Il progetto fotografico “Sovrimpressioni”, recentemente realizzato da Boyer, indaga le dinamiche della realtà e i suoi aspetti invisibili.
Attraverso un approccio che attinge dalla pittura, Boyer esplora la frattura dell’identità dell’uomo moderno, ponendo domande su ciò che si cela dietro le apparenze e sull’influenza delle esperienze interiori nella percezione del mondo esterno.
Andrea Boyer, nato a Milano nel 1956, intraprende un percorso formativo in ambito scientifico e artistico, che lo porta, dopo diversi anni, a esercitare la professione di fotografo all’interno del panorama milanese.
Nel 1991, la sua carriera artistica prende una svolta decisiva quando incontra Giovanni Testori, il quale lo invita ad esporre per la prima volta le sue opere di disegno e incisione presso la “Compagnia del Disegno” di Milano. Da quel momento, Boyer avvia un cammino artistico ricco di sperimentazioni. Le sue pratiche artistiche si fondano sull’utilizzo di diverse tecniche, tra cui incisione, pittura ad olio e disegno. Tuttavia, attualmente è attraverso la fotografia e il disegno che egli sceglie di esprimere la propria visione creativa.
La sua ricerca si concentra sull’analisi dell’essere umano contemporaneo, esaminando le sue paure, le sue ossessioni e il complesso rapporto che intrattiene con una società sempre più ambigua e sfuggente. Il suo progetto fotografico più recente, intitolato “Sovrimpressioni”, si propone di esplorare le dinamiche del reale e ciò che vi si cela in modo invisibile.
Attraverso una scomposizione che parte dalla pittura, Boyer si collega alla frattura dell’identità dell’uomo moderno, interrogandosi su ciò che si nasconde dietro le apparenze e su come le esperienze interiori influenzino la percezione del mondo esterno.
In che modo il tuo lavoro si collega alle avanguardie del ‘900, come il cubismo?
Il mio lavoro, intitolato “Sovrimpressioni”, si collega profondamente alle avanguardie del ‘900, in particolare al cubismo, attraverso il concetto di rompere con ciò che si ritiene immutabile, come il presente. Questa idea di sfidare e decostruire le percezioni tradizionali è alla base della mia pratica artistica. Il cubismo ha rappresentato una vera e propria rivoluzione, non solo per la sua forma estetica, ma anche per la sua capacità di frammentare la realtà e mostrarla da molteplici punti di vista simultaneamente. Il gesto di “rompere” le forme convenzionali e i limiti temporali e spaziali diventa, dunque, un atto di innovazione. Le opere cubiste, mostrando più prospettive contemporaneamente, invitano l’osservatore a percepire il mondo in modo non lineare, un approccio che cerco di integrare nel mio lavoro. In “sovrimpressioni”, esploro il concetto di sovrapposizione non solo in termini visivi, ma anche temporali, facendo emergere una nuova dimensione in cui il passato e il presente si intersecano. Questo dialogo attraverso il tempo e lo spazio è un richiamo diretto alle pratiche avanguardistiche, che hanno sempre cercato di rompere le barriere del consueto e dell’accettato.
Inoltre la pittura, in quanto disciplina artistica che ha per secoli influenzato e plasmato la percezione estetica, riveste un ruolo di fondamentale importanza nel contesto del dibattito contemporaneo sul referente della fotografia. In molteplici discussioni riguardanti la natura e l’identità della fotografia, è possibile sostenere che la pittura agisca non solo come un semplice antecedente storico, ma anche come una sorta di “madre” della fotografia, da cui quest’ultima attinge il linguaggio visivo e concettuale.
La tua ricerca sembra richiamare una somma di ricordi e memorie. In che modo la fotografia può fungere da veicolo per esplorare l’identità personale e collettiva? Qual è il ruolo della memoria nel tuo progetto?
La mia ricerca si basa sull’idea che nella mente umana sia insito un meccanismo di sommare cose conosciute, creando una realtà composita dalle esperienze passate. Ogni fotografia diventa un veicolo che trasporta non solo una rappresentazione visiva, ma anche il mosaico di ricordi e memorie personali e collettive. Queste immagini, amalgamate con le nostre emozioni e pensieri, generano un qualcosa di unico, un’immagine che non esiste completamente nella realtà, ma che vive nel nostro vissuto. Nel mio progetto, la fotografia assume un ruolo fondamentale: funziona da specchio per esplorare l’identità, permettendo di riflettere su chi siamo e su come siamo stati influenzati dal mondo che ci circonda. La memoria gioca un ruolo cruciale, poiché le immagini catturate non sono solo istantanee del presente, ma diventano finestrini verso il passato. Esse stimolano la memoria, risvegliando sensazioni e ricordi che ci aiutano a definire il nostro posto nel mondo, creando connessioni tra il passato e il presente. In questo senso, la fotografia non è solo un documento visivo, ma un vero e proprio strumento di narrazione, capace di trasformare il nostro modo di percepire l’identità, sia a livello individuale che collettivo. Essa ci sprona a riflettere su come le nostre esperienze condivise plasmano il nostro essere e sul modo in cui le immagini, anche quelle che non esistono del tutto nella realtà, possono arricchire il nostro universo interiore.
Nella tua rappresentazione, come gestisci il concetto di tempo? Esistono nei tuoi scatti elementi che suggeriscono un dialogo fra passato e presente, o tra diverse epoche artistiche? In che modo questo dialogo arricchisce la fruizione dell’immagine?
Nella mia rappresentazione, gestisco il concetto di tempo come un intreccio fluido fra passato e presente. L’arte, in sé, è un portale che ci connette alle epoche passate, offrendoci la possibilità di reinterpretare e ridefinire le esperienze storiche in un contesto contemporaneo.
La fotografia e il disegno diventano il mio strumento per esplorare questa relazione, poiché mi consente di osservare ciò che è stato e di trasmetterlo attraverso il mio linguaggio visivo. Ogni elemento che osservo, studio e metto in discussione contribuisce a dare profondità alle mie immagini. La capacità di dialogare con il passato mi permette di affrontare le istanze del presente e di esprimere visivamente la mia interpretazione personale della realtà. In questo modo, le mie fotografie diventano non solo delle istantanee, ma delle narrazioni che attraversano il tempo, invitando chi le guarda a partecipare a questa conversazione senza fine.
Quali sono le tue considerazioni riguardo al futuro della fotografia e dell’arte?
Il futuro della fotografia e dell’arte è una questione complessa che richiede tempo e riflessioni approfondite, non limitabili a semplici affermazioni. È certo che ci troviamo in un periodo di transizione, un momento cruciale nella storia dell’arte, in cui l’intelligenza artificiale viene sempre più integrata nei processi creativi. Questa trasformazione richiama alla mente i grandi cambiamenti che l’arte ha affrontato nel passato, come l’avvento della fotografia o l’emergere di nuove tecnologie, che hanno sempre sollevato interrogativi sul significato e sul valore dell’opera d’arte.
La sfida principale oggi è quella di distinguere tra meriti artistici reali e opere generate prevalentemente per il profitto o seguendo tendenze superficiali. È fondamentale, dunque, dare valore alla qualità e agli artisti che operano con serietà e dedizione. La fotografia, in particolare, si trova al centro di queste trasformazioni. Mentre l’intelligenza artificiale può democratizzare l’accesso a strumenti fotografici avanzati, rischia anche di saturare il mercato con immagini che, sebbene esteticamente piacevoli, possono mancare di una visione autentica.
Gli artisti devono affrontare la sfida di come utilizzare queste nuove tecnologie per creare opere che abbiano significato, piuttosto che cadere nella trappola di produzioni superficiali. Il futuro dell’arte dipenderà quindi dalla capacità di artisti e individui di valorizzare l’autenticità e la profondità delle loro opere, trovando un equilibrio tra innovazione tecnologica e tradizione. Solo attraverso un impegno e una riflessione profonda possiamo realmente cogliere l’essenza di questa evoluzione e garantire che l’arte continui a rappresentare una forma di espressione significativa. È imperativo continuare a porre l’accento sulla qualità e sulla serietà nel lavoro degli artisti. Il tempo ci dirà come questi fattori influenzeranno il futuro della fotografia e dell’arte, ma è chiaro che il dialogo e la riflessione sono più necessari che mai.