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Intervista – Sabrina Ratté: uso pixel ed elettricità per raccontare storie

Il MEET Digital Culture Center, il Centro Internazionale per l’Arte e la Cultura digitale di Milano presenta “Realia”, una mostra personale dell’artista visiva canadese Sabrina Ratté che esplora la convergenza tra tecnologia e biologia, interrogando il nuovo rapporto tra natura e ambiente digitale.

©Sabrina Ratté | Courtesy of Galerie Charlot

Attraverso un percorso espositivo immersivo – che si inserisce perfettamente nel programma “MEET the Nature” che affronta il tema della natura in chiave critica e innovativa – l’artista indaga l’interazione tra materialità, virtualità e spiritualità, proponendo scenari speculativi in cui il mondo naturale si evolve in simbiosi con i residui della civiltà tecnologica. Dopo essere stati esposti in diversi istituti internazionali – dal Laforet Museum di Tokyo al Museum of the Moving Image di New York, dal Fotografiska Shanghai al Centre Pompidou di Parigi – ed essere diventati parte della collezione permanente del Musée d’Art Contemporain de Montréal, i suoi lavori arrivano per la prima volta anche in Italia.

Le opere di Sabrina Ratté trasformano l’immagine digitale in un mezzo malleabile, modellato attraverso scansioni 3D, sintetizzatori video analogici, intelligenza artificiale e animazioni digitali. La sua pratica artistica abbraccia video, installazioni interattive e sculture digitali, creando ecosistemi in cui il vivente e il non vivente si fondono.

©Sabrina Ratté | Courtesy of Galerie Charlot

In “Inflorescences” (2023), la natura muta per coesistere con i rifiuti elettronici, ridefinendo l’idea stessa di ecosistema e di coabitazione tra organismi e scarti umani. “Cyberdelia” (2024), invece, esplora il rapporto tra intelligenza artificiale e percezione umana attraverso un’interazione con il pubblico basata su simboli e casualità, evocando le utopie cyberculturali degli anni ’80 e ’90. “Plane of Incidence I e II” (2024) digitalizza oggetti abbandonati, trasformandoli in nuove forme di vita e riflettendo sull’agentività degli oggetti e sulle imprevedibili evoluzioni della materia. “Floralia” (2021), ispirata agli scritti di Donna Haraway e Ursula K. Le Guin, trasporta lo spettatore in un futuro speculativo in cui specie vegetali estinte sono conservate digitalmente, in un archivio dove memoria e percezione si sovrappongono, sollevando interrogativi sulla continuità tra passato e futuro.

Attraverso una fusione di estetica, poesia e riflessione filosofica, “Realia” mette in evidenza intuizione, connessione emotiva e senso critico come strumenti per affrontare le sfide ambientali contemporanee. Il lavoro di Ratté si colloca all’incrocio tra arte, scienza e tecnologia, investigando la trasformazione degli ecosistemi nel digitale e il modo in cui percepiamo il mondo attraverso i media elettronici.

L’abbiamo intervistata per cercare di capire la sua essenza artistica.

L’intervista

La tua ricerca artistica nasce dall’esperienza sensoriale e concettuale, esplorando il rapporto tra tecnologia, biologia e ambiente. Puoi approfondire questa relazione?

Sono interessata all’anatomia del mondo, ai contrasti apparenti tra biologia e tecnologia. Spesso sembrano essere opposti, ma in realtà sono complementari. Non vedo la tecnologia come separata dalla biologia o dal mondo naturale. Mi chiedo se la tecnologia possa essere considerata un fenomeno naturale, dal momento che essa stessa ha origine dalla natura.

Quindi il tuo lavoro si pone come un’indagine visiva per superare queste dicotomie?

Esattamente. Cerco di pensare in modo diverso e di riconsiderare questi concetti attraverso le immagini e i mondi che creo. Abbraccio l’ambiguità per offrire una prospettiva più ampia su queste tematiche.

Nelle tue opere mostrano scenari speculativi in cui il mondo naturale si evolve in simbiosi con i residui della civiltà tecnologica. Pensi possa diventare uno scenario reale futuro?

Quando creo, mi piace immaginare futuri alternativi. Non pretendo di avere risposte definitive, ma mi interessa più l’aspetto poetico, magico e le prospettive differenti che queste visioni possono offrire. Attraverso la proiezione di questi mondi paralleli, possiamo affrontare le nostre paure e riflettere su chi siamo.

Qual è il tuo rapporto con l’intelligenza artificiale? Quali sono le sue potenzialità e i suoi limiti?

Ho avuto l’opportunità di lavorare con l’intelligenza artificiale in un progetto esposto alla mostra Cyberia. In quel contesto ho potuto sviluppare strumenti più vicini alla mia visione. La sfida principale è stata mantenere la mia estetica, lasciando spazio all’inaspettato. Molti si avvicinano all’IA con timore, ed è comprensibile, ma io preferisco esplorarne le potenzialità. Potrebbe essere una barriera o, al contrario, uno strumento straordinario per comprendere meglio chi siamo e dove stiamo andando.

Cosa significa per te l’estetica?

Per me l’estetica è gioia creativa. Mi vedo come una pittrice che usa pixel ed elettricità per raccontare storie. L’arte può portarci a ripensare il significato delle cose, offrendo prospettive nuove. L’estetica è un mondo sensoriale in cui siamo in sintonia con i nostri sensi e con la bellezza, che per sua natura è mutevole. Credo che vi sia anche un’affermazione politica nell’estetica: il sentimento estetico è un’esperienza profonda.

Se dovessi scegliere tre parole per definire il tuo lavoro, quali sarebbero?

È difficile, perché il mio lavoro è principalmente visivo e non sempre le parole riescono a descriverlo pienamente. Direi: esistenza, ambiguità, trasformazione.

Qual è il ruolo dell’artista nella società contemporanea? Senti di avere una responsabilità nei confronti del pubblico?

La bellezza di essere un’artista sta nel non dover sottostare a regole fisse. Però sento il bisogno di esprimere prospettive che spesso sfuggono alla quotidianità. In questo senso, l’arte è un potente strumento di ricerca e riflessione. Un artista è un po’ come un filosofo: esplora nuove modalità per comprendere il mondo.

Qual è stata la tua prima grande illuminazione artistica? E l’ultima?

Più che da un’esposizione, sono stata influenzato dal cinema, dalla musica. Un film che ha segnato il mio percorso è Solaris di Tarkovskij. Racchiude la questione della soggettività, dell’ignoto e dello spazio, ma alla fine ci riporta sempre a noi stessi.
Questo tema è presente in tutta la mia ricerca.

E la più recente evoluzione del tuo percorso artistico?

In questo momento sento che il mio lavoro si sta avvicinando a una dimensione più spirituale. Mi interessa l’esplorazione del magico e del rapporto con il mondo naturale, che potrebbe diventare sempre più presente nel mio lavoro futuro.

Credi che l’intelligenza artificiale applicata all’arte possa sostituire la creatività umana?

No, non credo che possa cancellare la creatività. La discussione sull’IA nell’arte ci costringe a ridefinire meglio cosa sia l’arte stessa. Per me, l’arte è un’esperienza profondamente umana, e nonostante l’IA possa generare immagini, manca di quella prospettiva soggettiva che caratterizza la creazione artistica umana.

Qual è stata l’ultima volta che hai fatto qualcosa per la prima volta?

Questa è la mia prima mostra in Italia e devo dire che è un’esperienza incredibile.

Se mi recassi da te per uno Studio Visit cosa troverei nel tuo studio? Quadri, natura, tecnologia, libri… ?

Una combinazione di tecnologia e natura: mixer, computer, immagini, fiori, tarocchi. Un luogo di sperimentazione.

Se potessi vivere una vita completamente diversa, come sarebbe?

Probabilmente passerei il tempo a rendere il mondo un posto magico

L’Artista

Sabrina-Ratté_©Ymei-Wang_Fotografiska-Shanghai-2024

Sabrina Ratté (Québec, 1982) è un’artista visiva canadese con base a Montréal, il cui lavoro indaga l’incontro tra tecnologia e biologia, l’interazione tra materialità e virtualità e l’evoluzione speculativa dell’ambiente. Attraverso l’uso di strumenti come scansioni 3D, sintetizzatori video analogici e animazione 3D, le sue opere danno vita a ecosistemi digitali che si manifestano in installazioni interattive, video, stampe digitali, sculture e realtà virtuale. Ispirata dalla fantascienza, dalla filosofia e dalla teoria critica, Ratté immagina mondi senza esseri umani, in cui i resti dimenticati continuano a trasformarsi, creando nuove connessioni con l’ecosistema.
I suoi lavori sono stati esposti in istituzioni internazionali, tra cui il Laforet Museum di Tokyo, il Musée des Beaux-Arts di Montréal, il Centre Pompidou di Parigi, il PHI Center di Montréal, il Max Ernst Museum di Brühl e il Museum of the Moving Image di New York. Ha realizzato mostre personali alla Gaîté Lyrique di Parigi, a Fotografiska Shanghai e presso Arsenal Contemporary Art a Montréal e New York. Le sue opere fanno parte della collezione permanente del Musée d’Art Contemporain de Montréal. Nel 2020 ha vinto il prestigioso Sobey Art Award in Canada. https://sabrinaratte.com

La Gallery

Info

“REALIA” di SABRINA RATTÉ
A cura di Maria Grazia Mattei
Giovedì 13 marzo – Domenica 01 giugno 2025

Grazie a Gaia Grassi

HESTETIKA ART Next Generation

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