Al Musec di Lugano in mostra il mondo di Fosco Maraini

Centinaia di immagini nella più grande mostra fotografica retrospettiva dedicata a Fosco Maraini.

Non ci sarà mai più un altro Fosco Maraini: perché lui seppe infatti essere etnologo, orientalista, professore universitario, narratore, fotografo, viaggiatore, alpinista e altro ancora e vide mondi che il tempo ha poi stravolto.

La sua vita fu davvero un romanzo. Nato a Firenze nel 1912 dallo scultore Antonio Maraini (di origine svizzere, anzi ticinesi) e dalla scrittrice Yoi Crosse, bilingue e dalla doppia nazionalità, Fosco Maraini iniziò giovanissimo a “vedere tanto mondo”. Spinto da grande curiosità e desiderio di avventura, a ventidue anni s’imbarcò sulla nave scuola Amerigo Vespucci come insegnante d’inglese per i ragazzi dell’Accademia Navale di Livorno e così ebbe l’occasione di visitare l’Egitto, il Libano, la Siria e la Turchia.

Nel 1935 sposò Topazia Alliata (da cui avrà le tre figlie Dacia, futura celebre scrittrice, Yuki e Toni) e nel 1937 partì per una spedizione in Tibet, che lo convincerà a dedicarsi alla ricerca etnologica e allo studio delle culture orientali. Laureatosi in Scienze Naturali all’Università di Firenze, si trasferì poi con la famiglia in Giappone, a Sapporo, nell’isola di Hokkaido, dove, in seguito al rifiuto di aderire alla Repubblica di Salò, verrà internato in un campo di concentramento. Tornato in Italia alla fine della guerra, eccolo ripartire per il Tibet e per altri numerosi viaggi tra i quali quelli che lo porteranno in Corea, a Gerusalemme e di nuovo in Giappone. Ai suoi viaggi e agli studi sull’Oriente Fosco Maraini ha dedicato molti libri (tra cui Segreto Tibet, Ore giapponesi e Case, amori, universi), molte mostre fotografiche e una serie di documentari etnografici andati però quasi tutti perduti.

Di lui (scomparso proprio 20 anni fa, l’8 giugno 2004) si narra che avesse una certa antipatia per le definizioni troppo limitate, sia etniche, sia geografiche, religiose, politiche. Scherzosamente si definiva un “Citluvit”, cittadino della Luna in visita di istruzione sul pianeta Terra. In visita di istruzione per cercar di capire. Quando gli chiedevano il perché di questa singolare sua definizione, lui rispondeva

sono cittadino della Luna perché è abbastanza lontana e abbastanza vicina, Marte o Saturno sarebbero troppo lontani. La Luna invece è alla giusta distanza, si vede la Terra, si vedono i continenti. Guardo alla Terra con grande passione.”


Quando gli chiesero un giorno quale viaggio gli fosse rimasto più nel cuore, lui rispondeva quello in Tibet del 1937.

Allora era veramente un tuffo nel medioevo. Quando si lasciava Gantok, ai confini dell’India, si diceva addio alla civiltà e al mondo per sei mesi. Potevano essere scoppiate dieci guerre, non l’avremmo saputo; era affascinante quel tuffo nel nulla”.

Anche per fotografare a quei tempi tutto era diverso. Per esempio non esisteva il lampo elettronico, il flash. Maraini usava la polvere di magnesio conservata in barattolo. La versava su una specie di piastrina, che aveva una pietra focaia che si comandava con un dito, si accendeva e bruciando faceva luce al cospetto di lama e monaci tibetani. Il lampo di magnesio era un procedimento molto incerto, difficile.

Poteva succedere di portare a casa immagini sottoesposte o sovraesposte. Eppure oggi quelle immagini sono (ancora, e pià cha mai) magnifiche. Come le 223 (e molte sono inedite) esposte al MUSEC, il Museo delle Culture di Lugano, dove si tiene (fino a gennaio 2025) la più grande retrospettiva fotografica dedicata a Maraini e ai suoi viaggi. L’esposizione allestita sui due piani nobili di Villa Malpensata a Lugano, presenta immagini realizzate fra il 1928 e il 1971 in Europa e in Asia.

LA MOSTRA

Ben 170 immagini ritraggono luoghi e genti dell’Italia e del Giappone, le due patrie di Maraini: la prima per nascita e per cultura e la seconda per destino e affinità elettiva. La scelta delle fotografie è frutto di una approfondita esplorazione degli archivi fotografici di Maraini, dalle centinaia di pubblicazioni illustrate che hanno permesso di definire i capitoli con cui strutturare il progetto e di visionare migliaia di negativi conservati dal Gabinetto Vieusseux di Firenze: tenuto conto delle «scoperte» in corso d’opera, dei negativi mancanti o inutilizzabili e delle scelte comparative, necessarie a garantire armonia e coerenza visiva, la selezione ha così preso corpo.

Il percorso dell’esposizione curata da Francesco Paolo Campione, direttore del MUSEC, restituisce le sfaccettature della fotografia di Maraini: una fotografia di uomini e culture; di paesaggi che si aprono sull’infinito; di architetture d’interni in cui si riverberano le geometrie segrete del mondo interiore; di particolari che si svelano fra le trame di una realtà interpretata con intelligenza rara e descritta con una colta e finissima estetica.

Sono immagini «carpite all’empresente», come Maraini amava dire con uno dei suoi sorprendenti neologismi. Immagini, cioè, colte in quell’attimo irripetibile in cui all’occhio è dato percepire le movenze del cuore e dell’anima. Sempre con sguardo lieve e una sottilissima ironia, di chi osserva silenziosamente e registra ogni cosa, che si appassiona fino a innamorarsi dell’oggetto del suo studio, ma che resta distaccato dalle cose perché «capire è il fine ultimo di tutta l’operazione». Le opere esposte, che entrano a far parte delle collezioni fotografiche del MUSEC, sono state tra l’altro realizzate con la tecnica della stampa giclée su carta baritata, sulla base delle scansioni dei negativi effettuate appositamente. Laddove possibile, ciascuna immagine è stata confrontata con le riproduzioni d’epoca realizzate quando Maraini era in vita, così da avvicinarsi il più possibile al gusto e alla sensibilità artistica dell’autore.

Un omaggio postumo ma doveroso a Fosco Maraini. Unico e irripetibile.

LA GALLERY

INFO

FOSCO MARAINI
Musec – Museo delle Culture 
Villa Malpensata (Lugano)
Dal 08 Giugno al 19/01/25

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