticità dei volumi.
Sullo sfondo di questa ricerca composita, ecco allora molte figure uniche, come Le tiaré, di cui non esistono stadi differenti, mentre altre si ripetono a intervalli diversi, variando e trasformandosi, come il celebre ciclo di Jeannette (I-V). Da qui l’artista sviluppa infatti un approccio concettuale che può essere descritto come una sorta di metodo di progressione formale. Come in una “metamorfosi”, che ben spiega il titolo della mostra, le sue figure evolvono da una trascrizione naturale a una sintesi radicale del dato visivo.
Anche nella sua pittura – come è stato ampiamente studiato dalla critica in passato – è possibile rilevare tale processo di metamorfosi, senza però giungere mai a considerare veri e propri cicli di opere come “serie”, ma piuttosto come frutto di un lungo iter di elaborazione che trova nella scultura e nella grafica, accostate alla pittura stessa, strumenti di indagine connessi gli uni con gli altri, nell’idea di un confine liquido fra tecniche. Ne è un esempio l’Odalisca del Museo Novecento di Milano, che trova corrispettivi e relazioni sottili e chirurgiche con disegni e bronzi coevi e di cui la mostra allineerà l’intera sequenza.
La mostra è realizzata in collaborazione con Manifesto Expo.
INFO
Matisse | Metamorfosi
Museo MAN, Nuoro
Fino al 12 Novembre 2023
a cura di Chiara Gatti
da un progetto di Sandra Gianfreda, curatrice al Kunsthaus Zürich con Claudine Grammont, Cheffe du cabinet d’art graphique, Centre Pompidou