Dal centro della Giungla – Giorno 2

Secondo giorno a Lucca per il festival Giungla.

«È come stare in una fiaba!» esclama uno dei partecipanti, lo sguardo che spazia fanciullescamente per il bambuseto. Una fiaba, pare, tanto incantevole da far valere la sopportazione dei suoi villain irriducibili, le zanzare.

Perché Colle di Bordocheo, Segromigno in Monte, offre scorci di natura in cui perdersi volentieri: seni di colline in dolce strapiombo sulla vallata, filari di vigneti e ulivi sotto un cielo sconfinato. E poi questo angolino discreto, dove un tempo operavano gli uccellatori, adesso un giardinetto selvaggio in cui riposare i sensi.

Al riparo degli alberi si compone una conversazione poliglotta: chi non conosce il francese parla con Tiphaine in inglese. Altri si mantengono nei sicuri confini dell’italiano. Al centro dell’albereto, nei pressi del rudere dell’uccellagione, c’è La rêveuse rêvant d’une rêveuse rêvant, “La sognatrice che sogna la sognatrice che sogna”. L’installazione di Tiphaine Calmettes, Ivry-sur-Seine 1988, ha l’aspetto di un triclinio barbaro. Al di sotto del telaio grezzo, l’artista ha intagliato zampe di ungulato. Tra quei piedi animali amorevolmente scolpiti e la natura industriale del blocco che li sovrasta il contrasto è evidente. Sull’armatura e al di sopra di tutto, canne di bambù si intrecciano, creando la seduta e un parasole ricurvo. Ci raccontano ridendo che, nel corso della lavorazione, l’artista francese ha ottenuto aiuto dai braccianti del luogo. Lei, che collabora spesso con le maestranze artigiane e che conosce il sussiego delle gallerie, ha gioito dell’occhio vergine di questi lavoratori.

Ne parliamo nella boscaglia, accomodati sull’opera. Un innesto d’albero ci sta germogliando ai piedi. Rimasto solo, un visitatore si sdraia. Le installazioni di Tiphaine Calmettes richiedono di essere usate, domandano che le si consumi. Al Bétonsalon di Parigi, 2022, tra le ultime esposizioni significative, aveva riprodotto un ambiente domestico rudimentale, diciamo pure preistorico: Soupe primordiale, “brodo primordiale”. In quel mescolio, dove tutto deve giocoforza tornare, amore e casualità talvolta riescono a convergere, creando qualcosa. La dimensione della cura e della pazienza si riverbera nelle settimane di residenza d’artista, nella necessità di far la conoscenza col materiale e nell’adeguarsi alla sua struttura.

Non è facile lavorare il legno: eternamente vivo, pretende che l’intagliatore obbedisca allo schema delle sue nervature, che non si aspetti la tacita immobilità. Tiphaine, già cimentatasi con il castagno, si è fatta insegnare le regole del bambù da artigiani locali. Al momento della partenza, il frutto della sua fatica sarà smantellato e portato via, forse rimontato, diverso sicuramente. Metamorfosi e migrazione, leitmotiv di Giungla, sono d’altronde ben rappresentati da una pianta giunta per la prima volta in Toscana, nelle ville, alla fine dell’Ottocento – e pioniera fu proprio Lucca.

Fu Orazio Fenzi, botanico toscano, a introdurre il termine “bambù”.
E c’è un’altra tematica, quella del cibo. Odorando nei calici il Bianco dell’Oca, il Picchio Rosso e il Vermentino biologico, tutti radunati attorno alla torta – stasera è il compleanno di Tiphaine – è facile pensare alla natura gastronomica di alcune sue opere, talvolta persino edibili. Una sensibilità corporeo-emotiva che forse le deriva dall’intolleranza al glutine. Bisogna essere estremamente delicati, estremamente amorevoli. Bisogna volersi bene, così mormorano sorridendo i suoi legni, le sue ceramiche, le sue terre lavorate.
L’abbraccio della notte avvolge Colle di Bordocheo.

Una notte gentile.

INFO

Giungla
da giovedì 12 a domenica 15 ottobre
Lucca

foto di Melanie Angeloni 

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