Terzo giorno a Lucca per il festival Giungla. È tempo di camminare e parlare.
I primi giorni di puro ascolto e visione sono trascorsi. Giungla Bucolica, che è giovane ma chiara nelle proprie idee, cresce e passa all’azione.
Inizia tutto al mattino, con Andrea Pieroni. Cara pianta, da che terra vieni? conduce il gruppo tra le Parole d’Oro e l’Orto Botanico di Lucca, quasi 6 chilometri. Un percorso etnobotanico che, dal verde fiabesco del Tempietto di Guamo – sede della scritta in ottone che celebra l’antico convogliamento delle acque – trascorre lungo l’acquedotto, sporcandosi gradualmente di umanità: fabbricati, cemento, addirittura l’autostrada. Giunge infine al Giardino urbano, o natura addomesticata. Dal safari allo zoo, tutto doviziosamente spiegato.
Camminare e parlare.
Ore 15, Segromigno in Monte, Agriturismo “Il Gobbo”. L’uliveto rovescia a precipizio nella vallata. Nemmeno un suono in questo capitombolo. In fondo, tra i verdi pallidi dei licheni e delle foglie, c’è un casotto rimessa. Attorno al casotto pascolano in silenzio alcune persone. Di fronte, una banderuola metallica ammicca dalla cima di un’asta. Ha la forma di una mano che punta e parrebbe insicura del cammino da raccomandarti.
Dentro il casotto c’è Solinè, faccia dipinta di verde, fronte abbassata, sguardo. Solinè, che ha sognato il proprio nome d’artista –
Qualcuno chiamava: “Solinè”, e nel sogno mi sono voltato”
– siede al piccolo tavolaccio cosparso di quaderni. La coppia che gli siederà di fronte, non importa chi sia, lo ascolterà leggerli.
Quattro narrazioni, una per punto cardinale, promanano dalle sue labbra rapide, dischiuse lo stretto necessario. Riflessioni, tormenti personali che si attorcigliano sul tavolo. Non è dato sapere se quelle memorie sono autentiche o meno. Le rovescia in picchiata, però nitidamente, come gli ulivi scagliano verso il declivio tutte quelle foglie verdi e taglienti. Il verde, racconterà dopo, il cappello di paglia, i dettagli semplici e un poco incoerenti del vestiario, gli occorrono per estraniarsi, un poco dagli altri e un poco da se stesso, quel tanto che gli occorre. Parlerà anche della sua vita a Berlino, delle notti insonni a disegnare. Wind Tales, che abbiamo visto nel casotto, segue un ciclo iniziato a Salisaburgo. Senza trucco Solinè parla poco, la voce bassa, il passo pensoso, il sorriso quasi furtivo. Tutto pare comprimersi fino allo spazio di quel casotto, dove scoppia e prorompe come catarsi. Finché, stanco, Solinè ti manda via. «Andatevene. Devo scrivere».
A ben pensarci, un dito puntato può essere tanto indicazione quanto silente accusa.
Camminare e parlare.
Ore 18, Colle di Bordocheo. Il triclinio di Tiphaine Calmettes riposa ancora poco lontano, sotto l’alberata. Gerolamore, orecchini e bastone sonoro, è l’esatto contrario di Solinè. Per tre tappe conduce tutti in giro, questo incrocio tra cantastorie, performer e pittore, tornato dai Paesi Bassi per studiare scienze gastronomiche. “I live on my feet”, è scritto sul suo profilo Instagram, deposito di disegni meditati, ludici e grotteschi. In tre tempi, circondato dalla campagna notturna, Gerolamore racconta la nascita del creato secondo la Teogonia: l’eterno amplesso di Urano e Gea, i figli schiacciati, la necessaria evirazione del padre da parte di Kronos. Con quello stesso falcetto, il figlio ribelle aveva prima lavorato la terra, sua madre. Le cose sono dunque sorte, ci dice lui, dall’atto dell’arare.
Ogni sezione è scandita da cibo locale, attorno a cui la narrazione si compone. Cerchiamo collegamenti simbolici tra la kombucha e l’eterno amplesso degli dèi, che comprime un mondo che non riesce a nascere; cerchiamo di appaiare la separazione di Gea e Urano col gesto del disporre due piatti, anziché uno. L’artista compie rituali, crea interrogativi: una sedia tirata su con un cavo e lasciata a penzolare dall’ulivo, poi una mano gigante – ancora una mano – impiantata su un piolo come la seduta di uno sgabello. «È solo per salutarvi», replica Gerolamore, che parla di atti istintuali, di pancia: oggetti del genere, dice, catalizzano l’attenzione. E lui, che è stato portarobe di teatro, ha conosciuto il loro potere.
L’arte è, in fondo, il gioco degli adulti. E stasera, con Bou Kòlos, Gerolamore ci ha fatti giocare.
Solinè e Gerolamore. Carlo Regoli e Luca Conte. La riflessione e il mito, il vento che sibila e la terra che brulica.
Quasi tutti, nel mondo, camminano e parlano. “Ma in quante maniere?”, si domanda Giungla.
Domani sarà l’ultima tappa.
INFO
Giungla
da giovedì 12 a domenica 15 ottobre
Lucca
foto di Melanie Angeloni