Ornella Vanoni è morta: la sua musica senza fine

Ornella Vanoni è morta per un arresto cardiocircolatorio. Aveva 91 anni.

Con lei scompare una delle incarnazioni più riconoscibili e indocili della musica italiana: una voce che ha trasformato fragilità, ironia e presenza scenica in un dispositivo culturale capace di attraversare più di sessant’anni di vita pubblica. Cantante, attrice, interprete totale, Vanoni ha inciso il nostro immaginario sentimentale con una costanza che pochi altri hanno saputo mantenere.

Nata a Milano e formatasi al Piccolo Teatro con Giorgio Strehler, aveva trovato nella musica il suo respiro naturale. Dalla stagione delle “canzoni della mala” – che negli anni Cinquanta scardinarono l’idea di interprete femminile, portando in primo piano un realismo urbano, crudo e narrativo – agli album più sofisticati degli anni Settanta, fino alle incursioni pop e agli esperimenti della maturità, Vanoni ha ridefinito il ruolo di cantante italiana, accogliendo nel proprio linguaggio una sensibilità jazz e una libertà stilistica allora quasi sovversiva.

Negli ultimi anni era diventata un’icona trasversale: amata sui social, citata dalle nuove generazioni, capace di mostrarsi con una sincerità disarmante, trasformando il corpo che cambia in un atto pubblico di autenticità. Che fosse nelle interviste, negli scarti ironici, o nel modo in cui sapeva restare presente anche nel silenzio, Vanoni continuava a emettere un tipo di modernità che non si lascia archiviare.

Presenza fissa della televisione — da Fabio Fazio a Che Tempo che Fa — ha portato nel piccolo schermo la stessa eleganza irregolare della scena musicale. Sul piano delle collaborazioni, il suo percorso parla da sé: Paolo Conte, De André, Fossati, Lucio Dalla, ma anche giganti del jazz come George Benson, Gil Evans, Ron Carter, Herbie Hancock, i fratelli Brecker, Steve Gadd e molti altri. Quasi 60 milioni di dischi venduti in tutto il mondo testimoniano una longevità artistica refrattaria a ogni etichetta.

Il suo ultimo album, Diverse (2024), era un ulteriore tassello di una carriera che non ha mai ceduto all’autocelebrazione, preferendo il rischio della ricerca alla comfort zone del repertorio consolidato.

Con la sua morte se ne va una figura che ha attraversato la cultura italiana con una leggerezza solo apparente, costruita su profondità mai ostentate. Restano le canzoni, le apparizioni televisive, i frammenti video in cui la sua voce sembra ancora aprire uno spazio vivo. Alcuni artisti non si congedano davvero: continuano a risuonare.

La ricordiamo con una delle sue interpretazioni più indimenticabili — un patrimonio emotivo che continuerà a muoversi, ostinato, dentro di noi.

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