AFRICA. Le collezioni dimenticate

AFRICA. Le collezioni dimenticate ai Musei Reali di Torino

Fino al 25 febbraio 2024, le Sale Chiablese dei Musei Reali di Torino ospitano la mostra AFRICA. Le collezioni dimenticate, a cura di Elena De Filippis, Enrica Pagella e Cecilia Pennacini.

A partire dal 2021, i Musei Reali e la Direzione Regionale Musei hanno condotto interventi di studio, recupero e restauro delle collezioni africane conservate nei depositi dellโ€™Armeria Reale e nelle raccolte dei Castelli di Agliรจ e Racconigi, avviando progetti di ricerca e digitalizzazione anche sugli album fotografici della Biblioteca Reale di Torino e del Castello di Racconigi: centinaia di opere, sottratte allโ€™oblio, sono state catalogate e restaurate.

Nel corso dei lavori รจ emersa la necessitร  di guardare alle opere con nuovi occhi, confrontandosi con esperti di storia africana e con le comunitร  di origine per ripensare le basi del rapporto tra lโ€™Europa e il continente africano a partire dai manufatti e dalle storie della loro provenienza. Da questa riflessione รจ scaturita la collaborazione con il Museo di Antropologia ed Etnografia dellโ€™Universitร  di Torino, con lโ€™artista etiope Bekele Mekonnen, docente allโ€™Universitร  di Addis Abeba, e con Lucrezia Cippitelli, storica dellโ€™arte, curatrice e docente allโ€™Accademia di Brera, ospiti ai Musei Reali per una residenza finalizzata ad approfondire i significati delle collezioni e a reinterpretarli in unโ€™ottica post-coloniale.

Africa. Le collezioni dimenticate propone 160 opere in gran parte inedite โ€“ sculture, utensili, amuleti, gioielli, armi, scudi, tamburi e fotografie storiche โ€“ provenienti dalle collezioni delle residenze sabaude e dal Museo di Antropologia di Torino, con prestiti dal Museo delle Civiltร  di Roma e da Palazzo Madama โ€“ Museo Civico dโ€™Arte Antica di Torino. Il percorso รจ suddiviso in cinque sezioni che documentano una pagina delle relazioni tra la nuova Italia, prima sabauda e poi fascista, con il Congo Belga, lโ€™Eritrea, la Libia, la Somalia e lโ€™Etiopia nellโ€™etร  dello scramble for Africa. La mostra termina con The Smoking Table di Bekele Mekonnen, un intervento site-specific che, a partire dalla conferenza di Berlino che nel 1884-1885 sancรฌ la spartizione del continente africano, esplora lโ€™ereditร  del colonialismo nella nostra storia presente.

LA MOSTRA

Il percorso รจ organizzato intorno alle rotte di provenienza degli oggetti, che documentano anche i destini di personaggi spesso legati alle istituzioni governative e alle imprese italiane alla ricerca di nuovi mercati nel periodo dellโ€™espansione nel continente africano.

La prima sezione, Esploratori, avventurieri e consoli, รจ dedicata alle raccolte che si sono formate tra il 1857 e il 1890, indagate attraverso le figure di Giacomo Antonio Brun-Rollet, esploratore delle sorgenti del Nilo in Sudan, di Vincenzo Filonardi, armatore e console a Zanzibar nel 1882, e di Giuseppe Corona, attivo in Congo.

Del primo viene presentata una selezione di armi bianche, come gli scudi in pelle di coccodrillo riconducibili alle societร  Beja del Sudan orientale, e gli scudi in pelle di forma lenticolare attribuibili ai contesti Shilluk e Dinka del Sudan centrale o la clava da getto in ebano e gli scudi in cuoio di bufalo, appartenenti alle comunitร  Acholi, Lango e Ingessana fra il Sud Sudan e lโ€™Uganda settentrionale.

Vincenzo Filonardi, iniziatore della penetrazione economica e politica dellโ€™Italia nellโ€™Oceano Indiano, donรฒ la sua collezione a Umberto I, di cui รจ testimonianza lo splendido archibugio a serpe o la cintura con astuccio, scarselle e fiasca da polvere, entrambi di manifattura arabo-indiana dei secoli XVII-XVIII.

Giuseppe Corona, incaricato dal Ministro degli Esteri Francesco Crispi di compiere una missione in Congo per valutare le prospettive commerciali italiane nel territorio, acquisรฌ numerosi manufatti di pregio, tra cui alcune straordinarie sculture, come il grande Nkisi dellโ€™antico regno del Kongo, e lo Ntadi in pietra dalla ieratica posizione a gambe incrociate con il capo reclinato, entrambi conservati al Museo delle Civiltร  di Roma.

Le vie dello sfruttamento: ingegneri in Congo focalizza lโ€™attenzione sulla partecipazione di ingegneri e tecnici piemontesi come Pietro Antonio Gariazzo, Carlo Sesti, Tiziano Veggia e Stefano Ravotti, allโ€™amministrazione coloniale belga in Congo, con una selezione di armi, strumenti musicali, tessuti, monili e oggetti dโ€™uso quotidiano. Curiosa รจ la vicenda di Stefano Ravotti, giovane meccanico che nel 1900 vendette la sua collezione di armi provenienti dal Congo โ€“ coltelli, spade, lance, pugnali โ€“ allโ€™Armeria Reale.

La terza sezione, Colonizzare la montagna: il Rwenzori, rilegge la spedizione di Luigi Amedeo di Savoia-Aosta, Duca degli Abruzzi, nella dimensione di unโ€™appropriazione simbolica del paesaggio africano. Alle vette, considerate sacre dalle popolazioni locali, furono attribuiti nuovi toponimi legati ai protagonisti dellโ€™aristocrazia europea. Tra i compagni di avventura figurava Vittorio Sella, uno dei piรน importanti fotografi di montagna, che documentรฒ la conquista del Rwenzori con una straordinaria serie di immagini fotografiche.

Dalla spartizione dellโ€™Africa allโ€™aggressione coloniale racconta lโ€™espansione del Regno dโ€™Italia in Eritrea, avvenuta dopo lโ€™apertura del Canale di Suez nel 1869, con la compravendita della baia di Assab, divenuta il primo possedimento dellโ€™Italia in Africa. La sezione, che segue lโ€™evoluzione storica della colonizzazione italiana del Corno dโ€™Africa e della Libia fino allโ€™occupazione dellโ€™Etiopia nel 1935-1936, accoglie opere provenienti da Eritrea, Cirenaica e Tripolitania, Somalia, Etiopia: tra queste figurano soprattutto scambi e doni diplomatici, come quelli dellโ€™imperatore Menelik II con Vittorio Emanuele II, come il bracciale in argento e filigrana dโ€™oro o lo splendido tamburo di uso liturgico (kebero). A questi si aggiungono manufatti depredati nel corso dellโ€™occupazione, tra cui i โ€œtrofei di guerraโ€ sottratti dallโ€™esercito italiano ai dervisci sudanesi e ai combattenti etiopi.

Al centro del percorso, una sezione documentaria approfondisce temi cruciali legati alle violenze perpetrate dagli europei in Africa: tratta degli schiavi, atrocitร  commesse in Congo dai colonizzatori belgi, eccidi in Cirenaica e Tripolitania, facendo emergere anche il tema delle spoliazioni, qui evocato da due celebri casi, quello della Venere di Cirene e quello della Stele di Axum.

Il percorso termina con lโ€™opera The Smoking Table di Bekele Mekonnen (1964, vive e lavora ad Addis Abeba), artista concettuale, educatore e intellettuale pubblico. In residenza ai Musei Reali tra maggio e giugno, Bekele sviluppa un lavoro che reinterpreta in chiave contemporanea le relazioni documentate dalle opere esposte e pone la questione difficile ma necessaria della decostruzione della colonialitร . Il progetto, curato da Lucrezia Cippitelli, studiosa di teorie postcoloniali, รจ accompagnato dal Public Program Africa. Ereditร  dissonanti, con il sostegno del PAC2022-2023 โ€“ Piano per lโ€™Arte Contemporanea, promosso dalla Direzione Generale Creativitร  Contemporanea del Ministero della Cultura.

ยซLa mostra โ€“ afferma Enrica Pagella, direttrice dei Musei Reali โ€“ รจ il risultato di un lavoro di indagine, catalogazione e restauro che mira ad esplorare le relazioni documentate su scala globale dai nostri patrimoni. Non una mostra dโ€™arte, ma una mostra di storia e di storie, dedicata allโ€™Africa nellโ€™epoca dellโ€™aggressione coloniale europea; una mostra per conoscere, per non dimenticare e per combattere gli stereotipi che ancora avvolgono il continente africano nelle nostre rappresentazioni e nelle nostre coscienze. Unโ€™importante occasione anche per interrogarsi sul significato di questo patrimonio nella contemporaneitร  e sul ruolo dei musei nella sua reinterpretazione post-colonialeยป.

ยซLโ€™esposizione โ€“ dichiara Cecilia Pennacini, direttrice del MAET โ€“ fa โ€˜riemergereโ€™ oggetti e immagini arrivati dallโ€™Africa nel periodo coloniale e immediatamente precoloniale, dimenticati nei depositi di musei e residenze piemontesi analogamente a quanto accaduto piรน in generale per la storia coloniale italiana e i suoi abusi. Studiare, restaurare ed esporre questo patrimonio aiuta a ricordare la storia comune, che, nel bene e nel male, ci unisce allโ€™Africa. Come affermano anche i rappresentanti delle comunitร  diasporiche, valorizzare questo patrimonio puรฒ offrire ai giovani di seconda generazione e agli italiani la possibilitร  di avvicinare le civiltร  extraeuropee, acquisendo strumenti di conoscenza reciproca fondamentali per contrastare razzismo e xenofobia. Piรน in generale, le numerosissime testimonianze extraeuropee presenti nelle collezioni piemontesi potrebbero in futuro dare vita a spazi di dialogo e riflessione cruciali per una societร  aperta alla globalizzazioneยป.

ยซLo studio delle collezioni africane dei nostri musei โ€“ aggiunge Elena De Filippis, direttrice della Direzione Regionale Musei Piemonte โ€“ ci ha portato ad approfondire, oltre al significato storico, etnografico e artistico delle opere esposte, le circostanze in cui sono state acquisite dai rappresentanti della dinastia sabauda, proprio nella fase delle mire europee e anche italiane sul continente africano. Un tema su cui il nostro Paese si รจ interrogato ancora poco e che รจ diventato centrale nel racconto della mostra, che vuole non solo esporre degli oggetti, ma soprattutto contribuire, con la guida degli oggetti stessi, a una rilettura critica di quel pezzo della nostra storia nazionale, partendo dai musei, e riportandola nel contesto della quotidianitร ยป.

IL PROGRAMMA DI DISSEMINAZIONE

La mostra รจ accompagnata da un fitto programma di eventi, che intreccia approfondimenti storici, arte visiva e performativa e che coinvolge associazioni, comunitร  e istituzioni del territorio. Un percorso per ragionare sulla storia delle relazioni tra lโ€™Italia e lโ€™Africa a partire dal patrimonio comune, aprire il dibattito sulla decostruzione delle narrazioni coloniali, sulle nuove cittadinanze, sullโ€™emergenza di storie e produzioni culturali ibride.

Il programma, che include laboratori per le scuole nei castelli di Agliรจ e Racconigi, sarร  ospitato a Palazzo Carignano, ai Musei Reali, al Circolo dei Lettori, al Museo dโ€™Arte Orientale, alla Casa del Quartiere San Salvario, al Polo del โ€˜900, con la collaborazione dellโ€™Associazione Donne Africa Subsahariana e II Generazione, anche per le iniziative del Black History Month Torino che saranno organizzate nel mese di febbraio.

La mostra รจ sostenuta dal Ministero della Cultura anche attraverso la legge 77/2006, che contribuisce a progetti dei siti italiani posti sotto la tutela dellโ€™UNESCO, qual รจ il sito delle Residenze Sabaude, e tramite la Direzione Generale Creativitร  Contemporanea con il PAC2022/2023 โ€“ Piano per lโ€™Arte Contemporanea, Ambito 2 โ€“ Produzione, Sezione III โ€“ Finanziamento per produzione di nuove opere.

Le videointerviste con persone afro discendenti sono realizzate dallโ€™Universitร  di Torino con Fondi Public Engagement 2023 del Dipartimento di Culture, Politica, Societร  dellโ€™Ateneo, in collaborazione con il Centro Interculturale della Cittร  di Torino.

I filmati in mostra sono presentati grazie alla gentile collaborazione dellโ€™Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza, dellโ€™Archivio Luce Cinecittร  e del Museo Nazionale del Cinema.

IL CATALOGO

Il catalogo, a cura di Elena De Filippis, Enrica Pagella e Cecilia Pennacini, รจ pubblicato da Editris Duemila.

INFO

AFRICA. Le collezioni dimenticate
Torino, Musei Reali โ€“ Sale Chiablese (Piazzetta Reale)
Fino al 25 febbraio 2024

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