Paola Gandolfi non dipinge solo corpi, ma ne esplora l’anima, cercando quelle crepe invisibili in cui si nascondono disobbedienza e desiderio.
La sua arte è uno specchio che riflette il femminile nella sua complessità, un viaggio che intreccia psicoanalisi, storia e ribellione silenziosa. Per oltre quarant’anni, Gandolfi ha scelto di stare “nel contrattempo”, in quello spazio marginale e fuori sincrono dove si annidano nuove possibilità di senso.
Le sue figure femminili, monumentali e vulnerabili al tempo stesso, si ergono come protagoniste di un racconto intimo e universale, rivelando conflitti, frammenti di memoria e un coraggio che sfida il patriarcato. I colori vivaci e le forme audaci sono un inganno: attraggono l’osservatore per condurlo verso territori dove rabbia e consapevolezza si incontrano, in un delicato equilibrio tra introspezione e denuncia.
Il suo lavoro è un manifesto personale, un atto di resistenza che restituisce al femminile una centralità non negoziabile. In questa intervista, l’artista ci accompagna nella profondità del suo processo creativo, offrendoci uno sguardo sull’urgenza e sull’autenticità che animano la sua opera.
LA COVER
L’INTERVISTA
“Contrattempo” è un titolo fortemente evocativo. In che modo questa nozione musicale e filosofica si intreccia con il tema centrale della tua retrospettiva?
Il contrattempo in musica è un contrasto ritmico, una specie di spostamenti di accenti, l’accento che cade nel battere improvvisamente si sposta sul levare. Scrive Genevieve Fraisse nel suo libro Il mondo è sessuato: “le donne sono spesso situate nel contrattempo, come se non fossimo mai nel momento buono, ma sempre in ritardo o in anticipo e così squalificate come soggetti della storia”.
Chi sono i personaggi femminili che rappresenti? E qual è il messaggio che vuoi trasmettere attraverso questa loro presenza forte e quasi invadente?
In tutti i miei 40 anni di lavoro, ho ricercato maniacalmente i luoghi e i nodi che abitano la mente delle donne. Rappresento le donne tutte, quelle che non hanno avuto voce, quelle squalificate come soggetti storici, quelle che avevano solo il corpo per comunicare la loro estraneità al mondo dominante. Voglio posizionare i loro corpi al centro del quadro, voglio dare loro una collocazione spaziale degna. Mi concentro sui loro lapsus, cerco di mettere in evidenza i loro segnali eversivi nascosti, le loro investigazioni destabilizzanti, la loro ricerca di equilibrio costante, la loro disobbedienza alla logica patriarcale …la mia…
In una tua serie chiamata “Ritratti immaginari” dici che il tuo sguardo è come uno specchio riflettente l’accozzaglia di identificazioni immaginarie dell’io. Una mimesi che è apparenza o verità?
Pura verità.
I colori vivaci e pop delle tue opere contrastano con il tema di rabbia e conflitto. Puoi raccontarci come nasce questo dualismo?
Sono solare, colorata, ma amo andare a fondo nelle questioni femminili e nella mia anima. I colori sono una trappola per attirare colui o colei che guarda. Mi piace, in un primo momento, rendere gli osservatori tranquilli di avvicinarsi al quadro per la prima volta, poter abbandonare le difese, ed essere pronti a percepire, sentire, inventare il significato del quadro.
La psicoanalisi e il femminile sono al centro del tuo lavoro. C’è un momento o un’esperienza particolare che ha segnato questo interesse?
Mi sono interessata alla psicoanalisi fin da ragazzina, dopo i 25 anni l’ho sperimentata su me stessa, lavorando per 30 anni sulla mia mente di donna. I conflitti che ci attanagliano sono provocati da noi stesse, dalla nostra mente ancora arcaica tramandata dalle nostre madri e nonne. Sanare dall’interno l’atteggiamento della nostra psiche verso la vita è importante per accettare, con occhi freschi, i nostri mondi rovesciati, ed essere pronte a riconoscere lo sguardo patriarcale.
L’idea del “femminismo come contrattempo della storia” è centrale nel tuo lavoro. Come interpreti questa visione e come influenza il tuo processo creativo?
Essere nel contrattempo vuol dire guardare il sistema con altri occhi, ci permette una esplorazione attenta, per trovare una strategia nuova.
La tua opera include non solo pittura, ma anche video e scultura. Come scegli il medium con cui lavorare e cosa ti ispira verso uno rispetto all’altro?
Lavorerei con tutti i mezzi contemporaneamente perché l’uno è conseguenza dell’altro, e tutti, anche usando lo stesso tema, aprono strade nuove, schiudono segreti anche a me appena intuiti. La pittura è relativamente poco costosa, ma gli altri medium in special modo i video hanno bisogno di sponsor, la ricerca è faticosa.
Mi fai una lista dei tuoi cinque artisti preferiti in assoluto?
1 Frida Kalo
2 Kiki Smith
3 Luise Bourgeois
4 Sandra Vasquez de la Horra
5 Anna Maria Maiolino
Cosa è per te l’estetica?
Non è ciò di cui mi occupo nell’opera, ma è il risultato.
Arte e cultura. Sono due ambiti differenti? E cosa rappresentano per te?
Non sono ambiti differenti, sono spazi con tempi differenti, prima devi ingurgitare più possibile la cultura che ti interessa, poi la dimentichi. Il lavoro per l’Arte è intuito, è immersione nelle acque profonde per poi riemergere. L’una non può fare a meno dell’altra.
C’è un desiderio artistico che non hai ancora esaudito?
Fare un prossimo video, con molte risorse economiche su mia madre, era una brava pianista che rinunciò al suo mondo per noi tre figli, ma ogni giorno ci deliziava con un piccolo concerto.
Quali sono le parole chiave per descrivere la tua opera
L’opera è al posto delle parole.
Come ti definiresti in terza persona?
Un’artista che guarda il mondo al rovescio.
L’ARTISTA
Paola Gandolfi è nata a Roma dove vive e lavora.
Alla fine degli anni Settanta frequenta a Bologna l’Accademia di Belle Arti. Nel 1981 esordisce presso la galleria La Tartaruga di Plinio De Martiis a Roma. Dopo un primo periodo nel quale si misura con opere ambientali e installative si concentra con decisione sulla pittura, perseguendo una ricerca profondamente personale, e forse, antitetica, a qualsiasi scuola o gruppo. La sua opera è strettamente legata alla sua posizione intellettuale, che ne è il conseguente risultato.
La psicanalisi, in riferimento al mondo femminile, è un aspetto centrale della sua ricerca artistica che si esprime da sempre attraverso la pittura, il video e la scultura. Partecipa alla XLVI Biennale di Venezia nel 1995, con una sala personale e nel 1996 alla XII Quadriennale di Roma. Nel corso degli anni ha esposto in Italia e all’estero in numerose mostre e progetti artistici.
LA GALLERY
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