La Galleria Mazzoli presenta “Frammenti da lontano”, mostra collettiva degli artisti Giovanni de Cataldo, Alessandro Giannì, Luca Grimaldi, Diego Miguel Mirabella, Lulù Nuti, Adelisa Selimbašić e Gabriele Silli, a cura di Giuliana Benassi.
Lo spazio modenese accoglie fino al 22 aprile 2023 le opere degli artisti concepite per la mostra e volte a costruire un percorso espositivo inedito.
Il titolo, Frammenti da lontano, evoca un panorama costellato da diversi immaginari e approdi visivi in qualche modo legati anche a Roma, città nella quale gli artisti si muovono traendo ispirazione dalle maglie di un contesto metropolitano denso di stratificazioni temporali e capolavori a cielo aperto, in cui l’aspetto decadente alimenta una certa fascinazione per la materia e una più profonda riflessione sulla caducità delle cose.
Le opere in mostra riflettono una molteplicità di significati, rimandi e suggestioni derivanti dalla realtà circostante o da un altrove, meglio definibile come luogo d’indagine che della materia e della sua manipolazione, ne fa utilizzo poetico e, in definitiva, peculiare linguaggio espressivo.
Ciascun artista attraversa la propria soglia visiva, spesso esasperando il rapporto che essa instaura con la tecnica utilizzata. In questo senso le opere seguono il pensiero, così come la materia che si manifesta trattenendo le traiettorie di tale processo.
GLI ARTISTI
Il mondo della strada e degli ultras entra nelle opere di Giovanni de Cataldo come motivo estetico e antropologico: le sue installazioni mettono in scena un ritratto della curva carica di tifosi o la trama delle reti da cantiere frastagliate, sublimando e quasi sintetizzando i tratti che le caratterizzano attraverso l’impiego dell’arazzo, così come le sagomature reticolate delle reti e delle panchine. L’artista enfatizza e, in un certo qual modo, estetizza dettagli di grammatica urbana, esaltandone le forme e il loro significato simbolico.
Il salto dalla realtà tangibile della strada a una realtà più sospesa, si coglie nelle opere di Alessandro Giannì che, seppur pittoriche e caratterizzate da soggetti di dipinti rinascimentali, restituiscono nel loro essere frammentate e segmentate, un vortice visivo che riflette il mondo digitale dal quale derivano, cioè Vasari, un’intelligenza artificiale che le genera come fonte visiva. Le immagini sulla tela si alternano, si specchiano e si fondono, fino a perdere una temporalità data.
Non con un soggetto, ma con un interrogativo di stampo classico, Luca Grimaldi si domanda come dipingere un paesaggio senza trattarlo in quanto tòpos. La risposta la trova nell’estetica del packaging e nelle immagini pubblicitarie la cui derivazione si intravede nelle sagomature delle tele, nei soggetti pittorici dai tratti frammentati ed essenziali e nell’utilizzo di cartongesso come materiale scultoreo per sondare motivi di rappresentazione paesaggistica. Del bagaglio visivo non tanto pop, quanto universale o senza identità delle immagini diffuse nel web, la sua ricerca se ne avvale come studio dei motivi estetici stigmatizzati.
Il paesaggio invece diventa soggetto drammaturgico nelle opere di Diego Miguel Mirabella, la cui ricerca tesse una trama di composizioni liriche visive in cui il tipo di materiale, le tecniche utilizzate provenienti da saperi antichi e la presenza della scrittura, sono scelte poetiche che l’artista mette in atto nel processo di costruzione del lavoro. Se nelle sculture con la zucca-mate l’intaglio peruviano è un paesaggio a tutto tondo dove figure e parole si fondono con la complessità della decorazione, nei dipinti con il vimini, è la firma dell’artista a tracciare lo skyline di un orizzonte frastagliato. L’artista gioca con il suo nome, mettendo in scena frammenti di una narrazione interiore.
Scivolando nel mondo della memoria, Lulù Nuti affida al disegno la traccia veloce di un ricordo affiorato come rimpianto: stretti tra le morse delle cornici di ferro forgiato, le immagini fugaci dei pigmenti pulviscolari fissano la suggestione di un accaduto lontano. Nella colonna scultorea la memoria è impressa nella materia, o meglio nei pezzi di materia che la compongono. Sono frammenti e refusi accorpati in un nuovo corpo scultoreo nel quale lo specchio incastonato si offre come possibile autoritratto dell’astante.
Non proprio autoritratti, ma selfie e composizione fotografica di un’immagine social, sono le cifre estetiche che Adelisa Selimbašić cita nelle sue pitture, soffermandosi su parti e dettagli in cui il corpo della donna è immortalato nella sua consistenza epidermica. Dei soggetti ritratti in posizioni ardite e con le tracce dei segni di abbronzatura, l’artista indaga la pelle come superficie pittorica e emblema di un dilagante costume visivo.
Oltre l’epidermide, le opere di Gabriele Silli restituiscono un mondo più viscerale e caustico. Agglomerati di materiali come ferro, bustine da té, carta trattata con l’acido, stralci di pellami: le sue opere si compongono attraverso l’impiego di elementi che nel loro insieme generano nuove forme e corpi materici. Questi sono frutto della trasformazione dei vari materiali che, quasi occultati nella loro massività, danno vita ad una visione imprevedibile dove si manifesta la loro intrinseca caducità.
La mostra è accompagnata da un libro che racconta il processo e la visione degli artisti, ciascuno immerso nel proprio universo visivo e colto in un possibile momento epifanico del quotidiano.
INFO
Frammenti da lontano
GALLERIA MAZZOLI
Arte Contemporanea
Via Nazario Sauro 62, 41121 Modena