COVERstory – FEDERICA COGO: ricercatrice, complessa, colorata

Descrivere l’arte di Federica è come immergersi in un luogo interiore poetico, fatto di colori tenui, dove si oscilla tra forme, oggetti, suggestioni e ossimori visivi, semplici ma al tempo stesso incredibilmente complessi.

Una ricerca strutturale, stilistica e cromatica che la porta a scandagliare territori atipici per l’arte.
Istruzioni per l’uso, manualistica, illustrazioni guida e immagini, il tutto decostruito e scomposto sfruttando le colorazioni tipiche della carta millimetrica che diventa una tela sulla quale rappresentare non architetture, geometrie, decori, patter, misure e progetti ma idee, narrazioni, emozioni e estetiche visive.

Abbiamo incontrato Federica e ci siamo lasciati accompagnare nella sua dimensione metafisica.

LA COVER

L’INTERVISTA

Nella tua serie “Ecce Domus” indaghi la casa con particolare attenzione ai suoi angoli e alle transizioni dei pavimenti. Come nasce questa tua analisi e ricerca specifica di questi luoghi-non luoghi. Inoltre, hai una serialità nei colori. Cosa esprimono e cosa vuoi comunicare?

“Ecce Domus” è nata da un incontro con gli scritti di Pavel Florenskij da cui rimasi affascinata.
Le sue descrizioni sulla prospettiva rovesciata mi hanno condotto a tentativi stilistici che poi hanno preso forma in questa serie. L’indagine sugli spazi, sulle geometrie che ci circondano, l’approfondimento sugli angoli, spazi immensi di vuoto, mi hanno condotto a raccontare dimensioni metafisiche, luoghi interiori, più che esteriori, di cui i colori ne portano manifestazione.

Venivo da un percorso artistico molto caratterizzato dalla scelta cromatica del rosa e del blu. Le mie erano delle necessità animiche di vestire la gentilezza e la spiritualità del rosa accanto alla presenza profonda del blu. Ho iniziato infatti così la serie “Ecce Domus”, con un intenso e materico Blu di Prussia sullo sfondo delicato e leggero del rosa pesco. Ho scoperto poi il rosso, come forte presenza di sentimento e di devozione. È questo ciò che sono stati per me i colori della serie.

Le forme rappresentano una attrazione per la tua creatività e arte. Cosa ti affascina delle forme e come si sviluppa la tua ricerca?

È interessante considerare la parola “forme” nella mia ricerca. Non lo avevo considerato prima.
Diversi critici hanno parlato di essenzialità, sintesi e rigore. Il mio rapporto con la pittura è stato finora molto controllato e razionale, seppur vissuto con forte emotività. Credo che la mia necessità di controllo sia stata dovuta proprio al bagaglio sentimentale con cui ho sempre vissuto la ricerca; le forme mi permettevano il controllo.

In molte tue opere hai un approccio scientifico all’immagine. Quasi come se volessi creare una poetica artistica ai manuali di istruzione o alle illustrazioni didattiche. Ci racconti questa tua visione?

Sì, per le necessità di cui parlavo prima, il mio interesse è andato infatti spesso verso i manuali d’istruzioni o le illustrazioni mediche. Ero attratta dalle immagini che avessero la funzione di spiegare qualcosa, e la loro sintesi stilistica apriva per me a molti significati. Inoltre il fatto di utilizzare immagini funzionali mi permetteva di non espormi, avendo così un approccio scientifico.

Nella tua arte c’è una continua ricerca del dettaglio. Non pensi che la società attuale penalizzi il dettaglio rispetto alla superficialità del genericismo?

Sì, può essere, ma non mi interessa. Il dettaglio è una presa di coscienza su qualcosa che può essere in secondo piano, ma sempre una presa di coscienza è, e per me la presa di coscienza è un atto di cura.

Hai affermato che il tuo lavoro è quello di indagare l’uomo e la sua natura, il suo rapporto con l’animale, con lo spazio, e con l’altro. Non pensi che l’uomo abbia superato il punto di non ritorno portandosi ad una inevitabile autodistruzione?

Non credo che l’uomo abbia superato un punto di non ritorno. Più che autodistruzione parlerei di cambiamento.

Pensi che un’artista si debba schierare e manifestare le proprie idee attraverso la sua opera?

Questa è una bella domanda. Penso che un’artista debba essere cosciente il più possibile del perché fa questo lavoro, ed è il perché cosciente che determina la qualità del suo intervento. Se si debba schierare o meno, se debba manifestare o meno il suo pensiero, questo non lo so.
Gli artisti che apprezzo e stimo hanno seguito una ricerca non strettamente legata al pensiero.

Stai lavorando a dei progetti futuri?

Sono in un lungo capitolo di trasformazione. Sto lavorando a progetti futuri interiormente, e non ho idea di cosa ne verrà fuori.

Se dovessi definirti in terza persona, come ti descriveresti?

Federica Cogo è: ricercatrice – complessa – colorata.

Se dovessi scegliere tre parole chiave per definire la tua arte quali sarebbero?

Profonda, intensa, gentile.

Mi fai una lista dei tuoi cinque artisti preferiti in assoluto?

Francis Bacon, Giotto, Hilma af Klint, Domenico Gnoli, Pinuccio Sciola.

Ti ricordi quale è stata la prima mostra che ha illuminato la tua visione artistica? E L’ultima?

Kandinsky, Milano, tanti, tanti anni fa. L’ultima: la stanza dedicata a Pietro Longhi al Museo del settecento veneziano.

Hai un desiderio artistico che non hai ancora realizzato?

Mi sarebbe piaciuto fare delle lastre di raggi X a Fidel Castro.

Cosa ne pensi dell’intelligenza artificiale applicata all’arte? Il tecnicismo può superare la creatività?

Questo è un tema a cui mi sento molto lontana e poco obbiettiva. Credo nell’uomo e alla sua bellezza e capacità, al suo poter dare, stare ed essere tale. Ho la sensazione che l’intelligenza artificiale non abbia a che fare con questo.
Da questa riposta si vede che sono nata nell’85.

Quando è stata l’ultima volta che hai fatto una cosa per la prima volta? E soprattutto cosa hai fatto?

Poco tempo fa ho fatto per la prima volta la carta; un’esperienza bellissima.

Se fossi un direttore/a di un magazine d’arte chi vorresti mettere in copertina? E perché?

Se fossi direttore d’un magazine d’arte metterei in copertina un lavoro di ex voto, un’immagine votiva realizzata con pittura su tavola nell’800, una creazione artistica slegata dall’egoità del sistema dell’arte e realizzata con lo scopo di ringraziare.

L’ARTISTA

Federica Cogo (1985) si laurea in pittura, presso l’Accademia di Belle Arti G.B. Cignaroli di Verona portando come tesi l’intero studio e percorso del suo operato artistico.

Dopo numerose esposizioni collettive locali, nel 2011 inizia a collaborare con PH Neutro, prima e unica galleria specifica per la fotografia contemporanea che ha sede a Verona e Forte dei Marmi.

Nel 2012 si aggiudica a Premioceleste il 2°premio nella sezione video con il lavoro Untitled #1, che la fa esporre presso l’Ex-Gil di Roma. Qualche mese dopo è all’interno del progetto PLAYTIME curato da Cecilia Freschini, che la porta ad esporre a Pechino e successivamente a Milano, in collaborazione con VisualContainer. All’interno del Premio Internazionale Arte Laguna 2013 vince una residenza d’artista presso Lab_Yit in Cina. Durante questo soggiorno espone la sua nuova serie Pollution presso Caochangdi Art District a Pechino.

Nello stesso anno entra a far parte dei finalisti nel concorso CO.CO.CO.13 (Como Contemporary Contest 2013), grazie al quale rappresenta con altri 5 artisti la sezione italiana all’interno della biennale europea JCE Jeune Création Européenne. Nel 2014 espone presso The FORMAT gallery a Milano con la sua prima personale The day after the fifth a cura di Daniele De Luigi. Nello stesso anno viene selezionata dal G.A.I. (Associazione Circuito Giovani Artisti Italiani), ed entra a far parte di Giovane Fotografia Italiana #03. Con il progetto espone a Reggio Emilia all’interno di Fotografia Europea 014 la sua serie Stars and Stripes. Successivamente la serie verrà esposta in una bipersonale all’interno di Art Verona con la galleria The FORMAT Gallery.

Nel 2015 all’interno del concorso -Who Art You?- si aggiudica il premio speciale D’ars, rivista d’arte contemporanea, e un premio speciale da L’Art pour l’Art. Nel 2015 viene chiamata a partecipare alla Biennale di Monza, dove espone il suo ultimo video Game, a cura di Claudio Cerritelli. Nello stesso anno è tra i finalisti di Premio Ora, dove viene scelta per una mostra personale presso Site Specific, Ragusa.Nel 2018 entra a far parte dei 222 emergenti su cui investire, catalogo Exibart.

Nel 2019 viene invitata ad Ankara dalla galleria Guler Sanat per una residenza d’artista finanziata dall’ambasciata italiana in Turchia. Vive e lavora a Vicenza

LA GALLERY

WEB & SOCIAL 

http://federicacogo.it/
https://www.instagram.com/federicacogo_studio
https://www.facebook.com/cogoart

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