ELIO FIORUCCI: All You Need Is Love

In concomitanza con la retrospettiva dedicata a Elio Fiorucci in Triennale Milano riproponiamo l’intervista a Fiorucci che Hestetika ha pubblicato sul primo numero del magazine nel lontano febbraio 2011.

L’intervista raccolta da Cristiano Macchi è il nostro personale tributo ai uno dei personaggi che ha rivoluzionato moda, costume e cultura pop.

L’INTERVISTA

Elio Fiorucci è per un amante della cultura pop di questo secolo come il Willy Wonka della fabbrica di cioccolato; come
dice Marc Jacobs: “Fiorucci è l’uomo che ha scoperto tutto”, e me ne rendo conto appena entro nel suo ufficio a Milano.

Sulla scrivania c’è un libro su Maripol, la designer che ha inventato l’immagine di Madonna negli anni ‘80, e che prima è stata l’art-director del negozio di New York di Elio Fiorucci. In una foto vicino a tante lo vedo ritratto con Domenico Dolce, lo stesso Dolce che con Gabbana gli ha reso omaggio alle ultime sfilate con una linea di t-shirt che riproduce le stampe classiche di Fiorucci, a testimonianza della sua attualità. Prima di cominciare l’intervista, Elio Fiorucci sta cercando del materiale fotografico che gli servirà per la sua partecipazione televisiva al programma “X Factor”, in
una puntata speciale dedicata allo Studio 54; a tale proposito, il signor Elio mi mostra alcune immagini che lo ritraggono con i più interessanti personaggi della scena rock del secolo; del resto Fiorucci ha organizzato la serata inaugurale dello Studio 54, e gli ospiti erano artisti del calibro di Grace Jones, Bianca Jagger, Andy Warhol, i Blondie. Oggi Elio Fiorucci è l’uomo che sta dietro a “Love Therapy”, la linea di abbigliamento donna e bambina la cui icona sono i nanetti multicolor, e alla linea “Baby Angel”.

Love Therapy mi fa pensare a All You Need Is Love dei Beatles, è così che la vede?

A livello inconscio. Negli anni Settanta ‘Peace and Love’, l’amore e il progetto d’amore, erano nel cuore di tutti, però quando questi valori li hai dentro emergono senza bisogno di capire da dove. Io sono cresciuto in quel periodo. La mia vita consapevole comincia a Londra con un viaggio. Mia sorella studiava a Cambridge. Non ero mai stato a Londra, e quando ci sono andato ho scoperto la musica di quegli anni, che veniva ascoltata anche nei negozi.
Allora ho chiamato mia sorella e ho detto a lei di raggiungermi e non abbiamo più smesso di girare, da Carnaby Street, a Portobello Road, Kensington Market. Ho visto il negozio di Mary Quant e poi Biba, il negozio di Barbara Hulanicki, la vera icona di quegli anni. Si andava a Londra sperando di vedere i Beatles e col desiderio di entrare da Biba. Lì ho avuto l’incontro con Barbara; di origini polacche, era andata a Londra per studiare architettura, poi aveva deciso di aprire un negozio interamente progettato da lei, dove si ascoltava la musica di quegli anni e le commesse erano truccate come se fossero in un film, unghie e smalto blu, velette, rimasi affascinato. Con Barbara poi ci fu una grande amicizia e collaborò con noi disegnando una sua collezione. Devo molto a Londra e a Barbara, furono una boccata d’ossigeno per me.
Quando tornai da Londra a Milano, dissi ai miei genitori, che avevano negozi di scarpe, che avevo un’idea. Volevo aprire un negozio nuovo dove vendere tutto: abiti, accessori, dischi. All’epoca, si parla della fine degli anni Sessanta, la distinzione era proprio netta tra l’abbigliamento degli adulti e quello dei giovani. Secondo me c’era proprio una distinzione tra il modo funzionale di vedere l’abbigliamento degli adulti e il modo dei giovani, legato all’immaginazione.
Ho immaginato un negozio che non fosse come tutti gli altri, volevo che portasse solo il mio nome, volevo che fosse innovativo anche per il suo modo di presentarsi, chiamai Amalia del Ponte che progettò una scatola bianca, molto lontana dal concetto di negozio di abbigliamento che potevi trovare in centro a Milano (all’epoca erano tutti arredati con tappeti persiani, boiserie e stucchi), realizzai un negozio con un impianto stereo da discoteca. L’inaugurazione fu un trionfo, in una serata di primavera, con tantissimi invitati, e per combinazione e fortuna (un elemento fondamentale per Fiorucci) passava Adriano Celentano con il suo Clan a bordo di una Cadillac rosa. L’evento venne riportato da tutta la stampa e decretò il successo del negozio”.

Tornando ai giorni nostri, molti designer hanno reso omaggio al mondo di Fiorucci, basti pensare a Marc Jacobs che per la sua linea di gioielli ha chiamato Maripol. Calvin Klein ha dichiarato di aver cominciato a fare jeans ispirandosi a Fiorucci. Lei è stato definito più volte come l’uomo che ha scoperto tutto.

Ero così curioso, andavo a intrufolarmi in situazioni insolite, ero stato in Messico, in Giappone, ero stato a contatto con le tribù degli hippy ad Ibiza. Sentivo che eravamo alla soglia di una rivoluzione pacifica. Da cui la Love Therapy. Cercavamo: l’amore, la pace, la conoscenza degli altri popoli e delle loro religioni, si andava in India”.

Un bisogno di pace che ancor oggi Fiorucci sostiene.

Secondo me il bisogno di pace è fondamentale e va esteso oltre che tra i popoli anche tra uomini e animali. La Terra è stata violentata dall’uomo, ma si dovrà rimarginare questa ferita. Io mi sto muovendo per lanciare un messaggio in questo senso. Con alcuni amici abbiamo pensato ad una cucina pensata secondo i dettami del cruelty free. All’Expò di Shangai, quando mi è stato chiesto come sarà la cucina del futuro, ho pensato che necessariamente si dovranno tener presenti questi canoni di rispetto per gli animali. Non si può pensare che le aragoste possano essere buttate vive nella pentola bollente. Non sono un fanatico, anche se sono vegetariano. Penso che si possa mangiare la carne, ma con rispetto. Anche le galline si innamorano (mi spiega). Gli animali sono sempre stati sottovalutati, ma solo per la prepotenza dell’essere umano; pensa quando torni a casa e il tuo cane ti aspetta e a quanto si emoziona vedendoti”.

Cosa consiglierebbe ad un giovane che decidesse di intraprendere una strada come la sua?

Gli consiglierei, se ha una forte propensione a lavorare in proprio, di vendere il proprio stile, fare consulenze. Stare attento a distinguere le competenze, fare tutto insieme è molto complicato. A meno che tu abbia la fortuna di nascere ‘figlio di’, per esempio nel mio caso ero figlio di imprenditori e ho beneficiato dell’opportunità di trovarmi in una situazione ideale. Importante è la divisione dei compiti: se sei stilista, non fare l’imprenditore, ma appoggiati a chi lo sa
fare e viceversa. Importante è anche l’apprendistato, io ero quello, tra i miei cinque fratelli, meno portato per gli studi, così mio padre mi ha fatto lavorare in negozio. Pensavo fosse un castigo, invece è stata una benedizione. Ho perso la timidezza, ho imparato a distinguere il bello dal brutto, che è importantissimo. Ho imparato e sono cresciuto”.

Lei era un sostenitore dei giovani artisti, ha prodotto un documentario su Basquiat, e ha portato Keith Haring in
Italia.

Keith è la persona più dolce e disponibile che ho conosciuto; l’ho incontrato a New York con Maripol, poi un mio grande amico e collaboratore, Tito Pastore, ebbe l’idea di fare venire Keith a Milano. Vuotammo il negozio e Keith Haring lavorando un giorno e una notte trasformò il negozio in un’opera d’arte. La performance venne seguita dalla stampa e dalla tv”.

Lei ha pubblicato con la Panini una collezione di stickers che riproducevano le immagini che hanno fatto la storia
di Fiorucci.

Fu una celebrazione del marchio, con la stampa di 25 milioni di pacchetti di figurine”.

A proposito di riproduzione seriale di immagini lei ha conosciuto Andy Warhol.

L’ho conosciuto in America, visitai la sua casa e in quell’occasione mi rivelò che i suoi quadri non passavano mai di moda perché si ispirava ai colori delle luci della città. La pop art era la mitologia della contemporaneità. Alcune delle immagini della collezione figurine penso che rispecchiassero proprio questo concetto”.

La sua frequentazione con Andy Warhol è riportata sui suoi “Diari” dove si può trovare più volte il nome di Elio Fiorucci con note di grande stima. Quale momento ricorda della vostra conoscenza.

Warhol doveva promuovere la sua rivista Interview, a New York, e mi chiese se poteva organizzare il lancio nel mio negozio sulla 59° Strada, a me non sembrava vero e gli domandai come mai potendo scegliere tra musei, gallerie, scelse Fiorucci e mi rispose perché era un luogo pieno di creatività. Il giorno della presentazione, ci fu un’invasione del negozio, c’è un video molto bello su Youtube che riprende il mio negozio di New York con Andy che firma la sua rivista
Interview”.

INFO

Elio Fiorucci
Dal 6 novembre 2024 – 16 marzo 2025
Triennale Milano
viale Alemagna 6
20121 Milano
www.triennale.org

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