Giulio Turcato, tra i principali protagonisti dell’arte astratta italiana del Novecento, ha esplorato materiali e tecniche, dando vita a opere di straordinaria innovazione.
Negli anni Settanta, il suo interesse per la dimensione spaziale e materica della pittura si traduce in superfici tattili, colori vibranti e strutture fluttuanti.
Le opere del 1972, presentate in questa mostra, riflettono il suo desiderio di superare i confini della pittura tradizionale, esprimendo un senso di libertà e movimento che ha caratterizzato l’intera sua produzione artistica. Turcato, non accettava di confinare le sue opere all’interno di un rettangolo o di un quadrato fissato dalla tela montata sul telaio. Come riportato in Autoritratto di Carla Lonzi (ed. De Donato, Bari 1969), Turcato, in una conversazione del 1967, dichiara:
Io, intanto voglio superare […] assolutamente il rettangolo del quadro, il quadrato del quadro… Per me, la dimensione quadrangolare è un’idea sbagliata perché… tutto quello che viene dalla sezione aurea, insomma, è un po’ incastrarsi in un certo geometrismo. Poi, noi, abbiamo la testa tonda, non so perché dobbiamo pensare dentro una camera quadrata, o dentro una città quadrata. […] è lo spigolo che dà fastidio, soprattutto… in fondo è un punto morto […]”
Questa suo pensiero viene messo in opera nella creazione delle opere esposte concepite dopo un suo viaggio in Kenya nel 1970. Le tele prendono una forma diversa, ricordano delle tavole da surf, ma in realtà riproducono le imbarcazioni utilizzate dai pescatori locali. La superficie pittorica tradizionale si trasforma, diventa irregolare, anche nelle dimensioni, decisamente fuori dagli standard in uso in quel periodo. I colori sgargianti richiamano l’ambiente visitato, ma allo stesso tempo le geometrie si ispirano alla sensualità dell’essere umano.
Gli undici lavori esposti alla Galleria Secci furono presentati per la prima volta alla Biennale di Venezia del 1972. Evento che rappresentò un punto di svolta nella carriera di Turcato fino ad allora impegnato prevalentemente su temi sociali, politici e scientifici.
Le opere provenienti dall’Archivio Giulio Turcato, illustrate dal testo di Martina Caruso offrono ai visitatori l’opportunità conoscere il lavoro di Turcato che spazia dalle tele non convenzionali, alla scultura passando per composizioni che richiamano i mezzi lunari dell’epoca.
INFO
Cosmic Infinity di Giulio Turcato
Fino al 5 aprile
Galleria Secci
Via Olmetto 1, 20123, Milano