Il fascino e la poesia dell’arte di Nadine Fecht risiedono nella sua continua ricerca e nel suo costante cambiamento
L’artista berlinese ha l’abilità di intrecciare disegno e riflessioni in un linguaggio visivo potente e poliedrico che oscilla tra astrazione e forma, Fecht indaga temi complessi come l’instabilità, i concetti di valore nella società contemporanea e le dinamiche della percezione soggettiva e intersoggettiva.
Con una pratica che si nutre del “non-ancora” e degli stati intermedi, Fecht invita lo spettatore a confrontarsi con le tensioni del presente, lasciando aperto lo spazio per nuove interpretazioni e momenti di decisione. Dai segni collettivi e spontanei del progetto MULTITUDE – Die Vielen als Viele alla poetica del recupero in Surplus (la nostra cover digitale di questo mese) in cui etichette di prezzo consumate diventano trame artistiche, la sua opera sfida il confine tra libertà e controllo, individualità e collettività, estetica e critica sociale.
Fecht ci guida nel cuore della sua poetica, rivelando il dialogo costante tra materia, gesto e concetto che caratterizza il suo lavoro, e condividendo con noi la visione di un’arte capace di sollecitare pensiero e azione.
L’abbiamo incontrata ad Artissima dove i suoi lavori erano esposti nello spazio della Drawing Room Gallery di Amburgo.
LA COVER
L’INTERVISTA
La tua visione artistica è molteplice e sfaccettata. Spazi dall’arte concettuale utilizzando vari media, ma sei anche una designer. Puoi raccontarci come nasce la tua arte?
La mia arte nasce da una zona selvaggia nella mia mente, dove diversi livelli di percezione e vita interiore convivono e collaborano: idee, concetti, forme, suoni e materiali…
Una nuova idea trova sempre la sua strada mettendo in comunicazione questi aspetti in una forma che abbia senso per me. Ma è sempre guidata dal mio approccio di creare qualcosa di profondo sia a livello di contenuto che di forma.
Recentemente hai creato il progetto artistico, MULTITUDE – Die Vielen als Viele, presso la Galerie Drawing Room (Hamburg) ad Artissima sezione Disegni, dove con migliaia di penne hai tracciato segni e disegni spontanei su grandi fogli di carta. Quali sono gli elementi distintivi di questo progetto?
Questo progetto, sia per il modo in cui è stato creato che per i risultati, parla di libertà e controllo, e della tensione che esiste tra i due. Come artista del disegno, mi interessa capire quanto posso lasciarmi andare e allo stesso tempo produrre qualcosa che abbia valore o che persino trascenda un approccio più controllato. Nella musica troviamo questa lotta in tutti i generi improvvisati, come il free jazz: fino a che punto può spingersi la libertà senza diventare arbitraria? John Cage era un maestro in questo campo. Creare un contesto in cui tutti i segni sulla carta siano il risultato di azioni individuali o collettive, senza uno scopo prefissato, è un aspetto di questo lavoro. Un altro aspetto fondamentale è il messaggio che desidero trasmettere. Il concetto si può collegare alle società moderne, dove è sempre in gioco la questione della libertà individuale in un organismo sociale altamente organizzato e competitivo. Il processo è personale, ma il risultato è pensato come un modello complesso di libertà in una società aperta, per partecipare a tutte le pratiche discorsive a ogni livello.
Nel ciclo di opere Surplus sembri una archeologa contemporanea che raccoglie etichette dei prezzi componendo opere d’arte mescolando colori e forme. Come è nato questo progetto?
Sono attratta dai materiali “outsider”, cose che sono il più lontano possibile dall’arte. Non tutti, ma a volte trovo qualcosa che mi intriga, come queste etichette dei prezzi. Ho iniziato a raccoglierle per strada, un’azione che è già una sorta di performance in sé, poiché spesso sono ben attaccate al terreno, consumate dai passaggi pedonali, e devono essere rimosse con attenzione.
Non è passato molto tempo prima di capire perché mi interessassero: sono un materiale senza alcun valore, che ha perso il suo scopo dopo essere stato staccato dal prodotto al quale comunicava il prezzo. Eppure parlano di molteplici realtà: prodotti, prezzi e persino della nostra percezione soggettiva del valore. Come materiale incarnano questa idea e cerco di mostrare la loro bellezza disponendole in griglie e schemi distintivi e attraenti.
Nel tuo statement dichiari: “Il mio approccio al disegno espanso utilizza materiale e astrazione per discutere contenuti politici e strategie d’azione.” Pensi che sia necessario per un artista esprimere i propri pensieri attraverso la creatività?
Parlo solo per me stessa. Non credo che l’arte, come la intendo io, sia limitata all’espressione del pensiero. Vivo l’arte, la mia e quella degli altri, come una forma specifica di percezione ed espressione del mondo. Il pensiero equivale alla parola. Ma l’arte, specialmente nelle sue forme espanse, supera molte delle limitazioni che accompagnano, ad esempio, l’espressione del pensiero attraverso la scrittura.
La buona arte è un’esperienza stratificata in cui tutti i nostri sensi, l’intuizione e l’intelletto iniziano a comunicare tra loro. Nella mia arte non cerco di esprimere me stessa personalmente – ciò che penso o provo. Come artista, il mio unico obiettivo è portare qualcosa – un tema, un’osservazione, una tensione sociale o un concetto – che ritengo importante in una forma che possa essere discussa liberamente e da nuovi punti di vista.
Cos’è per te l’estetica?
Una linea guida.
Cosa pensi dell’intelligenza artificiale applicata all’arte? La tecnica può superare la creatività?
No, mai! Riconosco le possibilità offerte da questa nuova tecnologia, ma alla fine si basa su semplici calcoli, non sul pensiero consapevole o sulla capacità di prendere vere decisioni. L’IA è per me una calcolatrice molto, molto grande. Avrà un enorme impatto sul nostro mondo, su molti campi professionali, ma è uno strumento e rimane tale. Uno strumento pericoloso, però.
Se dovessi definirti in terza persona, come ti descriveresti?
In continuo cambiamento.
Se dovessi scegliere tre parole chiave per definire la tua arte, quali sarebbero?
Il non-ancora, l’intermezzo, il pensiero instabile.
Puoi elencare i tuoi cinque artisti preferiti di sempre?
Rifiuto il concetto di avere eroi o eroine – ammiro aspetti e atteggiamenti di diversi artisti. Detto ciò, ho preferenze per Valie Export, Jimmie Durham, i disegni di Louise Bourgeois, Alvin Lucier e Agnes Martin.
Ricordi la prima mostra che ha illuminato la tua visione artistica? E l’ultima?
La mia prima esperienza influente è stata la collezione permanente della Nuova Oggettività alla Kunsthalle Mannheim, inclusi i disegni di Jeanne Mammen e “L’esecuzione dell’imperatore Massimiliano” di Édouard Manet. L’ultima è stata la rivoluzionaria mostra di Cameron Rowland, “Amt 45i” al MMK di Francoforte, nel tardo 2023.
Hai un desiderio artistico che non hai ancora realizzato?
La mia mente è in fermento e il mio occhio interiore oscilla 🙂 Ho sempre il desiderio di realizzare qualcosa. Ci sono diversi progetti in cantiere, ma le logistiche sono impegnative, come per un grande disegno pubblico di 40 metri che sto pianificando.
Hai mostre o progetti artistici programmati in Italia nei prossimi mesi?
Sono appena tornata da un’esperienza meravigliosa come protagonista della sezione Disegni di Artissima. Progetti futuri in Italia non sono ancora pronti per essere discussi. Intanto, il mio lavoro sarà esposto nella mostra “Element of life – realities of water” al Herzog Anton Ulrich-Museum, in apertura la prossima settimana, e una grande installazione di “Multitude” sarà parte della biennale del disegno al Neues Museum di Norimberga a marzo.
Quando è stata l’ultima volta che hai fatto qualcosa per la prima volta? Cosa hai fatto?
Recentemente ho iniziato a praticare arrampicata indoor. È stata una sfida, perché ho sempre avuto paura delle altezze. Proprio per questo ho iniziato: per superare quella paura. E sta funzionando bene.
Se visitassi il tuo studio, cosa troverei? Natura, tecnologia, opere di altri autori?
Perché non lo scopri tu stesso? Sei il benvenuto! Scherzi a parte, troveresti lavori in corso, idee e schizzi, materiali disposti per essere utilizzati quando trovo la chiave per combinarli. Troveresti anche una radio vintage con cui ascolto programmi di attualità mentre lavoro. In tedesco chiamiamo questi dispositivi Weltempfänger (ricevitori del mondo), ed è esattamente quello che fa per me: ricevere il mondo esterno mentre lavoro sulla mia visione interiore per renderla reale.
Se fossi direttrice di una rivista d’arte, chi vorresti in copertina? Perché?
Gertrude Stein, perché è ancora la mia preferita: osservatrice brillante, maestra nel descrivere sottili differenze, megafono per i non privilegiati e gli underrepresented, e anima indipendente nel pensiero, nel parlare e nel vivere.
L’ARTISTA
Nata nel 1976 a Mannheim, in Germania, l’artista vive e lavora attualmente a Berlino,
LA GALLERY
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