Lorenzo Marini è tra gli espositori ufficiali della Biennale d’Arte di Venezia 2024 presso il Padiglione Nazionale Grenada, Palazzo Albrizzi Capello, dal 20 aprile al 24 novembre 2024, con un’opera dedicata ai corpi celesti più affascinanti di tutti i tempi, i buchi neri.
Un mixed media su un canva di quattro pannelli della dimensione complessiva di 200×200 cm, in cui le lettere di Lorenzo Marini: la lettera A (l’inizio), la lettera Z (la fine), la lettera O (l’infinito) e la lettera X (la tecnologia), attraversano l’orizzonte degli eventi dei buchi neri, nel corso della mostra Nessun uomo è un’isola, curata da Daniele Radini Tedeschi.
Lorenzo Marini interpreta la singolarità gravitazionale che Einstein prevede al centro di ogni buco nero, e lo fa attraverso le singole lettere dell’alfabeto che disintegrate dal significato assunto all’interno di una parola, rinascono nell’entropia dei buchi neri e per effetto dell’incurvatura dello spaziotempo, assumono un valore diverso e significati infiniti.
Ogni opera di Lorenzo Marini suscita emozioni e solleva interrogativi, come nel caso di quelle esposte alla Biennale di Venezia 2024 che celebrando il collasso gravitazionale dei buchi neri, da un punto di vista linguistico, portano l’autore a chiedersi: dove vanno a finire le parole non dette? E le promesse non mantenute?
L’abbiamo intervistato a pochi giorni dell’apertura ufficiale del Padiglione.
L’INTERVISTA
- Alla Biennale d’Arte di Venezia 2024 esporrai presso il Padiglione Nazionale Grenada. Non è la prima volta in Biennale. Come è nata questa nuova sfida e opportunità creativa?
Anche se sono stato invitato due edizioni fa alla Biennale di Venezia Padiglione Armenia come ospite nel mese di giugno, e quattro anni fa alla Biennale di Venezia AS, per la quale ho anche fatto il manifesto di lancio dell’edizione, questa è la prima Biennale che faccio come artista invitato ufficialmente. L’opportunità è coincidente con il tema che parla di inclusività. Io dipingo lettere. Non parole. I miei alfabeti sono inclusivi. Gli “extracomunitari” come la X, Y, K e W sono compresi nel mio alfabeto. I nuovi linguaggi sono obbligatoriamente linguaggi globali.
- L’opera che porti è dedicata ai buchi neri dove l’alfabeto diventa un universo caotico e le singole lettere disintegrate dal significato assunto all’interno delle parole rinascono con una nuova prospettiva. Ci racconti le opere che saranno esposte?
Saranno esposte quattro opere che fanno un polittico. Il buco nero mi affascina, perché mi sono chiesto molte volte: “Dove vanno i pensieri pensati ma non espressi? Dove vanno le promesse non mantenute? Dove vanno le parole appena sussurrate?” Il buco nero cambia la dimensione del tempo e dello spazio, deve essere una sorta di portale per un’altra dimensione. Mi piace pensare che tutte le parole non dette vanno a finire li. Spariscono nel nulla. Le quattro opere esposte sono relative a quattro lettere singole. La A e la Z in quanto inizio e la fine dell’alfabeto.
La O e la X in quanto due forme opposte, dal cerchio alla croce, una che rappresenta l’eternità- non avendo ne inizio ne fine- e una che rappresenta la contingenza essendo il simbolo per eccellenza della tecnologia.
- La tua Typeart celebra la legge del caso. Pensi che anche l’arte in generale sia generata dal caos e dal non controllato?
La mia Typeart is innesta nella perdita del senso nel nostro comunicare quotidiano. Si innesta nella perdita del pensiero critico. Si innesta nella superficialità, rappresentata dalla parola surf. Nel web noi non facciamo altro che surfare, viaggio in orizzontale, non tuffarci in verticale, viaggio nella ricerca delle risposte profonde. L’arte in generale è generata dalla ricerca, dalla voglia di trovare risposte. L’umo arriva sul pianeta senza libretto di istruzioni. Siamo qui e abbiamo più domande che risposte. I saggi sono quelli che hanno più risposte che domande.
- Che effetto ti fa essere l’unico creativo italiano/art director che è riuscito ad esporre alla Biennale?
Mi sento privilegiato. So che molti art director allargano il loro campo di ricerca nell’ambito dell’arte. E comunque un punto di arrivo non solo personale ma la considero anche per la mia community, per il nostro comparto. Io non provo invidia per nessuno, incoraggio tutti. E un riconoscimento ufficiale a me come artista ma anche alla mia ricerca linguistica che è molto più vicina al mondo del design e della grafica.
- Il mondo odierno sembra essere inghiottito da un grande buco nero che sta fagocitando speranze e prospettive. Pensi che l’arte in qualche modo possa contribuire a fermare questo stillicidio?
Nel mondo duale esistono le certezze e i dubbi. Esistono le sensazioni contrapposte del coraggio e della paura. Il buco nero rappresenta quest’ultima. La società ha paura perché insicura del futuro. Non sa cosa succederà domani. L’atteggiamento medio è quello di una mente non calma, di una mente nervosa, di una mente agitata. Tutti i pensieri agitati creano vibrazioni negative. Il grande buco nero è qualcosa che ci affascina ma al tempo stesso qualcosa da cui dobbiamo allontanarci. Si, penso che l’arte possa fermare questa paura perché se non ti da certezza ti da pausa, una scusa per pensare, un attimo di meditazione, un frammento di approfondimento.
- Il magazine Beverly Times di Los Angeles ti ha descritto come popstar artist. Che effetto ti fa?
Per loro tutto deve essere tutto pop o tutto star. Sono molto diversi. Da noi il colore primario fa paura, da loro il grigio non esiste. Da loro tutto è Hollywood, da noi tutta la cultura è esistenzialista e gli artisti macerati. Sono due pianeti. Mi fa uno strano effetto, ma resto con i piedi per terra.
- Mi fai una lista dei tuoi cinque artisti preferiti in assoluto?
Amo Rembrandt. Mi piacciono molto Cy Twombly, Basquiat, Pino Pascali e Emilio Vedova. Che ho avuto l’onore di conoscere come insegnante all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Da Vedova non ho imparato la forza del gesto e l’impeto del segno.
- Ti ricordate quale sia stata la prima mostra che ha illuminato la tua visione artistica? E L’ultima?
La prima mostra che ho visto non era una mostra. Era il museo Kunsthistoriches di Vienna. Ho amato i ritratti del 600 e la capacità di entrare in questa introspezione psicologica. L’ultima è stata quella al Palazzo Strozzi a Firenze di Anish Kapoor. Mi piace il senso del dramma, la forza semplice delle sue forme come il cerchio e i suoi materiali. L’acciaio e il nero assoluto.
- Hai un desiderio artistico che non hai ancora realizzato?
Il mio desiderio artistico più grande è far in modo che la gente camini sulle mie lettere. Da bambino mi ricordo che c’erano dei giochi che ci consentivano di giocare con i numeri e le lettere. Ho in mente una grande istallazione, forse una piazza della mia città natale, o forse un canale di Venezia dove mi piacerebbe mettere le lettere e toglierle dalla sacralità del libro per portarle nella quotidianità dinamica della nostra vita.
- Cosa ne pensi dell’intelligenza artificiale applicata all’arte? Il tecnicismo può superare la creatività?
Penso che l’intelligenza artificiale sia già presente in tanti aspetti della vita, anche se noi non la conosciamo. Sarà una rivoluzione stupenda applicata nei settori della sanità e della ricerca medica. In quello artistico la trovo perfetta come esecuzione nel mondo dell’illustrazione e della fotografia. La trovo pessima nel mondo del concetto. C’è una cosa che l’intelligenza artificiale non ha ed è l’intuizione. Tutti gli uomini dotati di coscienza hanno il sesto senso. L’intelligenza artificiale purtroppo è rimasta a cinque.
- Quando è stata l’ultima volta che hai fatto una cosa per la prima volta? E soprattutto cosa hai fatto?
Ho raccolto delle erbe di campo, chiamati carletti, delle erbe selvatiche. Ho preso della ricotta e le ho messe assieme alle uova al forno. È venuta fuori una ricetta fantastica.
- Se fossi un direttore/a di un magazine d’arte chi vorresti mettere in copertina? E perché?
Se fossi un direttore di un magazine d’arte non farei l’artista. Ma per fortuna faccio l’artista e quindi posso proporre ad un direttore di un magazine di mettere una mia opera. quando l’ha fatto interni ha scelto una lettera D di design ed è stato uno sballo.
L’OPERA
L’ARTISTA
Lorenzo Marini è un artista italiano che vive e lavora fra Milano, Los Angeles e New York. Sviluppa la sua poetica sotto il grande maestro Emilio Vedova, dopo aver studiato Architettura all’Università di Venezia. Il concetto di spazio e la ricerca del visual ideale diventano il paradigma della sua pittura. Le sue prime apparizioni pubbliche come artista hanno avuto luogo a Miami poi a New York. Subito dopo, nell’autunno del 2014, la Provincia di Milano gli ha dedicato una grande antologica, in cui ha presentato vent’anni di lavori. Dopo personali presso lo Spazio Oberdan di Milano, e musei di Padova e Firenze, cui vanno aggiunte presenze ad Art Basel Miami, nell’ottobre del 2016 ha tenuto a battesimo, presso il Palazzo della Permanente di Milano, la “Type Art”, movimento di cui è caposcuola. Questa nuova corrente, in cui riscopre il colore, può essere definita come l’esaltazione dello studio dell’alfabeto e in particolare delle font dei caratteri grafici. Alla Biennale di Venezia, dove ha esposto presso il padiglione Armenia, ha presentato un’ulteriore evoluzione della TypeArt che diventa scultura . Nel 2017 crea il Manifesto per la Liberazione delle Lettere, presentandola a Parigi alla Sifrein Galerie. E sempre nello stesso anno viene invitato in Cina alla Biennale Internazionale a Hohhot.Nel 2018 vince il premio Mobius Award Los Angeles per Typevisual. Nel 2021 espone a Siena, 5 istallazioni e 30 opere, al complesso Museale Santa Maria della Scala e vince il premio AVI per la mostra di arte contemporanea più visitata dell’anno. Nel 2023 espone a Palm Beach e Los Angeles e la sua Raintype viene descritta dai media americani come la più amata tra le istallazioni presentate. Nel 2024 viene invitato a Seoul da Art Continue Gallery ed è l’unico italiano ad esporre a World Art Fair 2024.
INFO
Biennale d’Arte di Venezia 2024
Padiglione Nazionale Grenada
Palazzo Albrizzi Capello
dal 20 aprile al 24 novembre 2024