Lunar Stories fino al 28 febbraio a Dimora Artica

Lunar Stories è una mostra collettiva che unisce le opere di sei artisti emergenti di diverse generazioni.

L’atmosfera notturna illuminata dal chiaro di luna e l’incorporeità del digitale sono le suggestioni dalle quali nasce il progetto, in cui le opere dei diversi artisti si mostrano come altrettante storie in una raccolta di racconti.
Sempre più pervasivo e parte integrante dell’esperienza della realtà nella nostra epoca, il mondo digitale si mostra come una dimensione dall’evanescenza traslucida, in cui la percezione dello spazio fisico è sempre più mediata dai dispositivi tecnologici.
Pur nell’utilizzo delle tecniche tradizionali, come la pittura e la scultura, o nell’appropriazione di immagini della storia dell’arte, negli ultimi anni l’espressione artistica è permeata dal digitale. L’estetica prodotta dai render generati al computer, dai programmi di grafica e dai videogiochi influenza l’attuale produzione artistica, connotata da una particolare attitudine immaginifica e una libertà nella manipolazione delle immagini che spesso possono ricordare l’immaginario dei giochi fantasy o l’approccio compositivo del graphic design.
La vocazione dell’arte di rendere visibile l’invisibile è oggi condivisa con la tecnologia e la scienza, che ci possono far interagire con spazi virtuali o mostrare l’apparenza delle forme biologiche più infinitesimali. Nello stesso tempo l’arte può attingere anche da ambiti diversi, come l’inconscio collettivo e il vissuto individuale, delineando inedite ibridazioni tra mondi apparentemente lontani, con cui metabolizzare la complessità culturale del presente. In bilico tra visioni spettrali e fisicità della materia, l’arte rimescola le carte e ci mostra un territorio intermedio, che sembra composto dalla stessa sostanza della luce lunare, in cui l’invisibile appare senza rivelarsi completamente.

GLI ARTISTI

I dipinti di Andrea Arrigoni (1996) nascono dall’osservazione e rielaborazione delle immagini che costituiscono l’ambiente contemporaneo.
La quotidianità è trasformata in chiave personale portando al limite l’idea di sospensione, utilizzando una vivace gamma cromatica e stilizzando le forme con stesure di colore uniforme.

Il duo artistico bn+ BRINANOVARA (Giorgio Brina 1993 – Simone Novara 1994) abbraccia una pratica transdisciplinare. La loro ricerca approfondisce e sfida con ironia archetipi culturali, in favore dell’immagine multiforme del Reale.
Il dipinto in mostra, intitolato Oroveneto, è il riaccadere di un ritratto realizzato dal pittore rinascimentale Bartolomeo Veneto attraverso una porzione dell’abito di un gentiluomo. L’opulenza e lo sfarzo del tessuto dorato diventano linee sospese che emergono dal nero in cui è immersa la figura, esse sono il ricordo di un panneggio che si fa ipotesi per una nuova immagine.

Protagonista dei lavori di Francesco Ciavaglioli (1983) è un’idea di natura mediata da sistemi di riproduzione che utilizzano le immagini come base di un processo di riproduzione e ripetizione.
L’interesse per la riproducibilità tecnica delle immagini si cristallizza nell’immagine del giardino, in un paesaggio sospeso a metà tra organismo e astrazione, tra natura e uomo.
L’immagine tecnica o scientifica diventa paesaggio per certi versi piatto, immateriale o metafisico.
Il giardino dell’uomo è una costruzione fatta da concetti; idee catalogate e disposte in ordini diversi ma da cui traspare il toccante tentativo di trovare un luogo sicuro nel mondo.

La produzione di Nicola Gobbetto (1980) si snoda attorno alla ricerca dell’Io. È dal mondo della narrativa fantastica, della mitologia, del cinema e dello sport che Gobbetto trae ispirazione. Le tecniche da lui sperimentate vanno dalla pittura al video, dall’installazione alla scultura, fotografia, collage digitale e disegno. Nella serie YOU CAN FIX IT IF IT’S BROKEN, BUT YOU CAN STILL SEE THE CRACK, alle immagini di antiche sculture sono sovrapposti dei cerotti a rimarcare le fratture del marmo, alludendo al desiderio di ricostruire l’irraggiungibile bellezza idealizzata della classicità. L’artista si appropria delle icone della bellezza classica per raccontare le nevrosi contemporanee legate ad una cura del corpo che rincorrendo forme astratte ed irreali sfocia nell’utilizzo smodato della chirurgia plastica.

Nella ricerca di Iacopo Pesenti (1990) è centrale la dialettica tra espressione vitale e idealizzazione, in una tensione interiore che apre varchi su un altrove indecifrabile. I processi della mente che trasformano il flusso dei pensieri in forme più nitide vengono trasposti da Pesenti in dipinti dall’atmosfera rarefatta ed enigmatica, in cui si percepisce un’inquietudine lunare, dai connotati magici.

Il lavoro di Camilla Rocchi (1998) è un invito a guardare ogni singola forma naturale per coglierne l’essenza spirituale manifesta.
Le opere in mostra sono parte della serie Organismi metamorfici, ceramiche che prendono spunto dal lavoro del biologo Ernst Heackel Kunstformen der Natur e, in particolare, dallo studio delle diatomee. Comparse circa 145 milioni di anni fa, le diatomee costituiscono le prime forme di vita sul nostro pianeta. Le loro forme simmetriche, semplici ma complesse, funzionali e belle allo stesso tempo, sono come mandala naturali che racchiudono i segreti della vita stessa.

INFO

DIMORA ARTICA
Fino al 28 febbraio 2021
Via Dolomiti 11 – Milano
Lunedì, martedì, venerdì, sabato, domenica h 16.00 – 20.00
www.dimoraartica.com

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