Ha aperto i battenti a Venezia la nuova mostra dell’artista belga Julien Friedler.
La mostra si intitola “È finita la commedia” ed indaga tre diverse esperienze fondamentali della vita umana: il Dolore, la Malinconia e la Speranza. L’allestimento, curato dalla critica d’arte francese Dominique Stella, raccoglie tre suggestive installazioni accompagnate da una selezione di tele e fotografie, ed è ospitato all’interno di una location d’eccezione: la Chiesa di San Samuele in Campo San Samuele, una gemma architettonica edificata attorno all’anno 1000, a due passi da Palazzo Grassi.
La mostra è stata inaugurata lo scorso 23 aprile, in contemporanea con la 59a Biennale d’Arte di Venezia, con una coloratissima performance teatrale: una decina di attori travestiti da Jack Balance – figura iconica dell’immaginario friedleriano e alter ego dell’artista – hanno scorrazzato tra calli circostanti distribuendo ai passanti un questionario con sei domande esistenziali che si costituisce esso stesso come parte di una grand opera d’arte partecipativa. Il pubblico potrà ammirare le opere fino al 25 settembre 2022 (ingresso libero dal martedì alla domenica, dalle ore 10:00 alle 18:00).
L’allestimento si sviluppa all’interno della Chiesa di San Samuele dipanandosi tra le componenti maggiori della pianta basilicale: la navata centrale, dove è collocata la suggestiva La Forêt des Âmes, e le due navate laterali, dove a destra campeggia Les Innocents e a sinistra trovano spazio le maschere de Les Pierrots.
Ognuna delle tre tematiche sviscerate da Friedler è complementare alle altre, e l’insieme delle opere propone un tempo di sospensione meditativa sul senso della vita, della morte e di una possibile redenzione. “La scelta di destinare questa indagine all’interno di un luogo di culto non è, dunque, casuale. L’obiettivo di Friedler è di offrire spunti di riflessione universali, invitandoci a scoprire noi stessi, e anche a prendere coscienza dell’altro.”, spiega la curatrice Dominique Stella.
A Les Innocents, che evoca il concetto di prigionia, tocca l’arduo compito di porre l’attenzione sul mistero del dolore umano, sulla reclusione, sull’isolamento e sulla ribellione, invitando lo spettatore a una valutazione approfondita della sofferenza che da sempre si riproduce e si ripete nella follia e nella violenza degli uomini. L’installazione ricorda la dignità incomparabile di ogni bambino, mentre ogni giorno si rinnova il massacro degli Innocenti: la loro sofferenza vuole colpire la nostra coscienza insensibile, se non anestetizzata.
Les Pierrots vuole invece proporre una riflessione sul destino dell’uomo contemporaneo e sulla proiezione dell’immagine di una società disincarnata, persa e nostalgica. I pierrot di Friedler sono robot, simbolo di un’umanità meccanizzata, di una realtà del nostro mondo che mette in dubbio le nostre stesse capacità.
La Forêt des Âmes (nove colonne con maschere di ispirazione africana) invita, invece, alla meditazione ed è simbolo di speranza. È la prefigurazione di un progetto più ambizioso che vedrà erigere colonne monumentali in vari punti del mondo. Si tratta di un’istallazione ambiziosa e partecipativa che genera risposte ad un questionario che l’artista invita ogni visitatore a compilare. Friedler, attraverso questo particolare progetto artistico, intende infatti raccogliere i fremiti emersi dall’inconscio delle persone, che egli ama esplorare, proponendo sei domande fondamentali per l’essere umano.
Le risposte raccolte, preziosamente conservate, costituiranno poi la sostanza stessa dell’opera: ogni colonna materializzerà un albero, e dalla moltiplicazione degli alberi emergerà una foresta. Quella “foresta di anime” di cui l’installazione in mostra è l’immagine.
“L’arte di Friedler mette in moto sensazioni, relazioni, analisi, ed è concepita come azione inclusiva di tutte le espressioni vitali, derivino esse dalla propria esperienza o da quella altrui. – commenta la curatrice Dominique Stella – La sua azione, di conseguenza, riveste molteplici aspetti e abbraccia vari campi, dalla letteratura alla filosofia, dall’analisi sociologica alle arti plastiche (pittura, scultura). Il suo linguaggio comporta una produzione pittorica generata dalla necessità creatrice, dal desiderio di trasmissione spontanea e viscerale, derivante dal «tentativo di scoprire ciò che costituisce l’essenza passionale delle persone». La sua energia in espansione deriva dalla capacità di dissociazione e introspezione che applica a se stesso prima di interessarsi agli altri, scoprendo nell’altro le motivazioni più intime. Un viaggio per esplorare l’animo umano nella sua complessità atavica e universale.”
INFO
Julien Friedler
“È finita la commedia”
Fino al 25.09.2022
CHIESA SAN SAMUELE
Campo San Samuele, 30124 Venezia (VE)